Icone

                               
Formulario è un servizio gratuito. Aiutaci a mantenere aperta la partecipazione a tutti, semplicemente cliccando "Mi piace". A te non costa nulla, per noi vuol dire molto

Art. 1218 - Responsabilità del debitore

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

___________

Giurisprudenza sull'art. 1218 c.c.

Cass., massima sent. n. 18649 del 12.09.2011
L'assicurato che voglia invocare la responsabilità c.d. ultramassimale del proprio assicuratore della responsabilità civile auto (rca) per "mala gestio" ha l'onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda. Il danneggiato, invece, non può far valere contro l'assicuratore, come diritto proprio, il diritto al risarcimento del danno che, nel rapporto di assicurazione, deriva all'assicurato dal pregiudizio che l'assicuratore gli cagiona non eseguendo la sua obbligazione in buona fede (cd. "mala gestio" propria). Ne consegue che è onere del danneggiato proporre l'azione surrogatoria, sostituendosi al proprio debitore inerte, essendo questo l'unico rimedio idoneo a consentirgli di ottenere in suo favore la sentenza di condanna dell'assicuratore, nei limiti in cui l'avrebbe potuta ottenere l'assicurato.

Cass., massima sent. n. 108 del 08.01.1999
Se vi è un inadempimento contrattuale, il terzo il quale abbia, dolosamente o colposamente, contribuito causalmente alla condotta inadempiente di una delle parti, è altresì tenuto al risarcimento del danno, a titolo extracontrattuale, in solido con il contraente inadempiente, se è dimostrata l'esistenza d'un valido nesso di causalità tra il danno subito dal creditore e la condotta del terzo.

Cass., massima sent. n. 19879 del 29.09.2011
Il giudice, ai fini della valutazione della sussistenza dell'inadempimento nei contratti sinallagmatici, alla luce dei criteri legali e, primo fra tutti, quello  ex art. 1375 c.c. (esecuzione del contratto secondo buona fede), il quale impone di evitare il pregiudizio dell'interesse della controparte alla corretta esecuzione dell'accordo ed al conseguimento della relativa prestazione, non potendosi invocare a giustificazione l'altrui errore, ove agevolmente rilevabile e rimediabile senza dover sopportare sforzi o costi sproporzionati al risultato - deve tener conto di tutte le circostanze rilevanti e, segnatamente, delle eventuali negligenze di entrambe le parti, l'una nei confronti dell'altra, non essendo sufficiente che abbia riguardo alla condotta, ancorché negligente, di una sola di esse. 

Cass., massima sent. n.  11717 del 05.08.2002
In materia di responsabilità contrattuale, l'art. 1218 c.c. è strutturato in modo da porre a carico del debitore, per il solo fatto dell'inadempimento, una presunzione di colpa superabile mediante la prova dello specifico impedimento che abbia reso impossibile la prestazione o, almeno, la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell'impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore. Peraltro, perché l'impossibilità della prestazione costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, non basta eccepire che la prestazione non possa eseguirsi per fatto del terzo ma occorre dimostrare la propria assenza di colpa con l'uso della diligenza spiegata per rimuovere l'ostacolo frapposto da altri all'esatto adempimento. Ne consegue che, al fine di esonerare da responsabilità il promittente compratore il quale giustifichi il proprio inadempimento dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo, con il rifiuto del terzo di sgomberare l'immobile locato, il giudice del merito non può considerare tale rifiuto, di per sé, quale causa esonerativa da responsabilità senza accertare la legittimità dello stesso e senza indagare sull'eventuale attività svolta dal promittente compratore per superarne le ragioni, se legittime e, in caso contrario, per rimuovere in altro modo l'ostacolo frapposto dal terzo.

Cass., massima sent. n. 15991 del 21.07.2011
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità civile, in base ai principi di cui agli articoli. 40 e 41 c.p., qualora le condizioni ambientali od i fattori naturali che caratterizzano la realtà fisica su cui incide il comportamento imputabile dell'uomo siano sufficienti a determinare l'evento di danno indipendentemente dal comportamento medesimo, l'autore dell'azione o della omissione resta sollevato, per intero, da ogni responsabilità dell'evento, non avendo posto in essere alcun antecedente dotato in concreto di efficienza causale; qualora, invece, quelle condizioni non possano dar luogo, senza l'apporto umano, all'evento di danno, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile. Ne consegue che, a fronte di una sia pur minima incertezza sulla rilevanza di un eventuale contributo "concausale" di un fattore naturale (quale che esso sia), non è ammesso, sul piano giuridico, affidarsi ad un ragionamento probatorio "semplificato", tale da condurre "ipso facto" ad un frazionamento delle responsabilità in via equitativa, con relativo ridimensionamento del "quantum" risarcitorio. 

Nessun commento:

Posta un commento