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Concordato preventivo - omologazione - accertamento sull'entità e sulla natura dei crediti ammessi

Cassazione, massima sentenza n. 2104 del 14.02.2002
OMISSIS
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Trieste confermò la dichiarazione d'inammissibilità dell'opposizione proposta dal creditore G. F. all'omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni della S.p.A. M., rilevando che nel giudizio di omologazione del concordato preventivo non possono essere proposte questioni sul rango dei crediti ammessi, ove non incidano sul calcolo delle maggioranze, e ribadendo che la liquidazione delle spese di causa doveva avvenire con riferimento all'intero passivo concordatario.

Ricorre per Cassazione G. F. e propone tre motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso la M. S.p.A. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1) Con il primo il ricorrente deduce violazione degli artt. 181, 180, comma 2, 176, 174, 177, 160, 163 e 184 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare). Sostiene che il giudizio d'omologazione del concordato preventivo è destinato ad accertare anche la natura e l'entità dei crediti da soddisfare, come dimostra il riconoscimento a qualunque interessato della legittimazione a opporsi. Aggiunge che, comunque, nel caso in esame la procedura concorsuale non si era svolta regolarmente, perché il giudice delegato aveva omesso di verificare l'effettiva natura privilegiata del suo credito, sicché la sua opposizione era intesa appunto a rimuovere una tale irregolarità, in piena coerenza con l'oggetto del giudizio di omologazione.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente individuato come esito del giudizio di omologazione del concordato preventivo l'alternativa tra omologa e fallimento, senza considerare la possibilità di un'omologa previa rimozione delle irregolarità eventualmente accertate.

Entrambi i motivi sono infondati.

Secondo quanto prevede l'art. 181 della legge fallimentare, invero, il giudizio di omologazione del concordato preventivo è destinato ad accertare le condizioni di ammissibilità e di convenienza della proposta formulata da un debitore che ne appaia meritevole in relazione alle cause del dissesto (Cass., Sez. I, 27 gennaio 1967, n. 226, m. 325991, Cass., Sez. I, 29 ottobre 1984, n. 5528, m. 437194). Il controllo di regolarità della procedura, che pure l'art. 181, comma 1, del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) demanda al giudice dell'omologazione, deve essere riferito al fatto che, se la proposta di concordato non raggiunge nei termini stabiliti le maggioranze richieste negli artt. 177 e 178 della legge fallimentare, il giudice delegato deve promuovere immediatamente la dichiarazione del fallimento (art. 179 della legge fallimentare), mentre il giudizio di omologazione può aprirsi solo se le maggioranze sono raggiunte (art. 180 della legge fallimentare). Sicché il giudice dell'omologazione dovrebbe concludere che il giudizio è stato invalidamente aperto, ove accertasse che le maggioranze prescritte non sono state raggiunte. Ed è solo in questa prospettiva che può risultare necessaria una verifica dell'entità e del rango dei crediti ammessi al voto: al fine di accertare appunto se le maggioranze prescritte sono state raggiunte e se, di conseguenza, il giudizio di omologazione è stato validamente instaurato.

Tuttavia, anche quando si renda necessario nel giudizio di omologazione, l'accertamento su entità e natura dei crediti ammessi è destinato solo al calcolo delle maggioranze e, avendo perciò natura meramente delibativa, non preclude l'instaurazione di un successivo ordinario giudizio di cognizione al fine di accertare quale sia l'importo e il rango, privilegiato o chirografario, del credito (Cass., Sez. I, 12 marzo 1987, n. 2560, m. 451709, Cass., sez. I, 17 giugno 1995, n. 6859, m. 492909). Infatti l'art. 176, comma 1, della legge fallimentare prevede appunto che il giudice delegato ammetta provvisoriamente i crediti contestati, ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze; e a questi stessi fini di regolarità della procedura di voto la decisione del giudice delegato può essere rivista dal Tribunale nel giudizio di omologazione (Cass., Sez. I, 22 maggio 1969, n. 1792, m. 340860).

Nel caso in esame, pertanto, il ricorrente non poteva ottenere in sede di giudizio di omologazione l'accertamento di un privilegio che, come egli stesso riconosce, non incideva sul calcolo delle maggioranze.

2) Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 90, 91, 14 e 17 c.p.c., lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano determinato il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese, con riferimento all'intero passivo della procedura, anziché al valore del credito vantato dall'opponente.

Il motivo è infondato.

Lo stesso ricorrente, invero, sostiene nel suo primo motivo di ricorso di essersi opposto all'omologazione del concordato con la deduzione di un'irregolarità della procedura. Tanto vale a chiarire che oggetto del giudizio fu appunto l'omologazione del concordato; e di conseguenza il valore della causa, cui va riferita la liquidazione degli onorari, è dato dall'entità del passivo, in analogia con quanto la giurisprudenza di questa Corte afferma per le cause di opposizione alla dichiarazione di fallimento (Cass., Sez. I, 2 giugno 1997, n. 4886, m. 504862).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della società resistente, liquidandole in L. 15.000.000 per gli onorari e in L. 917.000 per le spese.

Così deciso in Roma il 21 novembre 2001, nella camera di consiglio della prima Sezione civile.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 14 FEBBRAIO 2002

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