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La eccezione di decadenza configura una eccezione in senso proprio - Cass. sent. n. 8340 del 25.05.2012

Svolgimento del processo

La commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 33/18/2010, ha accolto l'appello proposto da R.L. avverso la decisione di primo grado, della commissione provinciale di Milano, che, sul presupposto della mancanza di documentazione a supporto della esistenza di un credito d'imposta su dividendi, aveva respinto l'opposizione avverso una cartella di pagamento contenente il recupero a tassazione dell'importo corrispondente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 ter, a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi mod. unico 2004.

La commissione regionale ha accolto l'appello del contribuente in quanto la cartella era stata notificata il 10.1.2008, in guisa tale da doversi ritenere tardiva in relazione al disposto D.L. n. 106 del 2005, ex art. 1, comma 5 bis, lett. a), conv. in L. n. 156 del 2005.

L'agenzia delle entrate ha chiesto la cassazione della sentenza d'appello sulla base di due motivi.

L'intimato ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. - Col primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4.

Censura la decisione per aver omesso di pronunciare sull'eccezione di inammissibilità del motivo d'appello l evocante, per la prima volta in secondo grado, la questione della decadenza per tardività della notifica della cartella.

Col secondo motivo, invece, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza attesa la violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, per aver in ogni caso ritenuto decaduta l'amministrazione dalla pretesa impositiva in accoglimento di un motivo di doglianza per la prima volta proposto in appello, giacchè il ricorso in primo grado era stato incentrato unicamente sull'infondatezza nel merito della pretesa tributaria.

2. - E' assorbente l'esame del secondo motivo, col quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

Il motivo è fondato.

3. - Il principio che regola il contenzioso tributario è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24). In questo senso, invero, i motivi di impugnazione avverso l'atto impositivo costituiscono la causa petendi rispetto all'invocato annullamento dell'atto medesimo, con conseguente duplice inammissibilità: (i) di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (ex plurimis Cass. n. 22010/2006; Cass. n. 7766/2006; Cass. n. 10896/2005) ovvero (ii) dell'inserimento di temi d'indagine nuovi (cfr. Cass. n. 16829/2007).

Ora, in base alla sentenza d'appello la controversia in esame - che concerne una cartella di pagamento, emessa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 ter, con la quale l'amministrazione finanziaria aveva disconosciuto, in quanto non documentato, un credito d'imposta su dividendi risulta caratterizzata dall'avere il contribuente impugnato la cartella facendo presente "di non essere riuscito a reperire (..) il responsabile del procedimento e di aver prodotto la documentazione richiesta ad altro funzionario (..)".

Se ne deduce che il ricorrente aveva affidato la linea di difesa, determinativa dell'oggetto del processo tributario, unicamente al profilo della esistenza della documentazione comprovante il credito disconosciuto. Soltanto in appello - dopo che la commissione provinciale aveva confermato, invece, l'inesistenza della documentazione detta - risulta essere stata sollevata la questione, consegnata ad apposito motivo di gravame, della decadenza dell'amministrazione per l'infruttuoso decorso del termine di cui al D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, lett. a); questione connaturata a un' eccezione (di decadenza della pretesa impositiva) non rilevabile d'ufficio; e, dunque, nuova, siccome determinativa di una modifica sostanziale della causa petendi dell'azione di annullamento contro la cartella di pagamento. Questo perchè, in materia tributaria, il termine di decadenza, di natura sostanziale, in favore del contribuente stabilito per l'esercizio del (e la connessa soggezione al) potere impositivo non rientra nel novero della materia - sottratta alla disponibilità delle parti - dei diritti dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio - oltre un certo limite di tempo - alle pretese erariali.

L'eccezione di decadenza, pertanto, configura, nei termini indicati, un'eccezione in senso proprio che, in sede giudiziale, è riservata al contribuente e che non può, quindi, ai sensi dell'art. 2969 c.c., essere rilevata d'ufficio dal giudice ovvero dedotta per la prima volta in appello (cfr., ex multis, Cass. n. 14028/2011; n. 26261/2006; n. 22015/2004).

IV. - Merita aggiungere che in effetti, e diversamente da quanto sostenuto dall'agenzia delle entrate nel primo mezzo dell'odierno ricorso, la novità del motivo non era stata eccepita. E in tal senso quanto affermato nel controricorso corrisponde a verità. La sentenza difatti riferisce - e la ricorrente ne da conferma trascrivendo, in seno al ricorso, la corrispondente parte dell'atto di controdeduzioni - che l'eccezione dell'appellata attenne alla novità del motivo diretto ad affermare "la presunta inapplicabilità dell'art. 36 ter alla fattispecie in esame".

E tuttavia il giudice d'appello avrebbe dovuto rilevare l'inammissibilità dell'eccezione d'ufficio, secondo il regime specificamente dettato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

La rilevabilità d'ufficio deriva invero dalla natura di norma imperativa dell'art. 57 citato, cui consegue contrariamente a ciò che è ritenuto nel controricorso - che resta irrilevante il comportamento processuale della parte contro la quale la nuova deduzione sia rivolta, consistente nella tacita (o finanche espressa) accettazione del contraddittorio sulla stessa.

5. - Può quindi in conclusione fissarsi il seguente principio di diritto: "è inammissibile, nel giudizio d'appello davanti alla commissione tributaria regionale, la prospettazione della violazione del termine per la notifica della cartella esattoriale, stabilito nel D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, lett. a), conv. in L. n. 156 del 2005, se in primo grado sia stata fatta valere esclusivamente l'infondatezza nel merito della pretesa fiscale, basata sul disconoscimento di un credito su dividendi esposto nella dichiarazione annuale, trattandosi di nuovo motivo di gravame, vietato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57".

L'impugnata sentenza, essendo in contrasto col ripetuto principio, va dunque cassata in accoglimento del secondo mezzo, il primo restando assorbito; con rinvio alla medesima commissione regionale - diversa sezione - per l'esame dei residui motivi di appello.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbito il primo;

cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Lombardia.