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Art. 128 c.c. - Matrimonio putativo


Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.

Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.

Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.

Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.

Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito.

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Giurisprudenza sul matrimonio putativo 
Cass., massima sent. n. 2077 del 23.03.1985
Il matrimonio nullo, il quale debba considerarsi contratto in buona fede da almeno uno dei coniugi, in applicazione del principio generale secondo il quale la buona fede si presume fino a prova contraria (principio fissato per il possesso dall'art. 1147 c.c., ma applicabile a tutti i negozi giuridici), spiega gli effetti del matrimonio valido nei confronti, oltre che di detto coniuge, dei figli (art. 128, terzo comma, cod. civ. sul cosiddetto matrimonio putativo). Pertanto, con riguardo a figli naturali riconosciuti e legittimati per susseguente matrimonio, il cui "status" venga posto in discussione, al fine di sostenerne la esclusione da delazione ereditaria, resta irrilevante la deduzione di ragioni di nullità del matrimonio medesimo, quando non si affermi e dimostri la mala fede di entrambi i coniugi, poiché, in difetto di tale allegazione e dimostrazione, l'eventuale nullità del rapporto matrimoniale non è comunque idonea ad escludere gli effetti a norma dell'art. 128 cod. civ. del matrimonio valido in favore dei predetti figli.


Cass., massima sent. n. 658 del 26.01.1988
La contestazione della legittimità del figlio da presumersi concepito in costanza di matrimonio (vi sia o meno pure il possesso di stato), in relazione al presupposto della paternità, può essere effettuata solo con l'azione di disconoscimento di cui all'art. 235 cod. civ. (nuovo testo) e, quindi, da parte dei soggetti, nei termini ed alle condizioni all'uopo previste, indipendentemente dal fatto che vi sia stata declaratoria di nullità del matrimonio per impotenza del marito (con gli effetti del matrimonio putativo ai sensi dell'art. 128 cod. civ.), atteso che, pure in questo caso, non è esperibile l'azione di contestazione della legittimità di cui all'art. 248 cod. civ. (nuovo testo), la quale configura disposizione residuale, per le contestazioni diverse da quelle inerenti alla paternità. La estensione di tale principio alla suddetta ipotesi di nullità del matrimonio manifestamente non pone le citate norme in contrasto con gli artt. 2, 24, 29, primo comma, e 30, primo comma, della Costituzione, in relazione alle conseguenze derivanti dall'inutile decorso del termine per l'azione di disconoscimento, vertendosi in tema di scelte del legislatore ordinario correlate all'inerzia della parte nell'avvalersi degli strumenti apprestati dall'ordinamento.



Cass., massima sent. n. 23402 del 11.09.2008
La pronunzia di nullità del matrimonio ecclesiastico sopravvenuta in pendenza del procedimento di separazione personale dei coniugi non comporta la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di accertamento del diritto al mantenimento e/o agli alimenti, la quale ha la sua causa nel matrimonio e conserva la sua attualità anche a seguito della dichiarazione di nullità del matrimonio ecclesiastico, trovando applicazione la disciplina del matrimonio putativo. Tuttavia, nel caso in cui il giudice investito della delibazione della sentenza ecclesiastica abbia provveduto, seppure in via provvisoria, in ordine al mantenimento, ai sensi dell'art. 8 della legge 25 marzo 1985, n. 121, nel procedimento di separazione non vi è più spazio per una pronunzia in ordine alla corresponsione dell'assegno di cui all'art. 129 cod. civ. al coniuge in buona fede.