Icone

                               
Formulario è un servizio gratuito. Aiutaci a mantenere aperta la partecipazione a tutti, semplicemente cliccando "Mi piace". A te non costa nulla, per noi vuol dire molto

Buca su strada - danno - motorino - risarcimento

Sentenza tribunale di Taranto, Sez. III, Sentenza del 16.10.2012

OMISSIS

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato il 28-11-2008, B.R. e B.G. hanno esposto che in data 24-2-2007 intorno alle ore 17,30 il primo, allora minore e figlio del secondo, percorreva alla guida del ciclomotore Piaggio tg.(...) di proprietà del padre la via M.P. nell'abitato di T., quando,, a causa di una grossa buca non segnalata invisibile ed imprevedibile ,era caduto per terra, subendo lesioni personali analiticamente indicate ,oltre che danno al motociclo. Hanno convenuto pertanto dinanzi a questo Tribunale il Comune di Taranto, quale affermato responsabile dell'accaduto in quanto proprietario della strada e tenuto alla sua manutenzione,chiedendone il primo la condanna al ristoro del danno alla persona e per spese mediche subiti, ed il secondo al risarcimento del danno al motociclo, nelle misure rispettivamente indicate.oltre rivalutazione, interessi e spese di lite. Si è costituito il Comune il quale ha contestato la propria legittimazione passiva, ed in subordine la propria responsabilità nella determinazione del sinistro e la quantificazione della pretesa, instando per il rigetto della domanda con vittoria di spese di lite.

La domanda deve essere accolta, per quanto di ragione. In ordine all'eccezione di difetto di legittimazione passiva, il Comune di Taranto ha dedotto che la via M.P. non farebbe parte del proprio demanio, richiamando a sostegno uno scritto (prot.49247 dell'1-4-2009 della Direzione Lavori Pubblici e patrimonio) non rinvenibile nella produzione del resistente. In quest'ultima è invece presente nota prot.39763 del 16-3-2009 a firma del p.i. S.M., responsabile del procedimento apertosi a seguito della richiesta di risarcimento , nella quale si afferma che la via M.P. non sarebbe acquisita al demanio stradale comunale. E' stata tuttavia prodotta da parte attrice, nel corso dell'udienza del 27-5-2010, nota prot. 41838 dell'11-3-2010, a firma del Dirigente della Direzione Patrimonio e Lavori Pubblici-Servizio Demanio del Comune di Taranto, nella quale ,in riscontro a richiesta di accesso documentale del legale di parte attrice ex L. n. 241 del 1990, si afferma che per mero errore detta via era stata indicata, in precedente comunicazione del 10-3-2009, come estranea al demanio comunale, quando invece era in esso ricompresa, come già indicato con precedente nota prot. n.176 del 14-7-2009, inviata al Servizio sinistri del Comune convenuto. Tale ultima produzione non è stata contestata in maniera specifica, e deve considerarsi, quanto alle sue risultanze, maggiormente attendibile rispetto alla nota esibita dal Comune, sia perché di data posteriore a questa,sia perché direttamente proveniente dall'Ufficio avente competenza specifica in materia di cura dei beni demaniali comunali;si deve quindi ritenere che al momento del sinistro la via Pierri rientrasse nel demanio dell'Ente convenuto. La produzione della nota prot. 41838 dell'11-3-2010 all'udienza del 27-5-2010, successiva alla scadenza dei termini perentori concessi ex art.183-6comma c.p.c., con l'espressa dichiarazione di volersene avvalere e l'istanza al giudice di utilizzarli ai fini della decisione, comporta implicitamente la richiesta di esercizio del potere di rimessione in termini ai sensi dell'art. 184-bis c.p.c. (applicabile al presente giudizio in ragione della data di sua proposizione), che riguarda tipicamente le preclusioni attinenti alla fase istruttoria (v.Cass.25-5-1998 n.5197). L'utilizzabilità del documento prodotto tardivamente presuppone ,come è evincibile dalla norma da ultimo citata, la ricorrenza di una causa non imputabile che non ne abbia reso possibile l'esibizione in momento anteriore alla scadenza delle preclusioni istruttorie. Tale evenienza ricorre tipicamente con riferimento ai documenti di formazione sopravvenuta alla scadenza dei termini perentori ex art. 183-6 comma c.p.c. (già intervenuta nell'anno 2009), essendo in tal caso l'omessa iniziativa processuale non riconducibile ad alcuna negligenza o trascuratezza della parte interessata;e ciò a più forte ragione, e per evidenti esigenze di economia processuale, ove la produzione sia intesa a dimostrare la sussistenza delle condizioni dell'azione (legitimatio ad causam, ed interesse ad agire) dovendo queste sussistere sino al momento della decisione della causa, ed essendo la loro carenza rilevabile anche di ufficio (v.Cass. 17-12-1986 n.7622;id.6-4-1983 n.2406).

In fatto, e per quanto concerne la dinamica del sinistro,il teste P. ha riferito di avervi assistito nelle circostanze di tempo e luogo di cui in citazione, trovandosi in compagnia di B.R. alla guida anch'egli di un ciclomotore, e seguendo quello condotto dall'attore. Il P. ha riferito che ad un certo punto, durante la marcia "il motorino del sig. B. si inclinava sul fianco destro facendo cadere il B. frontalmente", aggiungendo che, avvicinatosi per soccorrerlo, si era accorto "della presenza di una buca profonda nella quale la ruota del ciclomotore era andata a finire". Il teste ha confermato che in quelle occasioni R.B. riportò lesioni ("mi accorgevo che il B. aveva il volto coperto di sangue....aveva perso un dente aveva il labbro rotto ed abrasioni varie". Egli ha aggiunto che la strada non era in quel punto illuminata ,e che l'impianto di pubblica illuminazione era spento;ha riconosciuto nei fotogrammi prodotti la strada ove avvenne il sinistro (pure affermando che la sera dell'incidente la strada si presentava in condizioni di manutenzione migliori di quelle raffigurate nelle fotografie). Il teste ha inoltre riconosciuto nei fotogrammi prodotti da parte attrice il ciclomotore Piaggio 50 condotto nell'occasione dal B..

Tali essendo le risultanze istruttorie, la sussistenza di responsabilità del Comune di Taranto nella sua qualità di custode del tratto di strada urbana ove si verificò il sinistro,deve valutarsi ai sensi dell'art. 2051 c.civ..

In conformità all'orientamento della S.C. (cfr. Cass. n. 15383-2006), deve affermarsi che l'obbligo di custodia sulla pubblica via, posto a fondamento della richiamata fattispecie di responsabilità, non può sempre ritenersi escluso in ragione della mera demanialità del bene, della sua estensione e dell'uso generalizzato cui il medesimo è sottoposto. Si tratta, infatti, di mere figure sintomatiche di una impossibilità di custodia che possono trovare smentita, secondo l'iter motivazionale fatto proprio dalla Corte di legittimità, allorchè la strada sia collocata all'interno del perimetro urbano, di norma meglio presidiato dalla autorità comunale, giacchè detta inclusione è, a sua volta, figura sintomatica dell'effettività del potere di controllo che in genere grava sul proprietario del bene. In quest'ultimo caso, non essendovi prova di una obiettiva impossibilità di vigilanza della medesima, il proprietario del bene demaniale è di norma chiamato a rispondere in qualità di custode secondo il criterio di imputazione oggettivo dell'art.2051 c.civ.. Nel caso di specie non è stato contestato che il fatto lesivo sia avvenuto all'interno della perimetrazione urbana del Comune di Taranto. Ciò costituisce elemento presuntivo ,avverso il quale il convenuto non ha fornito elementi in contrario, della possibilità di quest'ultimo di esercitare il potere di controllo che giustifica l'applicazione dei principi posti dall'art.2051 c.civ., invocati da parte attrice, sia pure in alternativa alla comune responsabilità ex art.2043 c.civ., Stabilita l'applicabilità dell'art.2051 c.civ., (e non soltanto del dettato dell'art.2043 c.civ. il quale ultimo avrebbe comportato .secondo diffuso orientamento, l'onere del danneggiato dì dimostrare la invisibilità ed imprevedibilità dell'insidia), va ricordato che chi proponga domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c., in relazione alle condizioni di una strada, ha l'onere di dimostrare le anomale condizioni della sede stradale e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato. È onere del custode convenuto in risarcimento, invece, dimostrare in ipotesi l'inidoneità in concreto della situazione a provocare l'incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno (cfr. per tali principi , Cass. 18 dicembre 2009, n. 26751, in ipotesi di danni conseguenti alla caduta da una motocicletta per le condizioni del manto stradale). Il danneggiato ha pertanto l'onere di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, originariamente posseduta, o successivamente assunta, dalla cosa considerata nella sua globalità (e non anche nelle sue singole componenti specificamente pericolose), e senza che risulti, altresì, necessaria la dimostrazione della inesistenza di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo propria del custode e, quindi, per lui inevitabili (cfr.Cass. 6 agosto 1997 n. 7276). A carico del custode è invece la dimostrazione di eventuale caso fortuito (fatto del terzo o evento naturale; fatto colposo del danneggiato) e cioè di "un fatto dotato di impulso causale autonomo avente carattere di inevitabilità" ( cfr. Cass. 13 maggio 1997 n. 4196). Facendo applicazione di tali principi,l'attore ha dato dimostrazione delle anomale condizioni del manto stradale della via Pierri al momento della caduta, e dell'idoneità di quelle condizioni a provocarla. La deposizione del teste oculare P., della cui attendibilità non v'è apprezzabile motivo di dubitare in quanto coerente e circostanziata, vale a dimostrare l'esistenza di causalità materiale tra imperfette condizioni del manto stradale e perdita del normale assetto di marcia (avendo il teste riferito del riscontro, negli istanti immediatamente seguenti la caduta del B. "della presenza di una buca profonda nella quale la ruota del ciclomotore era andata a finire"), nonché dello stesso nesso eziologico tra condizione imperfetta dell'asfalto e lesioni riportate. Fornita questa prova, spettava al convenuto dare dimostrazione del caso fortuito,ossia di una circostanza a sè non imputabile (fatto gravemente colposo del danneggiato o di un terzo,fattore naturale imprevedibile ed inevitabile) idonea ad escludere completamente il nesso eziologico giuridicamente rilevante tra condizione anomala della cosa in custodia e danno. Tale dimostrazione non è stata raggiunta. In particolare non è stato provato che la velocità tenuta dal B. fosse superiore ai limiti consentiti; nè il mantenimento di eccessiva velocità può desumersi dalle lesioni subite dall'attore,posto che risponde alla comune esperienza come anche una caduta a bassa velocità da un motociclo, per sua natura privo di protezioni per il conducente, sia idonea a provocare lesioni anche gravi. Inoltre non è dimostrato che nel momento in cui si verificò il sinistro (in ora che .considerandosi la stagione invernale, doveva anzi essere prossima al tramonto) vi fosse ancora illuminazione solare .adeguata e di intensità tale da assicurare completa visibilità del manto stradale.

Non può tuttavia essere escluso, alla stregua delle risultanze istruttorie, il concorso del fatto colposo del danneggiato nella verificazione dell'evento lesivo in quanto:a) è da presumere,in mancanza di diversa prova, che in assenza di illuminazione pubblica funzionante, l'attore potesse fare uso diligente del fanale anteriore del ciclomotore; b) la visibilità della strada, seppur ridotta, non doveva essere del tutto nulla, perché altrimenti il teste escusso che seguiva da tergo il B. a poca distanza, non avrebbe verosimilmente potuto scorgere la dinamica del sinistro di cui invece ha riferito; c) proprio le condizioni di non piena visibilità,insieme al fatto che la buca fosse al centro della sede stradale e non fosse di piccole dimensioni, ed anzi piuttosto larga e profonda (si veda il punto 13 dell'atto di citazione e l'indicazione delle sue dimensioni, i fotogrammi prodotti, la relazione di Polizia Municipale prot.71 del 28-2-2007) avrebbero dovuto indurre l'attore a particolare cautela nella fruizione della strada pubblica, attesa anche la naturale instabilità del veicolo utilizzato, e la sua particolare sensibilità alle irregolarità dell'asfalto;d) il fatto che la buca non fosse segnalata non vale ad escludere che l'attore ,ove avesse proceduto con il grado di attenzione adeguato al caso concreto ed eventualmente con l'ausilio del fanale anteriore, avrebbe attendibilmente potuto scorgerla con un certo anticipo, compiendo manovra di emergenza idonea ,quanto meno, a limitare le conseguenze lesive dell'impatto del veicolo con l'anomalia del fondo stradale.

In definitiva, l'evento lesivo è da imputare al concorso tra la particolare condizione della strada pubblica rilevante ex art.2051 c.civ. ,e l'uso non sufficientemente attento e diligente che l'attore ne fece; derivandone che ex art. 1227 -1 "comma c.civ. il risarcimento spettante deve essere ridotto nella misura del 50% ,da reputarsi equa in rapporto alla presumibile incidenza causale del concorso del fatto colposo dell'attore.

Ritenuta raggiunta la prova della concorrente responsabilità ex art.2051 c.civ. dell'Ente convenuto, occorre liquidare in primo luogo il risarcimento del danno alla persona patito da B.R.. Il consulente tecnico d'ufficio, dopo adeguato esame della documentazione clinica in atti,con motivazione adeguata, immune da vizi logici e pertanto condivisibile, ha accertato che B.R. subì per effetto della caduta, trauma frontale con piccole ferite lacero contuse,trauma massiccio facciale con ferite lacero contuse labbro superiore e perdita del primo incisivo superiore a destra, contusione escoriata del polso e mano destra, cervicalgia post-traumatica e contusioni escoriate diffuse ,con postumi permanenti lesivi dell'integrità fisica nella misura del 7%, inabilità temporanea totale di giorni 15, e parziale di giorni 15 al 50 % e di ulteriori quindici giorni al 25%. Per la liquidazione del danno biologico si possono applicare in via equitativa sulla base delle valutazioni del consulente tecnico d'ufficio, i parametri introdotti dal D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, in particolare dall'art. 139 dello stesso (attualizzati secondo la variazione dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertati dall'ISTAT, e da ultimo in base al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 15-6-2012), facendo operare, sempre per il danno biologico permanente, il demoltiplicatore fissato dal medesimo art. 139 in base all'età che aveva chi è stato leso al momento dell'evento(anni diciassette). Sulla scorta di tale riferimento parametrico, il totale risarcibile per danno biologico da invalidità permanente, già rivalutato alla data della presente sentenza, e ridotto della metà ex art. 1227-1 co. c.civ., è pari ad Euro 5052,87. Vanno inoltre computati gli importi (già ridotti della metà ex art. 1227-1 co. c.civ.) di Euro 685,50 per 15 giorni di inabilità temporanea assoluta, di Euro 342,75 per 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 50%, e di Euro 171,37 per 15 giorni di invalidità temporanea parziale al 25%. Gli importi ora detti debbono essere maggiorati ,in sede di adeguata personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale globalmente inteso ,allo scopo di tenere conto dell'ulteriore pregiudizio derivante dalla lesione del diritto all'integrità morale (massima espressione della dignità umana, desumibile dall'art. 2 Cost. ,in relazione all'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, trasfusa nel Trattato di Lisbona ratificato dall'Italia con L. 2 agosto 2008, n. 130), a ristoro dell'afflizione soggettiva e turbamento psichico - pur non trasmodata in vera e propria patologia - che il fatto illecito in questione ha sulla scorta di valutazioni presuntive basate sull'id quod plerumque accidit, generato nella vittima. In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nel procedere alla quantificazione ed alla liquidazione pur dovendo evitare duplicazioni risarcitone, deve infatti tener conto dei diversi aspetti in cui il danno si atteggia nel caso concreto (Cass. 26/5/2011, n. 11609). La liquidazione in parola deve procedere in via equitativa ex arti2056-1 "comma e 1226 c.civ., non potendosi provare il danno nel suo preciso ammontare, giacché il risarcimento per equivalente assume significato di ristoro della lesione di diritti della persona, in concreto non suscettibili di valutazione economica. L'importo che si liquida, pari ad Euro 1200,00 rivalutato all'attualità, e già ridotto della metà ex art. 1227-1 co. c.civ., riviene dall'esame del fatto dannoso, considerando, da un lato sia la non volontarietà delle lesioni, sia l'entità delle stesse (di gravità contenuta nelle cd. micropermanenti, come accertato dal consulente tecnico d'ufficio), e d'altro lato le conseguenze derivatene,ed in particolare la non brevissima convalescenza, e gli interventi sanitari e le terapie subiti ,in specie a motivo della perdita di un incisivo.

Quanto al chiesto danno patrimoniale,spetta il ristoro di metà delle spese mediche documentate e di quelle ancora da affrontare per il trattamento della lesione odontoiatrica;tali spese sono state riconosciute congrue dal CTU), nella misura di Euro 8060,36.Quest' ultima somma va equitativamente rivalutata all'attualità quale debito di valore dalla data del sinistro, e successivamente suddivisa per metà, ammontando così il danno risarcibile ad Euro 4200,00. Al danneggiato B.R. spettano anche gli interessi legali compensativi, giacchè l'equivalente pecuniario soddisfa il credito per il bene perduto, ma non anche le utilità che il controvalore pecuniario avrebbe potuto offrire se fosse stato immediatamente erogato. Tale danno da ritardo si identifica nei frutti della somma di danaro equivalente al valore del bene al momento del fatto, dovuti con decorrenza dalla data del sinistro, cui risale la costituzione in mora ex art.1219-2co. n.1 c.civ.. La S.C. ha infatti confermato (cfr.Cass. 1-7-2002 n.9517;15-1-2001 n.492) la legittimità del cumulo, nei debiti di valore, tra rivalutazione della somma e gli interessi, precisando peraltro che gli interessi vanno calcolati, non già sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata (cfr. Cass. s.u. 1712-1995), bensì, anno per anno, sul valore della somma originariamente dovuta ,e via via rivalutata (in base agli indici Istat) nell'arco di tempo compreso tra l'evento dannoso e la liquidazione. L'ammontare del risarcimento che sarebbe spettato al momento del sinistro, può essere calcolato devastando l'importo attuale del danno (pari ad Euro 11.652,49), secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per operai ed impiegati, dalla data odierna sino al mese di febbraio 2007 .ottenendosi in tal modo la somma di Euro 10.322,10. Pertanto gli interessi legali compensativi dovranno computarsi, a fare data dal 24-2-2007, sulla sorte capitale di Euro 10.322,10 ,e .successivamente, sugli importi rivalutati secondo indici Istat dalla scadenza di ogni anno successivo al giorno del sinistro, sino al saldo effettivo.

Deve essere riconosciuto il danno pari ai costi di ripristino del ciclomotore di proprietà dell'attore B.G., equitativamente liquidabile sulla scorta del preventivo in atti (doc. 15 attore che è stato contestato solo genericamente), e dei fotogrammi che mostrano i danni subiti, in Euro 652,54. Questa somma deve essere rivalutata all'attualità dalla data del sinistro quale debito di valore ottenendosi l'importo di Euro 737,00;la metà risarcibile, aumentata di interessi compensativi dal sinistro all'attualità è equitativamente liquidabile in Euro 410,00.

Le spese di lite .comprensive di oneri di consulenza d'ufficio, vanno poste a carico del Comune soccombente nella misura a liquidarsi in base ai parametri posti dal D.M. n. 140 del 20 luglio 2012 (in G.U. 22-8-2012), immediatamente applicabile alle liquidazioni effettuate dopo la sua entrata in vigore(art.41 D.M. n. 140 del 20 luglio 2012 ult.cit.), e con distrazione per il procuratore antistatario.

P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando così provvede:

accoglie la domanda proposta da B.R. e B.G. nei confronti del Comune di Taranto, per quanto di ragione, e, per l'effetto:

1) condanna l'Ente convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di B.R. delle seguenti somme: a) di Euro 11.652,49 per le causali in motivazione; b) degli interessi legali compensativi da computarsi sulla somma capitale di Euro 10,322,10 con decorrenza dal 24.2.2007 e, successivamente, sugli importi di anno in anno rivalutati secondo indici Istat,e sino al saldo effettivo;

2) condanna l'ente convenuto in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di B.G. della somma di Euro 410,00 per le causali in motivazione;

3) condanna il Comune di Taranto al pagamento in favore di B.G. e B.R. delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3096,58 di cui Euro 2600,00 per compensi ed Euro 496,58 per esborsi, oltre iva e cap da distrarsi per l'avv. Mauro Palminteri, dichiaratosi anticipatario.

Così deciso in Taranto, il 15 ottobre 2012.

Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2012.

Nessun commento:

Posta un commento