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Rapporto di lavoro tra un allenatore sportivo professionista e società sportiva

Cassazione sentenza n. 354/1996
OMISSIS
Svolgimento del processo

C. G. ricorreva al Pretore di P. contro la Ass. Calcio P. s.r.l., per sentirla condannare alle differenze dovutegli a titolo di compenso, indennità per la supervisione e coordinazione del settore giovanile e premi partita ed altri accessori contemplati dal contratto del 24 giugno 1988 con il quale gli era stato affidato l'incarico di allenatore sportivo responsabile della prima squadra, per l'annata calcistica 1988/89. Chiedeva, altresì, il risarcimento del danno per la differenza non percepita in relazione al mancato esercizio del diritto di opzione per la successiva annata, con previsione di un compenso di L. 150.000.000 rispetto al contratto stilato con altra associazione calcistica per tale annata.

La convenuta si costituiva, invocando, quale unica fonte negoziale tra le parti, il contratto federale, pienamente adempiuto fino al recesso del contratto, esercitato dalla società nel mese di novembre 1989.

Il Pretore accoglieva la domanda, con esclusione della sola richiesta risarcitoria.

La Associazione P. calcio proponeva appello, cui resisteva il G..

Il Tribunale di P., con sentenza del 6 maggio 1993, in parziale riforma della sentenza del Pretore, rigettava la domanda relativa all'indennità di L. 20.000.000 per la supervisione e coordinazione del settore giovanile e per la somma di L. 4.470.588 a titolo di premi partita.

Il G. ha proposto ricorso per cassazione illustrato da memoria. L'associazione ha depositato controricorso e ricorso incidentale.

Motivi della decisione

I due ricorsi vanno riuniti in quanto avverso la medesima sentenza.

Col primo motivo del ricorso principale si assume la violazione o falsa applicazione degli artt. 2094 c.c. e segg., artt. 2222 c.c. e segg. e artt. 2229 c.c. e segg. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Deducendo essere pacifico che nel caso di specie tratterebbesi di rapporto di lavoro subordinato, si afferma l'erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto "che tanto la prestazione, dedotta in contratto, della supervisione e coordinamento del settore giovanile (con i pattuiti relativi compensi), quanto i compensi ad incentivo (premi di partita) potessero costituire, rispettivamente, oggetto e controprestazione di un rapporto giuridico diverso: nella specie, di un contratto d'opera, ovvero di una prestazione d'opera intellettuale". Che, all'opposto, dalla qualificazione di lavoro subordinato del rapporto del quale trattasi doveva discendere il pagamento di tutti i compensi pattuiti o quanto meno il Tribunale avrebbe dovuto dare puntualmente conto, in presenza di una prestazione di energie lavorative, del fatto che una delle diverse mansioni previste in contratto (la supervisione e il coordinamento del settore giovanile) o alcuni dei compensi pattuiti (premi di partita), dovevano essere ricondotti ad uno schema contrattuale diverso da quello del lavoro subordinato.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale ha dato atto della sussistenza di due contratti contestuali: uno di lavoro subordinato, avente ad oggetto il vero a proprio allenamento della prima squadra; l'altro di prestazione d'opera, relativo al coordinamento e alla supervisione del settore giovanile, per il quale era previsto l'ulteriore e diverso compenso di venti milioni. Per tale secondo contratto, il Tribunale ha ritenuto non provato che sia stata svolta la relativa attività, per cui ha escluso il compenso.

Il ricorrente sostanzialmente nega che vi siano stati due distinte, sia pur contestuali, pattuizioni: una da cui scaturiva un rapporto di lavoro subordinato, l'altro da cui discendeva una prestazione d'opera. La sua affermazione, però, nel presente motivo, resta apodittica. All'opposto, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, esso deve contenere tutti gli elementi a sostegno della doglianza. Il ricorrente ha omesso, invece, di spiegare quali circostanze sosterrebbero la sua tesi, dal momento che il Tribunale ha ben illustrato e messo in evidenza che la duplicità dei contratti discende dalla natura di incarico separato e supplementare di quello in esame rispetto all'altro principale, avente ad oggetto il vero e proprio allenamento della squadra principale.

Il Tribunale è pervenuto, pertanto, all'esatta conclusione che, non essendo stato detto incarico parallelo, eseguito, non essendo ancora la stagione entrata nel vivo al momento dell'esonero, per esso non spetti compenso.

Per quanto attiene i premi partita, l'attore li reclama, come si legge nella sentenza impugnata, "stante la propria presenza per 10 giornate di campionato".

Il Tribunale ha escluso la voce in parola, non avendo l'attore dimostrato "se e quali risultati utili di campionato fossero stati raggiunti dalla squadra in tale periodo in cui egli ne era alla guida".

Il ricorrente non contesta tale mancata prova; ricollega, soltanto, i premi all'asserita natura subordinata del rapporto. Sennonché, attesa la natura tipicamente eventuale dei premi, legata al risultato, una volta indimostrato quest'ultimo, risulta, del pari, indimostrata la loro spettanza.

Col secondo motivo si afferma la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1368, 1369 e 1371 c.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Si lamenta che il Tribunale abbia scisso il contratto iniziale del 24 giugno 1988 in due convenzioni: una relativa a un rapporto di lavoro subordinato, l'altro di lavoro autonomo. Si ribadisce che, invece, si sarebbe trattato di un unico rapporto di lavoro subordinato e, quindi della previsione di un unico rapporto lavorativo, con specificazione delle mansioni e dei compiti.

Nel presente motivo si colma la lacuna rilevata in quello antecedente, riportando i seguenti brani del contratto:

"(il G.) viene assunto dalla P. Calcio s.r.l. per la stagione sportiva 1988/89 con la qualifica di allenatore responsabile tecnico della prima squadra alle seguenti condizioni: ...............

2) le parti interessate convengono inoltre per un'indennità pari a lire 20.000.000 per la supervisione e la coordinazione del settore giovanile.

3) ..........

4) i premi partita sono stabiliti in lire 200.000 a punto fino a 37 punti e da 37 punti a seguire sono stabiliti in lire 2.000.000".

Orbene: va ricordato che l'interpretazione del contratto rientra nell'esame del fatto e, pertanto, essa può essere esaminata in questa sede solo per quanto attiene la violazione dei canoni ermeneutici e il difetto di motivazione. In particolare l'esame di questa Corte non può estendersi alla valutazione di una interpretazione alternativa.

Nel caso di specie, il Tribunale ha interpretato il contratto in esame senza violare canoni ermeneutici, che neppure il ricorrente ha potuto specificamente indicare ed offrendo una motivazione logica e sufficiente. Non ricorre, infatti, l'accennata violazione dell'art. 1371 c.c., perché il contemperamento degli interessi delle parti non portava certo ad imporre il compenso per attività non prestata (quale la supervisione e il coordinamento della squadra giovanile) o obiettivi non dimostrati (in relazione ai premi).

Col terzo motivo, si assume la violazione degli artt. 2, 3 e 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91. Falsa applicazione dell'art. 2237 c.c.

Si deduce l'erroneità della sentenza del Tribunale anche alla luce della normativa speciale sul lavoro sportivo.

Si assume che l'art. 4 della legge n. 91 del 1981 fissa la disciplina del lavoro subordinato sportivo e l'art. 3 della legge n. 91 individua, nel suo secondo comma, particolari ipotesi di lavoro sportivo che assumono i caratteri del lavoro autonomo. Che da nessuna di tali norme si può dedurre che una parte delle mansioni affidate al ricorrente rientrasse tra quelle classificate nel lavoro autonomo.

Il motivo è infondato.

Proprio l'art. 3 della legge n. 91 citato dal ricorrente consente un rapporto di lavoro autonomo per i casi in cui (b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; c) la prestazione che è oggetto del contratto ... non superi otto ore settimanali, oppure cinque giorni ogni mese, ovvero trenta giorni ogni anno".

Orbene per la prestazione relativa alla supervisione dell'attività giovanile, neppure il ricorrente ha dedotto un impegno superiore a quello previsto dal suddetto articolo.

Col quarto motivo si assume la violazione degli artt. 1322, 1453 e 1223 c.c. Omesso esame di fatto decisivo.

Si assume che il regolamento della pattuizione aggiuntiva (supervisione e coordinamento del settore giovanile) deve considerarsi astratto dal regolamento della pattuizione principale. Da ciò conseguirebbe che, rientrando nell'ambito del negozio complesso atipico, tutto il negozio risulterebbe assoggettato alla disciplina giuridica che regola l'aspetto dominante delle pattuizioni. Che la società, rifiutando la prestazione del G., si sarebbe posta nella posizione di un creditore in mora, per cui sarebbe stata tenuta, comunque, all'adempimento dell'obbligazione prevista.

Il motivo è infondato e va disatteso. Si è già detto che il Tribunale ha ravvisato nell'unico testo negoziale due distinti contratti e che tale motivazione appare corretta, stanti i diversi compensi e i diversi oggetto e causa ovverosia le diverse modalità di esecuzione, il primo riguardando l'allenamento della squadra principale, il secondo soltanto la supervisione e il coordinamento della squadra giovanile, cioè un mero controllo, da presumersi, come tale, saltuario e occasionale, della formazione operata da altri dei giovani atleti.

Si è già detto che, avendo il Tribunale motivato correttamente, non è assumibile in questa sede, un'interpretazione alternativa.

Trattandosi, dunque, di un contratto di locazione d'opera, ex art. 2237 c.c., la società non era tenuta al compenso per l'opera non prestata, indipendentemente dalla causa del recesso.

Col quinto motivo si assume l'insufficiente e contraddittoria motivazione su altro punto decisivo della controversia.

Si lamenta che il Tribunale, a proposito del compenso richiesto per il coordinamento e la supervisione del settore giovanile abbia dedotto: "non va, peraltro, escluso, per quanto emerge dagli atti, che (il G.) abbia comunque, percepito L. 3.000.000 a stralcio e forfettariamente al predetto titolo".

Il motivo è infondato.

La suddetta frase della sentenza impugnata contiene un'enunciazione ininfluente, una volta ritenuta la totale non spettanza del compenso esaminato. Trattasi, dunque, di obiter dictum di nessun rilievo ai fini della decisione.

Col ricorso incidentale, la società lamenta, ex art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c., che il Tribunale abbia escluso l'efficacia novativa del contratto federale 25 luglio 1988 e di conseguenza non abbia respinto la pretesa del G. a L. 13.100.000 a titolo di differenze compenso. Che la suddetta somma riguardava il rimborso spese, non spettante al G. dopo l'esonero, avendo egli lasciato P. e non avendo subito esborsi per spese dopo tale evento.

Il ricorso è infondato.

Sono stati già ricordati nell'esame del ricorso principale, i limiti posti a questa Corte circa l'interpretazione dei contratti. Il Tribunale, nell'esaminare i due contratti successivi, quello individuale e quello federale, ha escluso essersi verificata una novazione. Si è già detto che questa Corte non può assumere un'interpretazione alternativa. Il ricorrente incidentale non ha dedotto quali canoni ermeneutici sarebbero stati violati né perché il ragionamento del Tribunale sarebbe illogico o insufficiente, limitandosi ad offrire una diversa interpretazione del secondo contratto, cui attribuisce carattere totalmente novativo: deduzione, questa, così come proposta, inammissibile in questa sede, perché non preceduta dalla dimostrazione di un vizio di motivazione nella sentenza impugnata.

Per quanto attiene la somma di L. 13.100.000, il Tribunale l'ha considerata come residuo del compenso di 48 milioni pattuito con contratto individuale del 26 giugno 1988, spettante al Gio. Il diverso, titolo (rimborso collegato all'effettiva erogazione delle spese) indicato dalla società presuppone un nuovo esame del fatto che è precluso a questa Corte.

Ambo i ricorsi vanno, dunque, rigettati. La reciproca soccombenza comporta, fra le parti, la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi.

Compensa, fra le parti, le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso il 25 ottobre 1995.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 GENNAIO 1996.

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