Art. 1223 c.c. Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.
Giurisprudenza sull'art. 1223 c.c.
Cass., massima sentenza n. 18995 del 12.12.2003
L'azione di responsabilità contrattuale nei confronti del debitore presuppone la produzione del danno, non diversamente dall'azione di responsabilità extracontrattuale, ancorché l'inadempimento del debitore sussista prima ed a prescindere dall'effetto dannoso. Ne consegue che la prescrizione dell'azione di responsabilità contrattuale non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del danno di cui si chiede il risarcimento.
Cass., massima sentenza n. 8293 del 25.05.2012
Ai fini del risarcimento del danno futuro, l'istituto di credito, che agisca nei confronti del direttore di filiale per imprudente erogazione del credito, non può da lui pretendere il risarcimento sulla base della presunzione di definitiva irrecuperabilità del credito fondata sull'inesistenza di beni e garanzie del cliente insolvente, occorrendo invece che la banca costituisca in mora il debitore o attivi un procedimento, monitorio o esecutivo, che ne attesti l'inadempienza, poiché l'assenza di tentativi di recupero coattivo incide su un presupposto di esistenza del danno risarcibile, e non semplicemente sull'obbligo di circoscriverne l'entità ai sensi dell'art. 1227, secondo comma, c.c.
Cass., massima sentenza n. 18490 del 25.08.2006
I danni patrimoniali futuri risarcibili sofferti dal coniuge di persona deceduta a seguito di fatto illecito, ravvisabili nella perdita di quei contributi patrimoniali o di quelle utilità economiche che - sia in relazione ai precetti normativi (artt. 143, 433 cod. civ.), sia per la pratica di vita improntata a regole-etico sociali di solidarietà e di costume - il defunto avrebbe presumibilmente apportato, assumono l'aspetto del lucro cessante, ed il relativo risarcimento è collegato ad un sistema presuntivo a più incognite, costituite dal futuro rapporto economico tra i coniugi e dal reddito presumibile del defunto, ed in particolare dalla parte di esso che sarebbe stata destinata al coniuge; la prova del danno è raggiunta quando, alla stregua di una valutazione compiuta sulla scorta dei dati ricavabili dal notorio e dalla comune esperienza, messi in relazione alle circostanze del caso concreto, risulti che il defunto avrebbe destinato una parte del proprio reddito alle necessità del coniuge o avrebbe apportato al medesimo utilità economiche anche senza che ne avesse bisogno. Ne consegue che, nel calcolo dei danni patrimoniali futuri risarcibili, non rileva che il coniuge diventi titolare di pensione di reversibilità, fondandosi tale attribuzione su un titolo diverso dall'atto illecito e non potendo essa ricomprendersi tra quei contributi patrimoniali o quelle utilità economiche che il coniuge defunto avrebbe presumibilmente apportato.
Cass., massima sentenza n. 13431 del 01.06.2010
In tema di risarcimento del danno, i postumi d'invalidità personale di piccola entità (c.d. micropermanente) - in quanto non superiori al 10 per cento - non incidendo sulla capacità del danneggiato di produrre reddito, non hanno rilevanza sul danno di natura patrimoniale, ma riguardando la menomazione del bene salute possono essere valutati soltanto sotto l'aspetto del danno biologico, salva la prova contraria, fondata su specifiche circostanze, che essi abbiano prodotto conseguenze anche sulla capacità lavorativa specifica e, quindi, anche un danno patrimoniale, il quale, però, non può essere allegato con argomentazioni apodittiche ed astratte e, come tali, inammissibili.
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