Icone

                               
Formulario è un servizio gratuito. Aiutaci a mantenere aperta la partecipazione a tutti, semplicemente cliccando "Mi piace". A te non costa nulla, per noi vuol dire molto

ESAME SOSTENUTO PRESSO LA COMMISSIONE DEI RAGIONIERI - DIRITTO AD ESSERE ISCRITTO ALL'ALBO DEI COMMERCIALISTI - CASS. SENT. N. 5527 DEL 05.04.2012

Svolgimento del processo

La ragioniera T.A. propose reclamo dinanzi al Tribunale di Alessandria, ai sensi del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 32, per l'annullamento della decisione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e della deliberazione del Consiglio dell'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di rigetto della sua richiesta di iscrizione all'Albo, sez. A o sez. B. Dinanzi al Tribunale, costituitosi il contraddittorio nei confronti dei due Consigli, del Ministero della Giustizia e del P.M. in sede, si costituì soltanto il Consiglio Nazionale, chiedendo, nel merito, il rigetto del reclamo. Proposto gravame da parte della T., la Corte d'Appello di Torino ha accolto l'appello ed, in riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria, ha annullato la decisione n. 53/2009 del 15 ottobre 2009 del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Alessandria, comunicata con nota del 23 gennaio 2009 prot. n. 72/2009 ed ha condannato il Consiglio Nazionale al rimborso, in favore della T., delle spese dei due gradi di giudizio.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, a mezzo di due motivi.

Resiste con controricorso T.A.. Non si difendono gli altri intimati.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo del ricorso è dedotta violazione del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, art. 62, comma 2, nonchè violazione del combinato disposto della L. 12 febbraio 1992, n. 183, art. 2, commi 4 e 6, e del D.M. 8 ottobre 1996, n. 622, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente premette che il caso in oggetto è disciplinato dal menzionato art. 62, che è la norma transitoria volta a regolare le conseguenze sui diritti quesiti della soppressione dei preesistenti Ordini territoriali dei Dottori Commercialisti e Collegi dei Ragionieri e Periti Commerciali a far data dall'1 gennaio 2008 e della unificazione nell'Ordine territoriale unico dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili; l'art. 62, comma 2, applicabile nei confronti della T., prevede che possano essere iscritti all'Albo unico coloro che, alla data del 31 dicembre 2007 non risultino iscritti all'Albo, ma "abbiano conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione di ragioniere in conformità a quanto previsto dalla L. 12 febbraio 1992, n. 183 e al D.M. Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica 8 ottobre 1996, n. 622".

Data detta premessa, il ricorrente deduce che la norma dovrebbe essere interpretata nel senso che il richiedente avrebbe diritto all'iscrizione soltanto se abbia superato l'esame di abilitazione "riformato" di cui al combinato disposto della L. n. 183 del 1992 e del D.M. n. 622 del 1996; che, invece, la T. ha conseguito l'abilitazione dopo l'entrata in vigore della legge, ma prima del Decreto Ministeriale e pertanto, non avendo superato l'esame di Stato disciplinato da tale decreto (la cui prima sessione si tenne il 27 ottobre 1997), non avrebbe diritto all'iscrizione; che questa normativa sarebbe stata violata dall'interpretazione datane dalla sentenza impugnata; che, infatti, sarebbe stata intenzione del legislatore quella di garantire una professionalità adeguata, ma anche tendenzialmente omogenea, tra gli iscritti al nuovo Albo unico, sicchè questa finalità verrebbe vanificata consentendo l'iscrizione a coloro che, come la T., si erano abilitati sostenendo il relativo esame non davanti all'apposita commissione istituita dal D.M. del 1996, ma presso il Collegi dei Ragionieri, come era in precedenza; che soltanto l'interpretazione sostenuta in ricorso garantirebbe, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d'appello, la ragionevolezza e la parità di trattamento.

1.1.- Col secondo motivo di ricorso è dedotta violazione del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, art. 62, comma 2, nonchè violazione del combinato disposto della L. 12 febbraio 1992, n. 183, art. 2, commi 4 e 6, e del D.M. 8 ottobre 1996, n. 622, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, quindi per vizio di motivazione con riguardo all'interpretazione che il giudice d'appello ha dato alle norme richiamate. Il motivo va trattato unitamente al precedente. Ed, infatti, a prescindere dal profilo di ammissibilità della censura (in quanto non riconducibile alla previsione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, che invece richiama), essa lamenta sostanzialmente il medesimo error in iudicando di cui al primo motivo di ricorso, sia pure con riguardo al profilo, parzialmente diverso, dell'illogicità dell'interpretazione data dal giudice di merito. In proposito, il ricorrente deduce che sarebbe illogico ritenere, come ha fatto la Corte d'Appello, che una norma successiva nel tempo (cioè il menzionato art. 62) non possa essere applicata nel suo chiaro tenore letterale solo perchè "apparentemente" irragionevole rispetto ad una norma precedente (la L. n. 183 del 1992, art. 2, commi 4 e 6); che questa interpretazione non avrebbe, inoltre, tenuto conto del dato sistematico nè della volontà del legislatore di prevedere l'onere di ottenere l'abilitazione con delle forme (quelle del combinato disposto della legge citata e del D.M. n. 622 del 1996) ritenute maggiormente idonee a selezionare i professionisti; che, ancora, sarebbe stato trascurato il dato normativo, per il quale era comunque consentito a tutti i soggetti già in possesso dell'abilitazione, come la T., di iscriversi all'Albo della categoria di appartenenza nel periodo di un anno e mezzo, compreso tra la pubblicazione del D.Lgs. n. 139 del 2005 ed il termine ultimo ivi fissato del 31 dicembre 2007 e che, in conseguenza, sarebbe stato trascurato il dato di fatto che la T. aveva scelto di non esercitare tale facoltà ed era quindi incorsa in decadenza.

2.- La sentenza impugnata si basa sulla medesima normativa richiamata dal ricorrente, che peraltro è anche quella che l'istante ragioniera T. ha posto a base della richiesta di iscrizione all'Albo unico; non vi è dubbio, nè è in contestazione, che la disciplina del caso di specie sia proprio quella dettata dalle norme delle quali è denunciata la violazione. Pertanto, si tratta di verificare se di queste norme il giudice d'appello abbia fornito una corretta interpretazione.

La Corte d'Appello di Torino, in effetti, non si è limitata all'interpretazione del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 62, ma vi ha fatto precedere quella della disciplina previgente da esso richiamata e presupposta.

In particolare, il giudice di merito ha evidenziato che la L. n. 183 del 1992, art. 2, comma 6, nel regolare il regime transitorio relativo alla pratica professionale dei ragionieri in vista della nuova regolamentazione degli esami di abilitazione, prevede per chi l'abbia iniziata dopo la data della sua entrata in vigore, ma entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di approvazione del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, previsto dall'art. 31, comma 2, dell'ordinamento approvato col D.P.R. n. 1068 del 1953 (come sostituito dalla L. n. 183 del 1992, art. 1), la possibilità, al termine del periodo di pratica di durata triennale, di ammissione all'esame di Stato di cui all'art. 31, comma 3, anche se non in possesso del diploma universitario di cui alla lett. f) del comma 1 dell'articolo stesso.

Ha altresì evidenziato, quanto a quest'ultimo esame, che la L. n. 183 del 1992, art. 2, comma 4, nel disciplinare il periodo transitorio di disciplina dei requisiti per l'iscrizione al Collegio dei ragionieri e periti commerciali, stabilisce la vigenza degli effetti dei provvedimenti adottati dagli organismi professionali suddetti prima della sua entrata in vigore e soprattutto che "fino all'emanazione del regolamento di cui al terzo comma" (per la determinazione dei programmi di esame, ai sensi della L. n. 1378 del 1956, art. 3, comma 2) "gli esami di abilitazione si svolgono ai sensi della normativa previgente".

Orbene, proprio tale interpretazione consente alla Corte territoriale di concludere nel senso che il requisito previsto dal D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 62, comma 2, deve essere inteso come richiesto nei confronti di coloro che, anche avendo completato la pratica triennale prima dell'emanazione del D.M. n. 622 del 1996, non avessero ancora sostenuto l'esame di stato alla data di entrata in vigore di quest'ultimo: ed, invero, secondo il giudice a quo, soltanto se così intesa, la norma dell'art. 62 non si pone in contrasto con la disciplina transitoria fissata dalla L. n. 183 del 1992, art. 2, comma 4 e 6, come sopra interpretata.

3.- Ritiene il Collegio che il giudice di merito abbia compiuto un'interpretazione sistematica, che non merita le censure mosse dal ricorrente.

Se, infatti, la disciplina transitoria di cui alla L. n. 183 del 1992 è tale da aver fatto salvo l'effetto dell'esame di Stato svolto ai sensi della normativa previgente, pur nel vigore delle regole rinnovate per la pratica professionale, non può certo la disciplina successiva - per di più dettata ad altri fini, quale è quella del menzionato D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 62 - essere interpretata come se abrogasse la precedente disciplina transitoria. Non si tratta soltanto di dare un'interpretazione "costituzionalmente orientata" come ritenuto dalla Corte d'Appello, quanto piuttosto di coordinare due discipline transitorie succedutesi nel tempo, regolanti l'una il passaggio dal vecchio al nuovo regime di abilitazione alla professione di ragioniere e l'altra il passaggio dalla preesistenza di due distinti Ordini territoriali dei Dottori Commercialisti e Collegi dei Ragionieri e Periti Commerciali all'unificazione nell'Ordine territoriale unico dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Orbene, la disciplina transitoria di cui alla L. n. 183 del 1992, art. 2, commi 4 e 6 comporta che colui che, prima dell'entrata in vigore del D.M. n. 622 del 1996, abbia sostenuto gli esami di abilitazione secondo il regime previgente (appunto perchè il nuovo avrebbe visto la sua prima sessione soltanto nell'ottobre 1997), pur avendo svolto una pratica triennale secondo la nuova normativa, debba essere equiparato a colui che, dopo aver svolto tale pratica triennale, abbia potuto sostenere l'esame di Stato secondo le nuove regole, frattanto entrate in vigore; diversamente argomentando, si finirebbe non tanto per entrare in contrasto con la disciplina dettata dalle dette disposizioni della L. n. 183 del 1992, quanto per porre tali disposizioni completamente nel nulla perchè si avrebbe che coloro che avessero svolto la pratica triennale in tempo utile per sostenere gli esami di Stato nella sessione del 1996 e (come la T.) li avessero effettivamente sostenuti, non potrebbero comunque beneficiare di quella parificazione della situazione professionale (a coloro che avrebbero sostenuto gli esami secondo il nuovo regime) per la quale la disciplina transitoria è stata dettata. Invece, ritenendo siffatta parificazione, la successiva disposizione del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 62 (avere conseguito l'abilitazione professionale "in conformità a quanto prescritto dalla L. 12 febbraio 1992, n. 183 e dal D.M. Università e della ricerca scientifica e tecnologica 8 ottobre 1996, n. 622"), deve essere interpretata tenendone conto; vale a dire che, avendo la L. del 1992, art. 2, comma 4, parificato l'esame sostenuto secondo la disciplina previgente all'esame disciplinato dal D.M. del 1996 per tutti coloro che vi si siano sottoposti prima dell'entrata in vigore di tale decreto purchè avessero effettuato i tre anni di pratica previsti dalla L. del 1992, tale parificazione deve necessariamente valere anche ai fini dell'interpretazione dell'art. 62.

L'interpretazione che precede non consegue, come sembra ritenere il ricorrente, alla disapplicazione della seconda normativa perchè ritenuta "apparentemente" irragionevole rispetto alla normativa precedente, bensì all'interpretazione sistematica delle due normative che fa si che entrambe possano trovare applicazione; invece l'interpretazione propugnata dal ricorrente comporterebbe la disapplicazione della prima in mancanza di abrogazione espressa ed in difetto dei presupposti per ritenerne l'abrogazione tacita, atteso che, come detto, la seconda legge non disciplina affatto la materia già regolata dalla precedente (cfr. Cass. n. 2502/01, per la quale ai sensi dell'art. 15 disp. prel. c.c., l'abrogazione tacita di una legge ricorre quando sussiste incompatibilità fra le nuove disposizioni e quelle precedenti, ovvero quando la nuova legge disciplina la materia già regolata da quella anteriore; in particolare, la suddetta incompatibilità si verifica solo quando fra le leggi considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicchè dall'applicazione ed osservanza della nuova legge derivi necessariamente la disapplicazione o l'inosservanza dell'altra; nello stesso senso, Cass. n. 14129/02 e n. 13252/06).

3.1.- Quanto all'argomento secondo cui la T., se si fosse voluta avvalere dell'abilitazione conseguita si sarebbe potuta iscrivere all'Albo di appartenenza nel periodo compreso tra l'entrata in vigore del D.Lgs. del 2005 ed il 1 gennaio 2008, esso è suggestivo perchè consentirebbe di non considerare come posti totalmente nel nulla gli effetti dell'abilitazione conseguita secondo le regole vigenti alla data di svolgimento degli esami di Stato, ma non può essere condiviso perchè attribuisce al termine del 31 dicembre 2007 una portata che non trova riscontro nel dato normativo.

Infatti, la data del 31 dicembre 2007 non è stata affatto fissata dal legislatore per consentire l'iscrizione all'Albo di tutti coloro che non si fossero trovati in possesso dei requisiti per farlo successivamente, in modo da sancire la decadenza dalla relativa facoltà in capo a coloro che non l'avessero esercitata: essa, come rilevato anche dal giudice di merito, segna soltanto il momento temporale da tenere presente per distinguere - ai fini della disciplina transitoria - tra coloro che erano già iscritti all'Albo della categoria di appartenenza e coloro che non lo erano; infatti, ai primi si sarebbe applicato l'art. 61, in modo da fare conservare agli iscritti la relativa anzianità; ai secondi, invece, si sarebbe applicato l'art. 62, al fine di non fare perdere un diritto all'iscrizione all'Albo che seppure non esercitato era stato oramai acquisito in forza di una disciplina che la nuova normativa non ha affatto abrogato, facendo venire meno un diritto che era oramai acquisito. Ne segue che il termine del 31 dicembre 2007 non è stato fissato come termine ultimo per iscriversi all'Albo della categoria professionale di appartenenza al fine di beneficiare di tale iscrizione anche con riferimento all'Albo unico; l'inutile decorrenza del termine è soltanto un presupposto, nei confronti di coloro che non fossero iscritti agli Albi di appartenenza, per fare luogo all'applicazione della disciplina transitoria dell'art. 62; ed è soltanto tale norma che fissa i requisiti per l'iscrizione successiva all'Albo unico in favore di coloro che non abbiano potuto beneficiare di altra precedente iscrizione, ai fini del precedente art. 61. 4.- In conclusione, non è affatto contraddittorio, ma anzi è conforme ad interpretazione sistematica, ritenere, come fatto dal giudice di merito, che la ricorrente avesse diritto all'iscrizione richiesta in forza del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 62, comma 2, perchè aveva svolto la pratica triennale secondo le previsioni della L. n. 183 del 1992, di modifica del D.P.R. n. 1068 del 1953, art. 31 (ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), ed aveva sostenuto gli esami di abilitazione secondo la normativa vigente prima dell'emanazione del D.M. n. 622 del 1996, in guanto quest'ultima abilitazione si deve ritenere equiparata a quella conseguita secondo la nuova normativa, quanto agli effetti ai fini dell'iscrizione all'Albo di categoria, per il regime transitorio dettato dalla stessa L. n. 183 del 1992 (come sopra interpretato), e quindi anche quanto agli effetti ai fini dell'iscrizione all'Albo unico di cui al D.Lgs. n. 139 del 2005; in particolare, è sistematicamente coerente ritenere che l'art. 62 di tale decreto abbia richiamato il D.M. n. 622 del 1996 solo con riferimento al periodo a decorrere dal quale trovò applicazione (cioè dalla sessione di esami del 1997), essendo il richiamo da intendersi limitato alla L. n. 183 del 1992, per il periodo in cui detto decreto non era ancora in vigore.

Il ricorso va perciò rigettato; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della resistente T.A., delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.