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art. 41 c.p. - concorso di cause



art. 41 c.p. - Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.

Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

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giurisprudenza sull'art. 41 c.p.

Cass., massima sentenza n. 2614 del 26.10.2006
Il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo è interrotto, ai sensi dell'articolo 41 c.p., comma secondo, solo nel caso in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato causa all'evento, dovendosi considerare "abnorme" il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.

Cass., massima sentenza n. 35659 del 09.07.2009
Va esclusa la colpa del medico del pronto soccorso che, a seguito di un errore diagnostico, dimette il paziente che necessitava di essere ricoverato e di essere sottoposto ad un urgente intervento chirurgico ed il quale, a causa di tale omissione, sia successivamente deceduto, quando la singolarità e non risolutività del sintomo riscontrato non consentiva di sospettare univocamente di una patologia che avrebbe dovuto imporre il ricovero o ulteriori accertamenti diagnostici.

Cass., massima sentenza n. 28509 del 13.04.2010
Integra la circostanza aggravante di cui all'art. 572, comma secondo, c.p. la condotta di colui che, incaricato di prestare assistenza ad una persona anziana, abbandoni quest'ultima senza cure ed assistenza per un lungo periodo, aggravandone le già precarie condizioni di salute, in quanto ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra maltrattamenti e morte non è necessario che i fatti di maltrattamento costituiscano la causa unica ed esclusiva degli eventi più gravi, stante il principio della equivalenza delle cause o della "condicio sine qua non".

Cass., massima sentenza n. 16123 del 08.07.2010
In tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli art. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio". Ne consegue, con riguardo alla responsabilità professionale del medico, che, essendo quest'ultimo tenuto a espletare l'attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l'omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento stesso.

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