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NEXT GENERATION ITALIA

LA GRANDE OCCASIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA Next Generation EU è la grande occasione per lo sviluppo italiano di questo decennio, che chiama il Paese a uno sforzo collettivo e urgente. Lo strumento per realizzare questo sforzo nazionale, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, può rendere l’Italia un Paese più sostenibile e inclusivo, con un’economia più avanzata e dinamica. È un Piano di Ripresa, perché intende fronteggiare l’impatto economico e sociale della crisi pandemica, a partire dalle lezioni apprese in alcuni dei mesi più difficili della storia repubblicana. La ripresa italiana non dovrà riportarci al “tempo di prima”. Dovrà costruire un’Italia nuova, cogliendo le opportunità connesse alla transizione ecologica e digitale. Dovrà liberare il potenziale di crescita dell’economia, incrementare la produttività, creare nuova occupazione e migliorare la qualità del lavoro e dei servizi di cittadinanza, a partire dalla salute e dall’istruzione. È un Piano di Resilienza, perché la pandemia e l’emergenza ecologica pongono al centro della nostra attenzione gli eventi estremi del presente e del futuro. La resilienza è la preparazione ad affrontarli, da parte dello Stato, delle imprese e di tutti gli attori sociali. È l’adattamento richiesto alle nostre filiere produttive all’interno dei cambiamenti della globalizzazione e delle nuove frontiere tecnologiche. È la capacità di preparare il futuro, di governare le trasformazioni senza subirle. È anche un Piano di Riforma, perché le linee di investimento sono accompagnate dall’adozione di una strategia di riforme, come elemento “abilitante” e catalizzatore, in linea con le Raccomandazioni al Paese (CSR) della Commissione europea e i Piani Nazionali di Riforma (PNR) adottati dal Governo. L’attuazione delle riforme in corso è parte integrante dell’attuazione del Piano. L’azione di rilancio del Paese delineata dal Piano è guidata da obiettivi di policy e interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Queste priorità assumono, per il nostro Paese, un ruolo cruciale, perché indicano i nodi da sciogliere per costruire un “tempo nuovo” dell’economia e della società italiane, tracciando le sfide del futuro che debbono guidare la direzione e la qualità dello sviluppo. La scarsa propensione all’innovazione del sistema produttivo e il basso livello di digitalizzazione della nostra economia e della nostra pubblica amministrazione sono tra le cause principali dei deboli tassi di crescita economica del Paese, che a loro volta si riflettono nell’insufficiente tasso di occupazione femminile e giovanile e lo svantaggio dell’economia meridionale. Il Piano consente di fare i conti con la radicalità delle trasformazioni imposte dalla duplice transizione ecologica e digitale, una sfida che richiede una forte collaborazione fra pubblico e privato. Con il Piano, l’Italia diviene protagonista del Green Deal europeo, secondo gli obiettivi indicati dalla Presidente Ursula Von der Leyen nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione: ridurre le emissioni 8 inquinanti; aumentare i posti di lavoro nell’economia verde; migliorare l’efficienza energetica degli immobili; innescare e sostenere i processi industriali della transizione verde. Allo stesso tempo, la sfida della sostenibilità e della riduzione delle emissioni, nella mobilità e nella manifattura, sarà vinta anche grazie alle soluzioni digitali. Nel corso di questo decennio, dovremmo affrontare una trasformazione digitale sempre più rapida, che peraltro è al centro della competizione geopolitica. Il digitale caratterizzerà sempre di più le filiere industriali della manifattura italiana, oltre a ogni aspetto della vita sociale (mobilità, istruzione, salute). Il digitale è la piattaforma abilitante delle riforme e della competitività. Come ha mostrato l’accelerazione impressa dalla pandemia, la capacità digitale sarà sempre più un fattore cruciale di inclusione. Solo un investimento capillare nel digitale, su infrastrutture, competenze e cultura, potrà liberare il potenziale di tutti i territori italiani. L’Italia non potrà dirsi sostenibile se non saprà affrontare e ridurre le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali, che sono i principali fattori di esclusione sociale nel nostro Paese. Pertanto, la realizzazione degli interventi connessi agli assi strategici del Piano diventa uno strumento essenziale per affrontare e risolvere le criticità relative a tre priorità trasversali: le donne, i giovani, il Sud. Su queste priorità si concentrano le maggiori disuguaglianze di lungo corso e i maggiori fabbisogni di investimento. Attuare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nella prospettiva delle donne, dei giovani e del Sud non è solo un atto di giustizia, ma è la leva essenziale per attivare il potenziale di sviluppo per l’Italia, per ripensare le infrastrutture sociali e la macchina pubblica. L’impatto sulle priorità trasversali sarà quindi evidenziato, monitorato e valutato per tutte le sue Missioni. La missione di fondo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è di agganciare e governare i driver della crescita del prossimo decennio, coinvolgendo tutti i cittadini e le realtà economiche e sociali in uno sforzo collettivo nazionale, affrontando i nodi strutturali che hanno frenato lo sviluppo italiano per un tempo troppo lungo. I nodi da risolvere per rilanciare lo sviluppo nazionale L’insoddisfacente crescita italiana è dovuta non solo alla debole dinamica degli investimenti, ma anche a fattori strutturali, quali la dinamica demografica declinante e il basso tasso di natalità, la ridotta dimensione media delle imprese e l’insufficiente competitività del sistema-Paese, il peso dell’elevato debito pubblico, una incompleta transizione verso un’economia basata sulla conoscenza. Ciò è reso sempre più evidente dalle statistiche che riguardano i risultati del Paese nel campo dell’istruzione, dell’innovazione tecnologica e della produttività. Tali statistiche evidenziano significativi ritardi nei confronti dei principali partner europei, così come marcate disparità regionali, acuite dalla mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Le ricadute economiche della pandemia si inseriscono in questo quadro, aggravandolo. L’impatto sul mercato del lavoro è stato attutito dalle molteplici misure messe in campo dal Governo, e in particolare dall’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. Tuttavia, le perdite di occupazione sono state notevoli fra i lavoratori con contratto a tempo determinato (specie i giovani) e i lavoratori autonomi. Alcuni posti di lavoro potrebbero essere definitivamente perduti 9 – anche per il progredire delle nuove tecnologie digitali – e sarà necessario affrontare un processo di riallocazione fra settori e territori. I servizi pubblici per l’impiego e il loro coordinamento con i servizi privati devono essere potenziati per facilitare questo processo. Le disparità di reddito, di genere, generazionali e territoriali, che già segnavano il nostro Paese, si sono ampliate a partire dalla crisi del 2008. Le deboli prospettive occupazionali hanno causato la fuoriuscita migratoria di giovani studenti e lavoratori altamente qualificati: una vera e propria emergenza nazionale. I ridotti margini della finanza pubblica hanno compresso la capacità di risposta, specie dopo la stretta seguita alla crisi del debito sovrano dell’area dell’euro nel 2011. Ne hanno risentito soprattutto gli investimenti pubblici, scesi dal 3,7% del PIL nel 2009 al 2,1% nel 2018 (solo marginalmente in recupero nel 2019 con il 2,3%). Le valutazioni della Commissione europea indicano che negli ultimi anni gli investimenti fissi lordi della pubblica amministrazione non sono stati sufficienti a compensare l’obsolescenza del capitale pubblico. Inoltre, le calamità naturali che hanno ripetutamente colpito il Paese, dai terremoti a eventi indotti anche dai cambiamenti climatici, come frane e alluvioni, hanno provocato enormi danni, aggravati dal degrado delle infrastrutture e dall’abbandono di alcuni territori, in particolare nelle aree interne del Paese. Vi è pertanto una pressante esigenza di migliorare la resilienza delle infrastrutture, puntando sulla manutenzione straordinaria, sull’ammodernamento tecnologico delle attività di monitoraggio e degli strumenti di supporto, sulla prevenzione, la protezione civile e il soccorso pubblico. La resilienza, tuttavia, è un concetto più ampio, come evidenziato drammaticamente dalla crisi pandemica in corso. Essa comprende, ad esempio, la capacità di risposta del sistema sanitario a inattese crisi epidemiche ed altri rischi per la salute; la protezione dei cittadini e del territorio a fronte dei rischi ambientali; la solidità della pubblica amministrazione e della finanza pubblica, che è necessaria per poter rispondere con prontezza ed efficacia a crisi improvvise. La debole capacità amministrativa del settore pubblico italiano ha rappresentato un ostacolo al miglioramento dei servizi offerti e agli investimenti pubblici negli ultimi anni. Il PNRR affronta questa rigidità promuovendo un’ambiziosa agenda di riforme per la Pubblica Amministrazione, a sua volta supportata dalla digitalizzazione dei processi e dei servizi, dal rafforzamento della capacità gestionale e dalla fornitura dell’assistenza tecnica necessaria alle amministrazioni centrali e locali, che sono fondamentali per promuovere un utilizzo rapido ed efficiente delle risorse pubbliche. Uno dei lasciti più preziosi del PNRR deve essere l’aumento permanente dell’efficienza della Pubblica Amministrazione e della sua capacità di decidere e mettere a punto progetti innovativi, accompagnandoli dalla selezione e progettazione fino alla realizzazione finale.

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