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Nozione di grave difetto dell'opera appaltata

Tribunale Avezzano, 17/08/2023, n.152

Sentenza

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. C. P. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 423/2018, emesso dal Tribunale di Avezzano il 18.08.2018, con cui gli è stato ingiunto il pagamento, in favore di M. C. d. d. R. C., della somma di E 6.875,00, oltre interessi e spese del monitorio, quale corrispettivo del contratto di vendita e montaggio di infissi, in virtù della fattura n. 17 del 12.07.2017 rimasta insoluta.


L'opponente ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo deducendo che la M. C. ha eseguito posa in opera degli infissi in modo incompleto e inesatto, non ha eseguito il collaudo e l'opera non è stata mai terminata; ha riferito che uno degli infissi della zona giorno è cadente e presenta un forte disallineamento tra interno ed esterno dell'edificio, con conseguente formazione di un pozzetto a chiusura della finestra e con rischio di infiltrazioni, la difformità di 5 cm di tutte le altre finestre; ha osservato che il contratto andava correttamente qualificato come contratto di appalto e ha eccepito, pertanto, l'inadempimento di controparte, deducendo che il proprio rifiuto ad adempiere era fondato sulla base dell'art. 1460 c.c..


Si è costituita la M. C. d. d. R. C., sostenendo che tra le parti sarebbe intercorso un contratto di compravendita, per cui la ditta si era limitata a fornire la merce sulla base delle indicazioni contenute nel progetto fornito dall'architetto di parte opponente e ha negato ogni responsabilità rispetto a quanto addebitatole da controparte.


Con ordinanza del 23.01.2018, la precedente giudice assegnataria del fascicolo ha rigettato l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione del titolo opposto, ritenendo che il contratto stipulato tra le parti avesse ad oggetto anche il trasporto e il montaggio degli infissi, con conseguente applicazione della disciplina codicistica del contratto di appalto.


La causa è stata istruita con l'interrogatorio formale dell'opponente, l'escussione di testimoni e l'espletamento di una CTU e, all'esito, è stata trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., all'udienza di precisazione delle conclusioni del 14.02.2023, svoltasi mediante scambio di note recanti le sole istanze e conclusioni, ai sensi dell'art. 221, co. 4, d.l. n. 34/2020.


2. L'opposizione è in parte fondata.


Deve premettersi che è incontestato dalle parti, oltre che documentato, la conclusione di un contratto del 23.03.2017, avente ad oggetto la fornitura e la posa in opera di n. 7 infissi e relative tapparelle.


In punto di qualificazione giuridica del contratto intercorso tra le parti deve richiamarsi l'orientamento espresso dalla Suprema Corte che ha chiarito che “Ai fini della differenziazione tra vendita ed appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l'appalto, si affianchi quella di dare, tipica della vendita, deve aversi riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell'opera ed il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l'effettiva finalità del contratto (vendita).” (cfr. Cassazione civile sez. II, 12/03/2018, n.5935).


Ciò posto, avuto riguardo all'interpretazione del contratto secondo la comune intenzione dei contraenti, si deve ritenere che il contratto non fosse rappresentato dalla semplice vendita e montaggio di infissi fornite secondo un ordinario ciclo produttivo, bensì secondo dimensioni, misure e caratteristiche stabilite in base ad indicazioni del committente, con collocazione dei montanti decisa dai tecnici della ditta, previo sopralluogo; trattasi, pertanto, non si una prestazione standard, ma di un'attività realizzata su misura nel rispetto delle caratteristiche richieste dal committente.


Ciò posto, occorre ancora richiamare quanto osservato dalla Suprema Corte che “In tema di contratto d'appalto, sono gravi difetti dell'opera, rilevanti ai fini dell'art. 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.” (Cassazione civile sez. un., 27/03/2017, n.7756)


3. Fatte tali opportune premesse, oggetto del contrasto tra le parti è il mancato pagamento da parte dell'opponente della fattura a saldo dei lavori, a fronte della asserita sussistenza di difetti e incompletezze degli stessi.


Il preventivo in atti, non contestato tra le parti, attesta che il costo dei lavori oggetto dell'appalto era stato stimato in E 13.200 oltre Iva; è altresì pacifico che il Sig. P. ha corrisposto somme a titolo di corrispettivo la somma complessiva di euro 6.250,00 oltre iva, pari al 50% di quanto pattuito. La richiesta di E 6.875,00 oltre Iva a saldo dei lavori è quindi del tutto conforme a quanto originariamente pattuito tra le parti.


4. Il rifiuto dell'opponente di adempiere al pagamento del saldo prezzo dei lavori va qualificato come eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c..


La norma citata prevede uno strumento di autotutela nei confronti dell'altrui inadempimento, da attivarsi anche in via stragiudiziale, costituito dal potere di sospendere l'erogazione della propria prestazione. La ratio della norma è da rinvenirsi nella esigenza di prevenire una situazione di squilibrio economico a danno di una parte a causa dell'inadempimento dell'altra, che presuppone la corrispettività delle prestazioni e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti (cfr. Cass. civ. n. 8425/2006)


Ai fini della fondatezza dell'eccezione, deve essere quindi valutata la gravità dell'inadempimento di una parte sia rispetto all'interesse dell'altra, con la conseguenza che “il giudice, quando l'inadempimento della controparte risulti di lieve entità, deve ritenere contrario a buona fede il rifiuto ad adempiere opposto dalla prima, costituendo soltanto un mezzo con cui tende pretestuosamente a mascherare la propria inadempienza, anziché uno strumento di tutela del proprio diritto” (Cass. civ. n. 2294 del 05/03/1988). In tema di appalto, tale verifica si traduce nello stabilire se la spesa occorrente per l'eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all'appaltatore o che subordina a tale eliminazione (Cass. civ. n. 26365 del 26/11/2013).


5. Il CTU ha proceduto a rispondere ai quesiti che gli erano stati proposti confermando la conformità dei materiali forniti dall'opposta in termini di qualità, tipologia e misure alle previsioni contrattuali; il montaggio a regola d'arte dei materiali forniti a cura dell'opposta, soffermandosi sull'accertamento delle contestate difformità nelle misure e del dedotto disallineamento ed analizzando, in caso di loro effettiva sussistenza, le cause di ciò (non conformità del materiale all'ordine, esecuzione del montaggio non a regola d'arte, cause esterne ai lavori commissionati all'opposta).


Ha rilevato che in effetti sussiste un disallineamento nell'infisso identificato PF.02. In particolare, nella perizia si legge: “ Per quanto concerne il DISALLINEAMENTO, questo è riferito alla PF.02, infatti si nota una diversa quota tra il pavimento interno, realizzato di recente, ed il pavimento esterno esistente e di vecchia fattura, la soglia esterna è più alta del pavimento interno di 4 cm circa. La causa di quanto detto prima è dovuta ad altro tipo di lavorazione, ossia per dare pendenza al pavimento del terrazzo per far defluire l'acqua, il massetto è stato rialzato nella parte posteriore in adiacenza al muro dell'appartamento e così anche dove giace la soglia in marmo. Quindi, posizionando l'infisso, visto dall'esterno si nota che la guida della zanzariera è nascosta al di sotto della linea superiore della soglia in marmo e il telaio fisso della finestra è per metà coperto, mentre dall'interno resta normale ed il tutto si nota a confronto con gli altri infissi. Questa irregolarità poteva essere evitata rilevando sul posto questo disallineamento e di conseguenza realizzando l'infisso più basso di qualche centimetro e mettendo degli spessori al di sotto di esso, in modo da vedere sia la guida della zanzariera fuori dalla soglia in marmo e sia la parte bassa del telaio fisso tutta scoperta ed il tutto sarebbe stato uniforme con gli altri infissi. D'altro canto però si sarebbe venuto a creare un gradino più alto dall'interno verso l'esterno.” Nella risposta alle osservazioni del CTP di parte opponente ha chiarito che “Già specificato dal sottoscritto nella Bozza di perizia a pag 17 e comunque il disallineamento non ha nulla a che vedere con le opere murarie per il montaggio dei controtelai” e che “Come già specificato dal sottoscritto nella Bozza di perizia a pag 18 la rilevazione delle dimensioni dell'infisso erano a carico della M. C. d. d. R. C.


la quale avrebbe dovuto darne avviso al proprietario per poi decidere come realizzare l'infisso.”.


Sulla base delle conclusioni della perizia, dalle quali il Tribunale non intende discostarsi, in quanto frutto di un appropriato approfondimento, adeguatamente motivate e prive di vizi logici, deve ritenersi sussistente il vizio denunciato con riferimento alla finestra PF.02.


Con riferimento alla tempestività della denuncia dei vizi si osserva che secondo il più recente orientamento espresso dalla Suprema Corte: “In tema di inadempimento del contratto d'appalto, laddove l'opera risulti ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera, in virtù del principio "inadimpleti non est adimplendum" al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all'art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive, anche quando la domanda di garanzia sarebbe prescritta ed, indipendentemente, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di detta domanda, che può anche mancare, senza pregiudizio alcuno per la proponibilità dell'eccezione in esame.” (Cassazione civile sez. II, 09/03/2023, n. 7041).


La Suprema Corte in proposito evidenzia che, in tema di appalto, il committente, convenuto in giudizio, può paralizzare la pretesa avversaria, “opponendo le difformità e i vizi dell'opera, in virtù del principio inadempimenti non est adimplendum, richiamato dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., applicabile in caso di opera portata a termine (Cass., Sez. 1, 14/2/2019, n. 4511), anche quando non abbia proposto in via riconvenzionale la domanda di garanzia o la stessa sia prescritta, atteso che le disposizioni speciali di cui agli artt. 1667,1668,1669 e ss. c.c., attinenti alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all'art. 1667 c.c., integrano senza escluderne l'applicazione i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni e di responsabilità comune dell'appaltatore, che si applicano in assenza dei presupposti per la garanzia per vizi e difformità prevista per i casi di opere completate in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche (Cass., Sez. 2, 17/5/2004, n. 9333; Cass., Sez. 2, 20/3/2012, n. 4445) e che impongono all'appaltatore, che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo, l'onere di dimostrare, quando il committente sollevi l'eccezione di inadempimento di cui al comma 3 di detta disposizione, di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte (Cass., Sez. 2, 20/1/2010, n. 936; Cass., Sez. 2, 13/2/2008, n. 3472). Infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte, le disposizioni generali di cui agli artt. 1453 e 1455 c.c., che contemplano la comune responsabilità dell'appaltatore, operano quando egli non esegua interamente


l'opera o, se l'ha eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi proceda con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell'appaltatore, inerente alla garanzia per i vizi o difformità dell'opera, prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando il suddetto ha violato le prescrizioni pattuite per l'esecuzione dell'opera o le regole imposte dalla tecnica, sicché, nel caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera (per tutte, Cass., Sez. 2, 09/08/1996, n. 7364). Dunque, mentre in caso di mancata ultimazione dell'opera, il committente può legittimamente rifiutare o subordinare il pagamento del corrispettivo all'eliminazione dei vizi dell'opera, invocando l'eccezione di inadempimento prevista dall'art. 1460 c.c., in quanto istituto di applicazione generale in materia di contratti a prestazioni corrispettive, purché il rifiuto di adempiere non sia contrario alla buona fede, spettando al giudice del merito accertare se la spesa occorrente per l'eliminazione delle difformità sia proporzionata a quella che il committente rifiuta di corrispondere all'appaltatore o che subordina a tale eliminazione (Cass., Sez. 6-2, 26/11/2013, n. 26365), in caso di opera ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera, avvalendosi del principio inadimpleti non est adimplendum, al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all'art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive (Cass., Sez. 2, 20/1/2010, n. 936), anche quando la domanda di garanzia sarebbe prescritta ed indipendentemente, quindi, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di questa domanda, che può anche mancare senza pregiudizio alcuno per la proponibilità della eccezione (Cass. Sez. 2, 17/05/2004, n. 9333).”


In altre parole, operando, in materia di appalto, il principio generale che governa la condanna all'adempimento in materia di contratto con prestazioni corrispettive, l'appaltatore, che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, ha l'onere di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, per cui la domanda di condanna del committente al pagamento non può essere accolta nel caso in cui quest'ultimo contesti l'adempimento dell'appaltatore e tale contestazione risulti fondata, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della sua pretesa (Cass., Sez. 2, 13/2/2008, n. 3472; Cass., Sez. 2, 4/1/2019, n. 98).


6. Deve, conseguentemente ritenersi non dovuto, rispetto a quanto richiesto nella fattura 17 del 12.07.2017, il corrispettivo richiesto per il suddetto infisso pari all'importo di euro 1.650,00 oltre iva al 10%, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto e condanna del convenuto al pagamento della differenza.


Pertanto, sulla base di tale importo, sussiste un credito della società convenuta opposta nella minor misura di euro 5.060,00 già comprensivo di Iva, sul quale decorrono gli interessi di mora ai sensi del d.lgs. 231/2002 dalla scadenza della fattura n. 17/2017 fino al soddisfo.


Il decreto ingiuntivo merita quindi di essere revocato, con condanna dell'opponente al pagamento della minor somma sopra indicata.


7. In considerazione della soccombenza reciproca delle parti, le spese di lite devono essere integralmente compensate.


Le spese di CTU, liquidate con separato decreto, vanno poste definitivamente a carico di parte opponente, stante la parziale infondatezza delle spiegate doglianze.


P.Q.M.

Il Tribunale di Avezzano, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da C. P. nei confronti di M. C. d. d. R. C., ogni altra difesa, eccezione ed istanza disattesa, così provvede:


- in parziale accoglimento dell'opposizione, revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 423/18;


- condanna parte opponente al pagamento in favore della convenuta opposta della somma di euro 5.060,00 già comprensiva di Iva, sulla quale decorrono gli interessi di mora ai sensi del d.lgs. 231/2002 dalla scadenza della fattura n. 17/2017 fino al soddisfo;


- compensa integralmente le spese di lite tra le parti;


- pone definitivamente a carico di parte opponente le spese di CTU, liquidate con separato decreto.


Avezzano, 17/05/2023


Depositata in cancelleria il 17/08/2023

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