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art. 220 c.p.p. - Oggetto della perizia


art. 220 c.p.p. - La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche.

Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.

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Giurisprudenza sull'art. 220 c.p.p.
Cass., massima sentenza n. 10893 del 31.10.1994
Mentre la valutazione circa la necessità della perizia è rimessa esclusivamente al giudice ed è insindacabile in sede di legittimità allorché sia sorretta da argomentazioni che non appaiono in evidente contrasto con le regole della logica e trovano spunto in elementi concreti ed apprezzabili, tra i quali ben possono rientrare eventuali dubbi, anche marginali, suggeriti dagli esiti di pregressi accertamenti, l'apprezzamento in ordine alla perdurante utilizzabilità dei reperti è rimesso agli esperti di cui il giudice si avvale per l'esecuzione della nuova indagine. Né quest'ultimo, a perizia conclusa, ha l'obbligo di dare autonomamente la dimostrazione dell'esattezza delle conclusioni del perito, alle quali ritenga di aderire, ma, poiché presupposto di tale mezzo di prova è l'esigenza di speciali competenze tecniche scientifiche o artistiche, considerate, per principio, estranee alla cognizione del giudice e, in genere fuori dal patrimonio di comune esperienza è sufficiente, che dalla motivazione della pronuncia, che si fonda sulla perizia, risulti non trattarsi di un adesione passiva e acritica ma il frutto di un'attenta riflessione che, in sede di controllo, deve vagliarsi tenendo presente che le predette conclusioni sono da ritenersi affidabili sino a prova contraria.


Cass., massima sentenza n. 43409 del 18.10.2007
In tema di intercettazione di conversazioni telefoniche e tra presenti, qualora venga contestata l'identificazione delle persone colloquianti, il giudice non deve necessariamente disporre una perizia fonica per il relativo accertamento, potendo trarre il proprio convincimento in merito da altre circostanze che consentano di attribuire con certezza le voci intercettate.

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