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Risoluzione contratto di locazione

Sentenza Tribunale Massa, 21/11/2023


Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda di risoluzione del contratto di locazione risulta fondata e deve essere accolta, mentre l'opposizione e la domanda riconvenzionale proposte dalla convenuta risultano del tutto destituite di fondamento.


La eccepita nullità del contratto per l'asserita indeterminatezza del bene oggetto di locazione appare tesi decisamente singolare e totalmente inaccoglibile, tenuto conto che il fondo oggetto di causa è descritto nella premessa del contratto con richiamo dell'indirizzo civico, all'art. 11 della convenzione negoziale si dà atto che il conduttore lo ha esaminato e lo ha trovato adatto alle proprie necessità (quindi avendone chiaramente contezza in ordine alla consistenza), e tale doveva essere la consapevolezza e la chiarezza delle parti in ordine alla sua estensione che la concessione in godimento di una ulteriore porzione (fatto pacificamente riconosciuto dalle parti, doc. 10 parte convenuta) è stata oggetto di ulteriore convenzione, anche se il dato maggiormente dirimente e che qualifica la capziosità della opposizione (e della specifica eccezione) è costituito dal pacifico godimento per un decennio (il contratto è del 2012) del bene da parte del conduttore senza eccezioni e senza obiezioni di sorta, manifestando dubbi sulla consistenza dei locali solo in sede giudiziale, ove è stato convenuto per il suo inadempimento.


Quanto alla prova dei pagamenti in contanti, va osservato che il capitolo di prova dedotto da parte convenuta appare del tutto decontestualizzato e generico, omettendo di riferire modalità di tempo e di luogo così che rimettere al teste la deposizione su pagamenti per 12.500 euro senza specificare con quali modalità siano avvenuti, da parte di chi e in quale luogo siano stati effettuati, lasciando risposta totalmente aperta, costituisce capitolazione non conforme al dettato dell'art 244 c.p.c. e finisce per violare significativamente il diritto di difesa della parte poiché – di fatto – rende impossibile articolare prova contraria: “In proposito, non sembra superfluo rimarcare


- in sintonia con l'orientamento ripetutamente espresso dalla Corte territoriale - che "il necessario giudizio circa la rilevanza di una prova testimoniale – che: a) deve essere formulato in via officiosa, vale a dire anche senza un'eccezione della controparte; da ultimo, Cass. 19.1.2018, n. 1294; b) è uno dei due presupposti indispensabili per l'ammissibilità, insieme con la conformità dell'articolazione e della richiesta alle regole processuali; c) postula e giustifica il requisito basilare della specificità dei capitoli di prova ex art. 244 c.p.c. – sussiste se sia positivamente valutabile a priori l'idoneità dei fatti, prospettati dalla parte e da chiedere ai testimoni, a costituire il fondamento del diritto azionato. Con la precisazione che il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, 1° co., c.p.c., rivolgendo al teste le domande utili a chiarire i fatti oggetto della sua deposizione, non può, in ogni caso, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio (Cass. 12.6.2015, n. 12192), perché – è esplicativo aggiungere – si verificherebbe altrimenti (cioè, se bastasse una generica istanza istruttoria della parte onerata della prova, con delega al giudice di cercare il riscontro adeguato, orientando l'assunzione delle testimonianze verso tale obiettivo) un'irregolare inversione dell'iter processuale configurato dal codice di rito e un vulnus nello svolgimento del processo, in pregiudizio dell'altra parte" (Trib. Foggia sez. lavoro 10.5.2023 n. 1658).


E ancora “La richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova e alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa” (Cass. 24377/2021. Cass 20997/2011, che ha ritenuto inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa).


E ciò anche a voler tacere che i poteri officiosi di indagine e di integrazione probatoria del giudice nel rito locatizio sono certamente ristretti rispetto a quello del lavoro, posto che - a mente dell'art. 447 bis c.p.c. - risulta applicabile alle controversie in materia di locazioni unicamente il comma I dell'art. 421 c.p.c.


Ai fini della ammissibilità della prova totalmente generica e come tale inammissibile, dedotta dalla convenuta in ordine agli asseriti pagamenti in contanti, a nulla rileva il doc. 10, che attesterebbe un ridottissimo pagamento in contanti (e nulla dice sugli ulteriori e rilevanti sui quali è stata dedotta prova testimoniale) e che è comunque stato disconosciuto da parte attrice all'udienza del 30.9.2022, del quale la convenuta non ha chiesto la verificazione, di talché non può essere utilizzato quale prova documentale nel giudizio.


Parimenti infondata appare la richiesta di risarcimento dei danni subiti dalle attrezzature della convenuta a seguito dei distacchi di corrente, poiché non vi è alcuna prova che tali asseriti danni si riferiscano a conseguenze causalmente connesse con la condotta di parte attrice, né pare idoneo a fornire tale prova il capitolo B) dedotto dalla convenuta nella memoria integrativa, totalmente inammissibile per genericità e inconferenza, non contenendo alcun riferimento concreto e temporale né alcuna descrizione degli accadimenti che consenta di connettere oggettivamente e soggettivamente i lamentati danni alle circostanze e condotte dedotte in atti (anche laddove il teste ammetta di aver assistito a improvvise interruzioni di corrente, senza che siano indicate data e modalità, né conseguenze concrete, la dichiarazione risulterebbe inutile ai fini del giudizio, in assenza di alcuna prova o allegazione -ad esempio relazione tecnica di parte - sul nesso causale fra i lamentati danni e tali distacchi, non potendo certamente essere rimesso al teste giudizio sul punto).


Parimenti appare incomprensibile il nesso di causa che si pretenderebbe di stabilire fra il subito furto e la condotta del locatore, vieppiù alla luce dell'art. 11 della pattuizioni contrattuali, mentre risulta del tutto non provato (per il vero, neanche dedotto a prova) che le lamentate infiltrazioni abbiano comportato un diminuito godimento del bene, che legittimasse una riduzione dei canoni, né risulta non solo documentata ma neanche dedotta in alcun modo l'entità degli esborsi che la conduttrice afferma di aver sostenuto per interventi di manutenzione straordinaria; nulla appare provato né dedotto in ordine alla loro ripetibilità nei confronti del locatore.


Quanto alla autoriduzione del canone per il periodo emergenziale, secondo la giurisprudenza di questo Tribunale, già richiamata nell'ordinanza 25.10.2022, non può ritenersi sussista alcun automatismo connesso alle restrizioni di quel momento, così che ove risulti sussistente una diminuita possibilità di utilizzazione (che nel caso di specie non è stata né specificamente dedotta né, tantomeno, provata) riconducibile a fatto non imputabile alle parti, e costoro non addivengano a una riduzione negoziale, dovrà essere specificamente provata l'incidenza delle misure sulla attitudine del bene a rendere l'utilità dedotta in contratto, a fronte della quale potrà eventualmente essere richiesta in via giudiziale una riconduzione ad equità del vincolo sinallgmatico (Rel. Massimario 8.7.2020 . n.56) posto che “La normativa emergenziale emanata nel corso della pandemia da covid-19 non prevede una sospensione dell'obbligo di corrispondere i canoni di locazione o di diminuirne l'importo ad nutum del conduttore: dirimente in tal senso è la circostanza per cui gli interventi governativi in materia locatizia si sono limitati a concedere agevolazioni di natura fiscale in favore delle imprese la cui attività è stata sospesa a seguito delle misure restrittive "anti coronavirus", ma non hanno concesso un'esenzione dal pagamento dei canoni, e ciò sta a significare una ben precisa volontà del legislatore di non far venir meno né limitare l'obbligazione di versare il canone stesso” (Trib. Firenze 18.5.2022 n. 1447) .


Va infatti rilevato che, per pacifica giurisprudenza, ai fini dell'azione di sfratto per morosità (che certamente rappresenta domanda di risoluzione del vincolo per inadempimento del conduttore, azionata in via sommaria, rimanendo in tal senso del tutto insondabile la tesi affermata dalla convenuta che ' la procedura di sfratto non presuppone una domanda di risoluzione contrattuale in quanto la disciplina non si applica alle Locazioni NON abitative”) a parte attrice incombe unicamente l'onere di provare la sussistenza di una legittima fonte di obbligazione (rappresentata dal contratto di locazione ritualmente stipulato e registrato), adducendo l'inadempimento grave della conduttrice, mentre incombe al convenuto la prova dei fatti modificativi/estintivi ex art 2697 comma II c.c., onere al quale, come si è detto, non ha assolto.


Va infine osservato che, in ogni caso, a fronte di una morosità individuata dal locatore in euro 19.092,00 nei conteggi effettuati nelle memorie difensive finali (che non hanno trovato alcuna contestazione nelle note di parte convenuta del 1.10.2023) l'eventuale versamento in contanti – anche ove fosse provato, e così non è stato – lascerebbe residuare una morosità pari a quasi settemila euro, importo che, a fronte della prestazione dedotta in contratto, rappresenta circa una annualità, inadempimento che comunque integrerebbe gli estremi di cui all'art. 1455 c.c.


Delle vicende di eventuale rilievo penale le parti avranno l'opportunità di discutere nelle competenti sedi, poiché quanto dedotto nelle querele depositate in atti non può costituire ragione di prova alcuna a favore o a carico dell'altra, rappresentando – allo stato – mere dichiarazioni unilaterali.


Le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate possono essere liquidate in misura prossima ai medi di scaglione previsto dal D.M. 147/2022 avuto riguardo al decisum


PQM

P.Q.M.


Il Tribunale definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe


Dichiara risolto per inadempimento grave del conduttore il contratto di locazione 8.6.2012 stipulato dalle parti e condanna M. di B.B. & C. s.n.c. a versare a ZM. S.r.l. la somma di € 19.092,00 per canoni scaduti, oltre interessi ex D.lgs. 231/2002 dalle singole scadenze al saldo.


Condanna M. di B.B. & C. s.n.c. a rilasciare immediatamente l'immobile sito in Carrara Via (omissis), ove ciò già non sia avvenuto, secondo quanto disposto con ordinanza 25.10.2022 in favore di ZM. S.r.l.


Respinge ogni altra domanda delle parti, ivi compresa la riconvenzionale avanzata dalla convenuta Condanna M. di B.B. & C. s.n.c. alla refusione delle spese di lite in favore di ZM. S.r.l. che liquida in euro 200 per esborsi e euro 5.388,00 per competenze ex dm 147/2022, oltre spese generali 15% e accessori di legge.


Così deciso dal Tribunale di Massa il 21/11/2023


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