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Sentenza 24.01.2012, n. 933 della Corte di Cassazione - esame

Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 24.01.2012, n. 933
OMISSIS
Svolgimento del processo

N.M., Ab.Or., M.M. e A.G.B., garanti della CAMAR NORD s.r.l., propongono ricorso per cassazione, affidato a sei motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza del Tribunale di Roma che ha rigettato l'opposizione all'esecuzione da essi proposta, con ricorso depositato il 15/2/07, nei confronti di un nutrito gruppo di creditori.

Resistono con controricorsi A. Finance S.p.A., succeduta nel processo ad U. Corporate Banking S.p.A., rappresentata da U. S.p.A., pure rappresentata da U. Manaaement Bank S.d.A. che ha anche depositato una memoria.

Motivi della decisione

1. Sotto i profili della violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 131 c.p.c., e art. 2909 c.c., e del vizio di motivazione i ricorrenti, premesso che la sospensione dell'esecuzione, dapprima negata con ordinanza del 15/5/07, era stata poi concessa con ordinanze del 17/1/08 (quanto a B.C. e F. I., estranei al giudizio di merito), del 29/5/08 (quanto a N.M.), del 16/9/08 (quanto a M. ed A.), sulla base del fatto che il creditore procedente Mediocredito non poteva vantare un titolo esecutivo, assumono la formazione di un giudicato su tale punto.

1.1. Il primo motivo è infondato, atteso che è pacifica, nella giurisprudenza di questa Corte, la natura cautelare e provvisoria dell'ordinanza di sospensione dell'esecuzione e dunque la mancanza del carattere di decisorietà, tale da impedire la formazione del giudicato (ex multis Cass. 23 maggio 2011 n. 11306, Cass. 23 luglio 2009 n. 17266).

2. Subordinatamente i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 474 e 112 c.p.c., e art. 1813 c.c., ed il vizio di motivazione, in sostanza assumendo che il contratto azionato sarebbe privo del carattere di titolo esecutivo proprio del contratto di mutuo e che inoltre il giudice di merito non avrebbe chiarito perchè lo ha qualificato come "un contratto di mutuo che si è perfezionata con la stipula e nel quale l'erogazione ha costituito solo l'esecuzione dell'obbligazione principale". 2.1.- Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo riportato il tenore letterale del contratto di finanziamento su cui esso si fonda, ma solo di una parte di esso, largamente incompleta.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono violazione della L. n. 108 del 1996, e dell'art. 112 c.p.c., assumendo che - a fronte della loro domanda di quantificazione del credito alla luce della L. n. 108 - il Tribunale si sarebbe limitato a negare l'efficacia retroattiva della legge stessa, senza tener conto della applicabilità della legge per il futuro.

3.1. Il terzo motivo è inammissibile. Il giudice di merito non si è infatti limitato a rilevare la mancanza di efficacia retroattiva della L. n. 108 del 1996, ma ha statuito - in conformità a Cass. 5 maggio 2009 n. 10297 - che, in base al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 161, comma 6, si applica nella specie il principio secondo cui "il divieto di anatocismo non si applica (...) agli interessi moratori conseguenti al mancato pagamento delle rate di ammortamento dei contratti di mutuo fondiario stipulati come quello in esame prima della entrata in vigore del T.U. sulla legge bancaria" (D.Lgs. n. 385 del 1993). Il quesito di diritto, con il quale sì chiede se "il Tribunale era obbligato a determinare l'esatto ammontare del credito azionato contro gli opponenti ai sensi della c.d. legge antiusura 108/1996", risulta pertanto inconferente, non essendo esplicitamente censurata la tesi del giudice di merito secondo cui l'inapplicabilità del divieto di anatocismo riguarderebbe anche le rate scadute successivamente all'entrata in vigore del T.U. sulla legge bancaria.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono violazioni di legge e vizio di omessa motivazione quanto alla natura del contratto posto a base della procedura che - a loro avviso - non dovrebbe qualificarsi quale contratto di mutuo fondiario "bensì di finanziamento".

4.1. Il quarto motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, per le medesime ragioni esposte sub 2.1.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti - premesso di avere depositato il 21/4/08 "atto di rinuncia alle domande proposte nei confronti della Banca Popolare di Aprilia nonchè copia della rinuncia all'esecuzione e agli atti di intervento depositata dalla predetta Banca nella procedura esecutiva" - si dolgono, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di omessa motivazione, che il Tribunale non abbia tenuto in alcun conto detta produzione, condannando essi ricorrenti al pagamento delle spese anche nei confronti della Banca Popolare di Aprilia.

5.1. Il quinto motivo è infondato. Ai sensi dell'art. 306 c.p.c., la rinuncia agli atti del giudizio richiede l'accettazione delle parti costituite (di cui non è fatta menzione nel quesito) e comunque (ultimo comma) comporta l'obbligo del rinunciante di rimborsare le spese alle altre parti. Il mezzo è in ogni caso inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo testualmente trascritta la rinuncia.

6.- Con il sesto motivo, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, i ricorrenti si dolgono dell'accoglimento dell'"eccezione", formulata da U. in comparsa conclusionale, relativa alla mancata prova da parte dei debitore che il credito fosse estraneo ai bisogni della famiglia, deducendo la tardività dell'eccezione e comunque l'erroneità della decisione.

6.1. La questione, proposta sotto tre distinti profili, cui corrispondono altrettanti quesiti di diritto (ma non indicazione di fatti controversi), è in parte inammissibile - anche a non considerare l'astrattezza dei quesiti - ed in parte infondata.

In primo luogo va affermato che quella proposta da U. non è una eccezione ma una mera difesa, cosicchè non ha senso parlare del mancato rispetto del termine di cui all'art. 183 c.p.c..

In secondo luogo vi è da considerare che l'accertamento relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia costituisce accertamento di fatto, istituzionalmente rimesso al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. 30 maggio 2007 n. 12730), che non può evidentemente consistere nella critica dei criteri adottati dal giudice di merito per ritenere un debito riconducibile ai bisogni della famiglia.

In terzo luogo appare assorbente il rilievo secondo cui la costituzione del fondo patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c., così come stabilito dall'art. 162 cod. civ. per tutte le convenzioni matrimoniali, è opponibile ai terzi esclusivamente a partire dalla data dell'annotazione a margine dell'atto di matrimonio nei registri dello stato civile, non potendosi retrodatare la produzione degli effetti alla data di proposizione della domanda di annotazione od anticiparli alla data della trascrizione effettuata ex art. 2647 c.c., ed avente l'esclusiva funzione di pubblicità notizia.

Pertanto, se il pignoramento immobiliare è eseguito, nelle forme dell'art. 555 c.p.c., prima dell'annotazione, la costituzione del fondo patrimoniale non ha effetto nei confronti del creditore pignorante e di quelli che intervengono nell'esecuzione, sussistendo l'inefficacia degli atti di disposizione dei bene pignorato, prevista dall'art. 2913 cod. civ., che comprende non solo gli atti di alienazione in senso stretto, ma anche tutti gli atti di disposizione dei patrimonio del debitore dai quali possa comunque derivare una sostanziale diminuzione della possibilità per il creditore pignorante o per i creditori intervenuti di soddisfarsi sui beni in questione. Allo stesso risultato si perviene quando il pignoramento sia successivo all'annotazione, ma l'ipoteca (come nella specie) sia stata iscritta precedentemente, in quanto con l'iscrizione sorge immediatamente per il creditore il potere di espropriare il bene, ex art. 2808 c.c., con prevalenza rispetto ai vincoli successivi (Cass. 30 settembre 2008 n. 24332). Sotto tale profilo il mezzo si rivela dunque inammissibile, essendo pacìfico che l'iscrizione ipotecaria del creditore procedente èi anteriore alla costituzione del fondo familiare.

7. Il ricorso va quindi rigettato, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in Euro 10.200, di cui Euro 10.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.


la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in Euro 10.200, di cui Euro 10.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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