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art. 278 c.p.c. - Condanna generica. Provvisionale



art. 278 c.p.c. - Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza [c.p.c. 280] che il processo prosegua per la liquidazione [c.c. 2818, 2836].

In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova [c.p.c. 282; disp. att. c.p.c. 45].

Giurisprudenza sull'art. 278 c.p.c.
Cassazione massima sentenza n. 19301 del 10.09.2010
La norma di cui all'art. 384 c.p.c. preclude alla Corte di cassazione di pervenire alla decisione nel merito allorché vi siano ulteriori fatti da accertare, ma non ne inibisce la valutazione quando i fatti siano stati già tutti accertati o non siano contestati e non ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter essere apprezzati o perché mancano o perché la facoltà di domandarne l'accertamento è impedita alle parti dalle preclusioni in cui siano incorse. Ne consegue che, ove in relazione all'"an debeatur" non sussistano ulteriori fatti da accertare e sia univoca la valenza di quelli accertati, il giudice di legittimità può emettere una pronuncia di condanna generica (nella specie, di risarcimento del danno in favore dell'utilizzatore del bene concesso in leasing), rimettendo al giudice del rinvio la sola determinazione del "quantum debeatur" e ciò proprio al fine di agevolare il più possibile la definizione della controversia, in armonia con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo.

Cassazione massima sentenza n. 28727 del 03.12.2008
L'estinzione del giudizio di rinvio conseguente alla cassazione con rinvio di una sentenza non definitiva sull'"an debeatur", travolge anche la sentenza definitiva sul "quantum", ancorché rispetto ad essa si sia formato il giudicato formale, che è solo apparente perché condizionato alla mancata riforma della sentenza non definitiva che ne costituisce l'antecedente logico - giuridico. Ne consegue che, ove la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, abbia tempestivamente ed adeguatamente documentato la vicenda estintiva, deve escludersi che residui un interesse ad impugnare per cassazione la sentenza sul "quantum" per farne valere gli eventuali vizi di legittimità, attesa l'automaticità della caducazione che non richiede una pronuncia della Cassazione.

Cassazione massima sentenza n. 10256 del 16.10.1998
La domanda di condanna al risarcimento del danno deve esser rigettata se non è dimostrato l'"an" e il "quantum", non potendo il danneggiato chiedere l'applicazione dell'art. 278 c.p.c. se non ha proposto apposita istanza; può invece ridurre in corso di causa o nel giudizio d'appello la sua domanda risarcitoria limitandola alla pronunzia sull'"an", e rinviando il "quantum" ad un separato giudizio, se la controparte vi consente, espressamente o tacitamente.

Cassazione SU massima sentenza n. 4812 del 14.07.1983
Nelle controversie in materia di pensione d'invalidità, devolute alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto riguardano rapporti obbligatori direttamente costituiti dalla legge, senza alcun margine di discrezionalità da parte dell'ente di previdenza, rientra nei poteri di detto giudice emettere non soltanto pronuncia di mero accertamento del diritto dell'assicurato, ovvero di liquidazione del "quantum", nel concorso dei necessari elementi di fatto, con condanna del debitore al pagamento, ma anche pronuncia di condanna generica alla prestazione, con rinvio per la liquidazione in prosieguo di causa ovvero in separata sede.

Cassazione SU massima sentenza 19600 del 17.07.2008
Il giudicato sulla giurisdizione (nel caso di specie nei confronti dello straniero o dello Stato estero) non può spiegare effetto in un successivo processo inerente al medesimo rapporto, ma coinvolgente effetti diversi rispetto a quelli fatti valere nel primo processo. Pertanto, la sentenza che abbia dichiarato l'inefficacia della vendita di un complesso immobiliare, da destinare a sede distaccata dell'ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, con condanna di quest'ultima, già immessa nel possesso, alla restituzione dell'immobile alla venditrice ed al risarcimento del danno da quantificarsi in separata sede, ancorché si sia implicitamente pronunciata per la giurisdizione del giudice italiano, non spiega effetti nel successivo giudizio sulla domanda di risarcimento dei danni da indisponibilità dell'immobile, per averne la convenuta Repubblica mantenuto il possesso, in quanto il giudicato di condanna generica, attiene alla sola potenzialità del danno derivante dalla divergenza tra la titolarità formale del bene (ancora in capo alla venditrice) e l'effettiva disponibilità dello stesso da parte della Repubblica Popolare Cinese, e non all'illegittimità del comportamento dello Stato estero di continuare ad occupare l'immobile, in luogo di restituirlo all'attrice e alla conseguente potenzialità di danno e, preliminarmente ed implicitamente, alla giurisdizione del giudice italiano in relazione a tale fattispecie di danno da occupazione illegittima dell'immobile.

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