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Decisione tout court nel merito della Corte di Cassazione - Cass. sent. n. 6919 del 08.05.2012

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 18 novembre 2003 B. A.G. I. NP - Sud convenne innanzi al Tribunale di Milano P. s.r.l. deducendo che, in data 15 settembre 1997 S. s.p.a., sua dante causa, aveva stipulato con P. s.r.l. un contratto avente ad oggetto l'ideazione, la pianificazione e la realizzazione dell'attività pubblicitaria per tutto il territorio corrispondente al bacino di utenza dell'ipermercato di (OMISSIS);

che tuttavia dal luglio 2002 la controparte aveva ripetutamente violato gli obblighi assunti, non distribuendo, o distribuendo in maniera irregolare i volantini pubblicitari.

Sulla base di tali premesse, B. chiese che il contratto venisse dichiarato risolto per fatto e colpa di P., con condanna della stessa al risarcimento dei danni, nella misura di Euro 1.460.603,00.

Costituitasi in giudizio, la convenuta contestò le avverse pretese.

Affermò che la convenzione stipulata con la controparte aveva avuto regolare esecuzione fino al 24 marzo 2003, data in cui era stata disdettata da B..

Con sentenza del 3 marzo 2008 il giudice adito rigettò la domanda.

Proposto dal soccombente gravame, la Corte d'appello di Milano, in data 23 febbraio 2010, dichiarato risolto il contratto per inadempimento di P., ha condannato la stessa a risarcire a B. i danni, equitativamente determinandoli in Euro 25.000,00, oltre interessi.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte P. s.r.l., formulando cinque motivi.

Resiste con controricorso B. A.G. I. NP - Sud, che propone altresì ricorso incidentale affidato a due mezzi.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

I ricorsi, riuniti ex art. 335 c.p.c., sono stati decisi all'udienza del 13 marzo 2012.

Motivi della decisione

1.1 Con il primo motivo l'impugnante lamenta vizi motivazionali nonchè violazione degli artt. 1455 e 2697 c.c..

Le critiche si appuntano contro l'affermazione del giudice di merito secondo cui, considerato che il rapporto tra B. e P. aveva durata annuale, gli inadempimenti contestati assumevano una notevole importanza, posto che questa andava valutata con riferimento a tale, più ridotto arco temporale. Peraltro, ritenendo che le inadempienze rilevanti riguardassero l'esecuzione delle prestazioni pubblicitarie dovute nell'anno 2002, e segnatamente quelle relative alle manifestazioni commerciali programmate per il periodo 24 maggio 2002 - 9 giugno 2002 (pag. 21 della impugnata sentenza), il decidente era incorso in una clamorosa contraddizione, posto che in altra parte della motivazione aveva riconosciuto che l'unico inadempimento dimostrato era il preteso abbandono di 5.000 volantini, rinvenuti nel mese di (OMISSIS), a contratto ormai disdettato, e ciò tanto più che il predetto materiale afferiva a due diverse promozioni, effettuate, l'una, nel corso del 2002 - dal 19 luglio al 4 agosto - e l'altra, nel corso del 2003, dal 17 al 30 gennaio.

In tale contesto, considerato anche che in un anno venivano distribuiti circa due milioni di volantini, l'inadempimento contestato non poteva in alcun modo essere qualificato rilevante.

Del tutto arbitrariamente la Corte territoriale avrebbe poi affermato che l'attività di volantinaggio era l'unica effettivamente svolta da P. nell'ambito del contratto intercorso con B., laddove dall'istruttoria espletata era emersa la molteplicità delle prestazioni espletate dalla ricorrente in esecuzione degli impegni pattiziamente assunti.

L'insufficiente approccio del decidente emergerebbe altresì dalla operata confusione tra episodi del tutto diversi, quali il ritrovamento di volantini relativi alla promozione maggio/giugno 2002, e la irregolare distribuzione degli stessi nel periodo natalizio; dal travisamento del contenuto della corrispondenza versata in atti nella quale Publifull, lungi dall'ammettere gli addebiti formulati dalla controparte, li aveva piuttosto sempre contestati;

dalla mancata considerazione che una parte dei volantini veniva sicuramente trattenuta dalla medesima committente, e che, per soprammercato, le deposizioni pretesamente dimostrative degli inadempimenti di P. erano state rese da dipendenti di B., interessati a rovesciare su altri la responsabilità del cattivo andamento dell'ipermercato nel periodo di riferimento. Argomenta che, in tale contesto, mancherebbe ogni prova e degli inadempimenti allegati dalla controparte, e della loro gravità. 1.2 Con il secondo mezzo l'impugnante lamenta violazione dell'art. 1226 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c..

Sostiene che del tutto arbitrariamente il decidente, pur dopo avere riconosciuto che B. non aveva offerto alcuna prova in ordine alla entità dei danni subiti, li aveva tuttavia equitativamente determinati nella misura di Euro 25.000,00, e cioè in un importo all'evidenza sproporzionato, considerato che la sola inadempienza dimostrata era la mancata distribuzione di 5.000 volantini. In ogni caso la Corte avrebbe violato le regole che disciplinano la liquidazione equitativa, la quale presuppone anzitutto che il pregiudizio sia certo nella sia esistenza ontologica.

1.3 Con il terzo motivo la società denuncia vizi motivazionali con riferimento alla medesima questione, avendo il decidente equitativamente determinato il danno dopo avere affermato che dello stesso non era stata dimostrata l'esistenza, e senza esplicitare, in ogni caso, il procedimento logico seguito per la sua quantificazione.

1.4 Con il quarto mezzo prospetta violazione dell'art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene che benchè il giudice di prime cure avesse ritenuto tardiva la domanda avente ad oggetto i possibili danni derivanti dalla richiesta di pagamento di fatture di P. rimaste insolute, la Corte territoriale, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, aveva apoditticamente affermato che B. ben avrebbe potuto opporre, ove ciò si fosse verificato, l'eccezione di inadempimento, rifiutandosi di corrispondere i corrispettivi reclamati dalla controparte.

1.5 Con il quinto motivo l'impugnante lamenta vizi motivazionali con riferimento alla eccezione di inammissibilità e improponibilità della pretesa azionata, eccezione sollevata dalla convenuta, per essere stata la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dopo che gli effetti del contratto erano già cessati a seguito della disdetta comunicata da B., peraltro senza neppure rispettare il termine contrattualmente previsto. Aggiunge che, in tale contesto, assumeva una particolare rilevanza la circostanza che l'unico episodio imputabile a P. - e cioè l'abbandono dei volantini nella discarica - fosse stato scoperto il 24 marzo 2003, a contratto ormai sciolto.

2.1 Con il primo motivo del ricorso incidentale B. A.G. I. NP - Sud denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3,nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c, n. 5. Lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciare sulla domanda di restituzione delle spese del primo grado del giudizio, liquidate in favore di P. e pagate da B., con espressa riserva di ripetizione. Precisa che la condanna in appello di P. al pagamento delle spese di quel grado, peraltro liquidate in misura notevolmente inferiore a quanto stabilito dal Tribunale, non assorbiva l'obbligo della società di restituire le somme indebitamente ricevute.

2.2 Con il secondo mezzo l'impugnante lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., nonchè vizi motivazionali per avere la Corte d'appello accolto la domanda liquidando tuttavia i danni in misura irrisoria, così facendo malgoverno degli elementi probatori acquisiti e negando ingiustamente ingresso ai mezzi istruttori articolati al fine di dimostrare l'effettiva entità dei pregiudizi subiti.

3. Queste essendo le censure hinc et inde formulate all'impugnata sentenza, il collegio ritiene opportuno partire, nel loro esame, da quelle esposte nel quinto motivo del ricorso principale, in quanto involgenti una questione logicamente preliminare a tutte le altre.

Le critiche hanno invero ad oggetto il giudizio di infondatezza dell'eccezione di inammissibilità e improponibilità della domanda di risoluzione formulato dal giudice di merito sulla base dei seguenti, concorrenti rilievi: a) il contratto intercorso tra le parti andava qualificato come contratto di pubblicità, regolato dalle norme di legge che disciplinano l'appalto di prestazione continuativa di servizi; b) in base a tali disposizioni il committente ben poteva porre fine al rapporto con la controparte, esercitando il diritto di recesso, ex art. 1671 c.c.; c) nella fattispecie tale facoltà concorreva con quella di disdetta pattiziamente convenuta, posto che l'art. 8 del contratto, a fronte di una durata del vincolo negoziale che andava dal 15 settembre di un anno al 15 settembre dell'anno successivo, riconosceva a ciascuna delle parti la possibilità di sciogliersi unilateralmente dal vincolo, comunicando la disdetta almeno quattro mesi prima della scadenza; d) la circostanza che B. avesse esercitato il diritto potestativo di cui era titolare con lettera del 24 marzo 2003, senza contestare alcun inadempimento a P., non inibiva la proposizione della presente azione, posto che tale condotta non presupponeva in alcun modo il regolare svolgimento del rapporto e non era quindi preclusiva della possibilità di chiedere (anche) e la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte e la condanna di questa al risarcimento dei danni; e) conseguentemente, benchè, nella fattispecie, gli effetti del contratto fossero già venuti meno, con decorrenza dalla ricezione della dichiarazione di recesso, la domanda di risoluzione per inadempimento era comunque idonea a soddisfare un interesse autonomo, concreto e attuale di B. ed era, pertanto, ammissibile e proponibile; f) in ogni caso, la cessazione dell'efficacia del contratto non impediva a B. di agire per il risarcimento dei danni, prospettando che gli inadempimenti di P. fossero stati di gravità ed importanza tali da legittimare l'azione di risoluzione.

4. A fronte di siffatto percorso argomentativo, osserva il collegio che i rilievi con i quali la ricorrente società ripropone l'eccezione di inammissibilità e improponibilità della domanda non colgono nel segno, anche se la motivazione della Corte d'appello va, in taluni punti, precisata e integrata, ex art. 384 c.p.c., u.c..

Premesso che non ha errato il giudice di merito nell'affermare che la facoltà di disdettare il contratto era stata tempestivamente esercitata dalla committente - il 24 marzo 2003, a fronte di una scadenza convenzionalmente prevista per il 15 settembre successivo - e che neppure sono chiare le ragioni per le quali l'impugnante sostiene invece che il termine pattiziamente previsto, fissato in quattro mesi, era rimasto inosservato, non è revocabile in dubbio che, a vincolo pacificamente sciolto (non avendo mai P. formalmente impugnato la disdetta), la domanda volta ad ottenere la pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento non era sorretta dal necessario requisito dell'interesse. Altrettanto chiaro è tuttavia che il vero thema decidendum non è mai stato la verifica della sussistenza o meno dei lamentati inadempimenti di P., in vista della caducazione per via giudiziale del vincolo contrattuale, quanto piuttosto in funzione dell'accoglimento della domanda risarcitoria di B., come ha ben colto il giudice di merito allorchè ha affermato che, in ogni caso, la cessazione dell'efficacia del contratto non impediva a B. di agire per il risarcimento dei danni (punto 3, lett. f) . E sotto questo riguardo la decisione impugnata applica correttamente il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacchè l'art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che la relativa azione presupponga il necessario esperimento di quella di risoluzione (confr. Cass. civ. 24 novembre 2010, n. 23820; Cass. civ. 19 luglio 2008, n. 20067; Cass. civ. 11 giungo 2004, n. 11103).

5. Infondato è anche il primo motivo del ricorso principale, volto a contestare il negativo scrutinio della condotta di P. posto a base della sentenza impugnata. Sul punto il giudice di merito, premesso che, al fine di valutare la gravità e l'importanza dei pretesi inadempimenti addebitati alla convenuta era necessario stabilire se gli stessi andassero riferiti all'intera durata del rapporto intercorso tra le parti, ovvero al periodo annuale di vigenza del contratto originariamente previsto, ha stabilito che la possibilità di tacito rinnovo del vincolo pattizio, per effetto del mancato esercizio del diritto potestativo di disdetta, non ne comportava certo la trasformazione in contratto a tempo indeterminato. Ha quindi argomentato che le inadempienze avevano riguardato le prestazioni pubblicitarie dovute nell'anno 2002 (dal luglio al novembre 2002), inizialmente contestate con lettera del 3 settembre 2002, segnatamente evidenziando che la distribuzione dei volantini, nel periodo in contestazione, risultava essere l'unica iniziativa posta in essere per la realizzazione delle campagne pubblicitarie di B., posto che P. non solo non aveva eccepito di avere effettuato prestazioni ulteriori, mediante affissioni, inserti sulla stampa locale o trasmissioni radiofoniche, ma si era anzi limitata ad opporre che la quantità di volantini abbandonati risultava inferiore a quanto contestato da B. e, con riferimento alla mancata distribuzione di quelli prenatalizi, che il fatto era stato determinato dalle avverse condizioni atmosferiche. In tale contesto - e considerato altresì, in ordine al ritrovamento di pacchi di volantini abbandonati ancora imballati, che l'episodio non poteva in alcun modo essere riferibile alla medesima B., la quale aveva la disponibilità solo di volantini già disimballati - ha ritenuto dimostrate le inadempienze di P. nell'esecuzione del contratto di pubblicità, valutandole, all'esito di un attento scrutinio delle prove orali raccolte e del materiale fotografico acquisito, di non scarsa importanza.

6. Osserva il collegio che, benchè effettivamente le inadempienze di P. oggetto di esame, afferiscano, le une, al periodo di vigenza del contratto settembre 2001 - settembre 2002; le altre, alla annualità successiva, la positiva valutazione, da parte del giudice di merito, della loro sussistenza non meno che della loro consistenza, ai fini dell'accoglimento delle istanze risarcitorie azionate, resiste alle critiche dell'impugnante. Premesso che, in base ai principi in materia di onere della prova, spettava al debitore dimostrare di avere esattamente eseguito la prestazione dovuta, come non ha mancato di ricordare la Corte territoriale (pag. 23 della impugnata sentenza), al convincimento della disinvolta condotta dell'incaricata nella gestione del servizio al quale si era obbligata, il decidente è pervenuto all'esito di un esame estremamente analitico e accurato degli esiti della compiuta istruttoria. Peraltro, il materiale probatorio acquisito non era limitato affatto ai soli episodi di ritrovamento di pacchi di volantini abbandonati, come riduttivamente prospetta la ricorrente, ma era comprensivo - lo si è già evidenziato - di deposizioni testimoniali e di produzioni fotografiche ritenute dal giudice di merito univocamente dimostrative della rispondenza al vero dei fatti addotti dall'attrice a fondamento della sua pretesa di esserne ristorata. E tale apprezzamento, in quanto adeguatamente motivato, è incensurabile in questa sede di legittimità. 7. Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, nonchè il secondo motivo del ricorso incidentale. Essi hanno ad oggetto l'entità della somma che la Curia meneghina ha liquidato a titolo di danni, sostenendosene, attraverso la denunzia di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè di malgoverno degli artt. 1226 e 2697 c.c., da una parte, l'arbitrarietà, dall'altra, l'irrisorietà.

8. Va premesso che, secondo il consolidamento orientamento di questa Corte: a) l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c. (espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c.), da luogo, non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto improntato a equità correttiva o integrativa; b) tale giudizio, che è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, presuppone già assolto l'onere di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno e non esonera, in ogni caso, la parte dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinchè l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter volto a dimostrare l'entità del danno subito e a determinarne l'equivalente pecuniario; c) che entro tali limiti vanno dunque intesi sia il principio secondo cui il ricorso alla liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., è rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale ne farà uso ogni qualvolta riconosca che la determinazione del preciso ammontare del danno non sia possibile o sia sommamente difficile, sia la connessa affermazione per cui l'accertamento dei relativi presupposti, al pari dell'individuazione dei criteri di liquidazione, costituisce indagine di fatto, sottratta al sindacato di legittimità (confr. Cass. civ. 9 marzo 2012, n. 3704; Cass. civ. 30 aprile 2010, n. 10607; Cass. civ. 7 giugno 2007, n. 13288).

9. Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha rilevato sul punto: che i danni patrimoniali dei quali era stato chiesto il ristoro erano rappresentati dal mancato margine di incremento delle vendite che B. avrebbe conseguito ove P. avesse effettivamente e correttamente svolto l'attività di volantinaggio; che siffatti pregiudizi erano stati quantificati sulla base della differenza tra il fatturato del periodo luglio 2001-febbraio 2002 e il fatturato del periodo luglio 2002-febbraio 2003; che tuttavia B. non aveva dimostrato quale attività pubblicitaria fosse stata effettuata nei due esercizi in comparazione; che, in tale contesto, la prova volta a dimostrare i diversi utili realizzati nei due esercizi era inconferente ai fini del decidere; che in base ai risultati della espletata istruttoria, poteva ritenersi provata la mancata distribuzione di circa 5.000 volantini pubblicitari, il che rendeva del tutto incongrua la prospettazione di un pregiudizio di Euro 1.460.603,00, come effetto di tale inadempienza; che, essendo tuttavia ragionevole presumere che un certo numero di consumatori, ove tempestivamente avvertiti delle campagne promozionali di S., avrebbe approfittato delle vendite sotto costo, appariva equo liquidare in Euro 25.000,00 il danno subito da B., in applicazione dei criteri dettati dall'art. 1226 c.c..

10. Tale essendo l'iter argomentativo del decidente, ritiene il collegio che le critiche formulate dagli impugnanti siano prive di pregio per le ragioni che seguono.

Non risponde al vero, anzitutto, che la Corte territoriale abbia ritenuto indimostrato il danno, perciò solo che ha considerato inconferente la prova della differenza di incassi nel periodo luglio 2001/febbraio 2002; luglio 2002/febbraio 2003 perchè, a ben vedere, quell'apprezzamento si riferisce all'entità dei pregiudizi subiti dalla committente, ma non implica affatto la negazione della loro sussistenza.

Quanto alla correttezza, sul piano logico e giuridico, dei criteri valutativi adottati dal giudice di merito, è sufficiente osservare:

a) che il riconoscimento di un nesso eziologico tra le inadempienze di P. e la sicura flessione del fatturato di B. è affermazione in linea con il contenuto del contratto intercorso tra le parti e, soprattutto, con il dato incontestabile della sua rinnovazione di anno in anno, fino alla disdetta del 2003, indice della utilità economica, per B., dei servizi di P.; b) che l'incompletezza delle allegazioni di parte attrice, in punto di attività pubblicitaria espletata negli anni precedenti a quello in contestazione, preclude la possibilità di una quantificazione dei pregiudizi parametrata sulla cruda differenza tra i dati dei due esercizi successivi, quello del 2002 e quello del 2003, e ciò tanto più che siffatta quantificazione, una volta ritenuta dimostrata la sola mancata distribuzione di circa 5.000 volantini pubblicitari, verrebbe ad attribuire all'attività di volantinaggio una potenzialità economica veramente straordinaria - di Euro 292,00, per ciascun volantino - potenzialità giustamente considerata dal decidente al di fuori di ogni prevedibilità ragionevole; che, in tale contesto, la commisurazione dei danni in Euro 25.000,00, essendo il risultato dell'attribuzione all'attività promozionale di P. di una capacità di incisione sulle entrate di B. di Euro 5 a foglietto, appare frutto di una valutazione basata su dati di comune esperienza, come tale incensurabile in sede di legittimità (confr. Cass. civ. 26 gennaio 2010, n. 1529).

11. Anche il quarto motivo di ricorso è infondato. Essendo la domanda di corresponsione delle spettanze di P., in dipendenza del rapporto di appalto di servizi intercorso con B., estranea al thema decidendum del presente procedimento, la prospettata possibilità, per la committente, di opporre alla richiesta di pagamento della controparte l'eccezione di inadempimento, è affermazione del giudice di merito priva di rilevanza decisoria, di talchè la ricorrente non ha un interesse giuridicamente rilevante ad impugnarla. E tanto a prescindere dalla idoneità della sentenza che si va a pronunciare a condizionare, come giudicato esterno, l'esito di eventuali domande di adempimento di Pubblfull. Ma trattasi di effetto il cui regime esula dalle questioni qui dibattute.

12. E' invece fondato il primo motivo del ricorso incidentale.

La Corte territoriale ha indiscutibilmente omesso di pronunciare sulla richiesta di restituzione proposta da B., richiesta che, avendo ad oggetto il recupero di quanto dalla stessa versato a titolo di spese processuali a P., doveva e deve essere decisa con una statuizione autonoma, rispetto a quella con la quale è stato nuovamente regolato il carico degli oneri economici del giudizio.

E' peraltro principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in applicazione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2, nonchè nell'ambito di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 c.p.c., che la Corte, una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, ben può cassare la sentenza impugnata e, omettendo il rinvio, decidere tout court la causa nel merito, ove ne sussistano i presupposti (confr. Cass. civ. 1 febbraio 2010, n. 2313).

Nella fattispecie, non ostando alla definizione del giudizio la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, facendo uso dei poteri ad essa conferiti dalla norma processuale innanzi richiamata, condanna P. s.r.l. a restituire a B. A.G. I. NP - Sud le somme da questa corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado.

L'esito della lite e la complessità delle questioni consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; rigetta il ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna P. s.r.l. alla restituzione in favore di B. A.G. I. NP -Sud delle somme da questa corrisposte, a titolo di spese processuali, in esecuzione della sentenza di primo grado;

compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.