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Art. 133 c.p. - Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena



Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:

1. dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione;

2. dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;

3. dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.

Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:

1. dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;

2. dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;

3. dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

4. dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

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Giurisprudenza sull'art. 133 c.p.
Cass., massima sent. n.23041 del 14.05.2009
Il giudice dell'esecuzione deve dare conto dei criteri utilizzati nella ri-determinazione della pena per applicazione della continuazione, in modo da rendere noti all'esterno non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi.

Cass., massima sent. n.34112 del 12.07.2011
Il riconoscimento della continuazione fra reati oggetto di diverse sentenze e giudicati tutti con rito abbreviato comporta che la pena ridotta applicata in uno dei precedenti riti deve costituire il tetto non superabile rispetto al quale computare l'aumento per la continuazione, non potendo determinarsi alcuna duplicazione di benefici a favore del condannato.

Cass., massima sent. n.n. 17623 del 05.03.2009
È nulla "in parte qua" per difetto di contestazione la sentenza di condanna con la quale venga ritenuta l'abitualità a delinquere, se questa non sia stata contestata all'imputato con l'enunciazione non solo della recidiva reiterata ma anche di tutti gli ulteriori elementi, indicati dall'art. 133 c.p., sui quali l'accusa intende fondare la sua richiesta.

Cass., massima sent. n.19317 del 27.04.2011
La causa estintiva della spontanea rimessione in pristino degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici opera solo con riguardo al reato di cui all'art. 181, comma primo, del D.Lgs. n. 42 del 2004 e non anche alle violazioni edilizie con esso eventualmente concorrenti, potendo tuttavia rilevare, per queste ultime, con riguardo al profilo di commisurazione della pena.