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art. 261 c.c. - Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento

art. 261 c.c. - Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

Giurisprudenza sull'art. 261 c.c.
L'obbligo di mantenimento dei figli incombe su entrambi i genitori in proporzione delle rispettive sostanze ed il coniuge che abbia adempiuto l'obbligo di mantenimento dei figli, anche per la quota incidente sull'altro coniuge, è legittimato ad agire contro quest'ultimo per conseguire il rimborso di detta quota per tutto il periodo decorrente dalla nascita del figlio - e non soltanto per quello successivo alla domanda, come invece previsto dall'art. 445 c.c., per la diversa ipotesi dell'obbligo alimentare - perché l'obbligo di mantenimento sorge automaticamente per il fatto della filiazione e poiché nel comportamento del genitore adempiente è configurabile un caso di gestione di affari produttiva a carico dell'altro genitore degli effetti di cui all'art. 2031 c.c.

Cass., massima sentenza n. 15063 del 22.11.2000
Il riconoscimento del figlio naturale comporta l'assunzione di tutti i diritti e doveri propri della procreazione legittima, ivi compreso l'obbligo di mantenimento, che, per il suo carattere essenzialmente patrimoniale, esula dallo stretto contenuto della potestà genitoriale, e in relazione al quale, pertanto, non rileva, come, invece, avviene con riguardo a quest'ultima, a norma dell'art. 317-bis c.c., la circostanza che i genitori siano o no conviventi, incombendo detto obbligo su entrambi, in quanto nascente dal fatto stesso della procreazione. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui al mantenimento abbia provveduto, integralmente o comunque al di là delle proprie sostanze, uno soltanto dei genitori, a lui spetta il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota del genitore inadempiente, secondo le regole generali del rapporto tra condebitori solidali, come si desume, in particolare, dall'art. 148 c.c., richiamato dall'art. 261 c.c., che prevede l'azione giudiziaria contro il genitore inadempiente, e senza, pertanto, che sia configurabile un caso di gestione di affari altrui. L'obbligo in esame, non avendo natura alimentare, e decorrendo dalla nascita, dalla stessa data deve essere rimborsato "pro quota".

Cass., massima sent. n. 2540 del 08.02.2005
Nel caso di successione legittima, in ipotesi di concorso del coniuge con più di un figlio legittimo e/o naturale, le quote di un terzo e di due terzi - rispettivamente spettanti al primo ed ai secondi "ex" art. 581 c.c. - presuppongono la pluralità dei figli, ma prescindono dal numero di essi. Ne consegue che - ove il giudice, che abbia accertato la paternità naturale, attribuisca al figlio naturale, in prospettiva anticipatoria delle ragioni ereditarie ad esso spettanti per successione al defunto genitore, un assegno di mantenimento a carico degli eredi del padre naturale - è erroneo coinvolgere tra i soggetti tenuti alla detta erogazione alimentare, a scomputo di quota ereditaria, anche il coniuge del "de cuius", atteso che i diritti conseguenti allo "status" di figlio naturale sono suscettibili di influire unicamente sulla consistenza economica della quota ("pars quota" di due terzi) spettante agli altri figli del "de cuius", ma nessuna incidenza possono avere sulla quota di pertinenza del di lui coniuge.

Cass.,massima sentenza n. 8362 del 03.04.2007
La legge 8 febbraio 2006, n. 54 sull'esercizio della potestà in caso di crisi della coppia genitoriale e sull'affidamento condiviso, applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, ha corrispondentemente riplasmato l'art. 317-bis c.c., il quale, innovato nel suo contenuto precettivo, continua tuttavia a rappresentare lo statuto normativo della potestà del genitore naturale e dell'affidamento del figlio nella crisi dell'unione di fatto, sicché la competenza ad adottare i provvedimenti nell'interesse del figlio naturale spetta al tribunale per i minorenni, in forza dell'art. 38, primo comma, disp. att. c.c., "in parte qua" non abrogato, neppure tacitamente, dalla novella. La contestualità delle misure relative all'esercizio della potestà e all'affidamento del figlio, da un lato, e di quelle economiche inerenti al loro mantenimento, dall'altro, prefigurata dai novellati articoli 155 e ss. c.c., ha peraltro determinato - in sintonia con l'esigenza di evitare che i minori ricevano dall'ordinamento un trattamento diseguale a seconda che siano nati da genitori coniugati oppure da genitori non coniugati, oltre che di escludere soluzioni interpretative che comportino un sacrificio del principio di concentrazione delle tutele, che è aspetto centrale della ragionevole durata del processo - una attrazione, in capo allo stesso giudice specializzato, della competenza a provvedere, altresì, sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire al mantenimento del figlio. 

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