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Posizioni delle parti nell'opposizione

 Cassazione civile sez. I, 03/02/2006, (ud. 22/11/2005, dep. 03/02/2006), n.2421



Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 16 dicembre 1981 il Presidente del Tribunale di Sassari ingiunse alla s.a.s. S. Posatori e Affini il pagamento di L. 25.497.848 alla S.E. r.l..


Questa, nel ricorso diretto ad ottenere l'ingiunzione, assumeva di essere rimasta in credito di detta somma già fatturata (oltre che di altro rilevante importo fatturato e per il quale formulava riserva di azione) a titolo di corrispettivo per aver eseguito lavori stradati di bitumatura in qualità di subappaltatrice della società summenzionata.


Quest'ultima si era aggiudicata tali lavori a seguito di pubblica gara d'appello indetta dal Consorzio di Bonifica Pelau-Buoncamino di Gairo Cardedu (Nuoro).


Con atto di citazione 27 - 29 gennaio 1982 la società ingiunta propose opposizione alla ingiunzione, di cui sopra, dinanzi al Tribunale di Sassari, deducendo che le due fatture prodotte dalla S.E. a sostegno della propria domanda erano state a suo tempo regolarmente pagate.


Costituendosi in giudizio, la società opposta ammetteva di aver errato, esercitando l'azione monitoria, soltanto nella indicazione delle fatture che riteneva scoperte e non nel dedurre la sussistenza del credito, che era soltanto una frazione del credito complessivo nei confronti della opponente ammontante a L. 87.859.066, somma per il cui pagamento aveva proposto separata azione dinanzi allo stesso Tribunale di Sassari.


Chiedeva, pertanto, la riunione di quest'ultima causa alla causa di opposizione all'ingiunzione, essendovi tra le due cause un rapporto di connessione e addirittura di continenza.


Disposta la riunione delle due cause, il Tribunale adito, con sentenza 17 ottobre - 20 dicembre 1997, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la s.a.s. S. Posatori e Affini al pagamento di L. 56.300.766 (ritenendo non dovute L. 31.558.300 per revisione prezzi), osservando che, avendo la stazione appaltante regolarmente collaudata ed accettata senza riserve l'opera nel suo complesso e regolarmente eseguiti i pagamenti, la s.a.s.


subappaltante (che aveva accentrato le sue difese sui vizi dei lavori subappaltati: la bitumazione del manto stradale) non avesse ragioni per contestare tali vizi, peraltro indimostrati.


Avverso detta sentenza la s.a.s. S. Posatori e Affini proponeva appello dinanzi alla Corte d'Appello di Cagliari-Sezione distaccata di Sassari, che con sentenza del 7 luglio 2000, accogliendo l'impugnazione rigettava la domanda della S.E., cui, essendo stata dichiarata fallita, era subentrata l'amministrazione fallimentare.


Avverso tale semenza il Fallimento di S.E.. s.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo illustrato con memoria. La S.P.E.A. - S. Posatori e Affini s.a.s. di Alberto V. & C. ha resistito con controricorso.


Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., comma 2, nella stesura precedente al nuovo rito introdotto con L. 26 novembre 1990, n. 350e degliartt. 115e116 c.p.c.. - Carente e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia.


Deduce il fallimento ricorrente che la società, attuale resistente, aveva dedotto in primo grado esclusivamente che il residuo credito preteso dalla S.E. era insussistente e comunque non dovuto per la ragione che i lavori eseguiti presentavano vizi vari ed inaccettabili. Nessuna obbiezione era stata mossa dalla società S. in ordine alla quantità della subappaltata bitumatura stradale.


Soltanto con l'atto d'appello detta società, sconfessando l'originaria linea difensiva fondata sulle carenti prestazioni ricevute, aveva sostenuto per la prima volta che la bitumatura della strada non era stata eseguita interamente dalla S.E., ma promiscuamente da questa e dalla stessa S..


Deducendo tale circostanza detta ultima società non avrebbe affatto sollevato una eccezione nuova exart. 345 c.p.c.come ritenuto dal Giudice a quo (proponibile alla stregua dell'art. 345 c.p.c., comma 2, nella formulazione anteriore a quella introdotta con la L. 26 novembre 1990, n. 350, art. 52, ed in vigore dal 30 aprile 1995) ed in base alla quale aveva accolto l'impugnazione, ma avrebbe soltanto tentato di mutare inammissibilmente i fatti probatori ormai acquisiti.


In ogni caso, a prescindere dalla natura giuridica del mutamento difensivo della società S. e prima di valutare se esso integrava o no una nuova eccezione o soltanto una nuova versione dei fatti, il Giudice a quo avrebbe dovuto valutare nello spirito degliartt. 115e116 c.p.c.se la seconda linea difensiva della S. era (materialmente) compatibile con la prima, che era nata dal suo spontaneo atteggiamento e quindi da un'implicita confessione.


Il non aver proposto immediatamente tale decisiva difesa ne rivelerebbe la strumentante nella vicenda e l'intento di inquinare le prove che erano già acquisite.


Suonerebbe conferma delle osservazioni che precedono la carente motivazione della impugnata sentenza che non metterebbe a confronto le due versioni per dedurne l'attendibilità della nuova, sostenendo, invece, quest'ultima con circostanze di fatto o del tutto insignificanti, come l'effettuato richiamo alla eseguita apertura al traffico della strada in questione fin dal novembre 1989 o incongrue ed illogiche, come le conseguenze che il Giudice a quo dichiara di trarre dalla mancata emissione di altre fatture a copertura del credito.


Il ricorso è infondato.


Secondo l'insegnamento di questa Corte l'opposizione a decreto ingiuntivi dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale il Giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'ingiungente opposto (che ha posizione sostanziale di attore) e delle eccezioni e difese fatte valere dall'opponente (che assume posizione sostanziale di convenuto) - cfr. in tal senso tra le molteCass. n. 63 del 1989.


Pertanto la posizione sostanziale di convenuto dell'opponente nel giudizio di opposizione impone allo stesso di contestare il diritto vantato all'opposto eccependo l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della pretesa di quest'ultimo o la esistenza di fatti modificativi o estintivi di tale diritto.


Essendo così ripartito l'onere della prova, ne deriva che la società opponente, appellando la sentenza che ha rigettato l'opposizione, con il dedurre che il corrispettivo dei lavori subappaltati dalla stessa alla società opposta (poi dichiarata fallita), costituiti dalla bitumatura di una strada, è stato integralmente corrisposto - essendo stati i lavori eseguiti solo in parte dalla società, della quale è stato dichiarato successivamente il fallimento, e per il resto dall'appellante - contrappone alla pretesa dell'ingiungente opposta di pagamento dei lavori di bitumatura dell'intera strada, originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione, un fatto estintivo, che, in quanto diretto ad ottenere il rigetto di detta domanda, costituisce una eccezione in senso proprio, che, se nuova, deve ritenersi, a norma dell'art. 345 c.p.c.(nel testo precedente alla entrata in vigore dellaL. n. 353 del 1990, applicabile ratione temporis nel caso di specie), sempre proponibile con l'atto di citazione nel giudizio di appello (cfr. tra le molte in tal sensoCass. n. 6086 del 1996).


Non ha, pertanto, alcun pregio la censura del fallimento ricorrente diretta a contestare la qualificazione di eccezione data dal Giudice a quo a quanto dedotto dall'appellante circa l'entità dei lavori svolti e l'avvenuto pagamento degli stessi e conseguentemente a contestare l'applicabilità dell'art. 345 c.p.c.(nel testo antecedente alla L. n. 350 del 1990).


Il fatto, poi, che tale deduzione, secondo l'assunto del ricorrente, si ponga in contrasto con le difese svolte dalla società proponente nel primo grado del giudizio (che si sarebbe limitata denunciare la esistenza vizi dell'opera); può rilevare sul piano probatorio, ma non assume alcuna rilevanza al fine di escludere la qualificabilità della difesa in parola come eccezione e la sua proponibilità per la prima volta nel giudizio di appello.


Ma anche con riferimento alla motivazione relativa alla valutazione delle prove la sentenza impugnata non merita censure.


Si afferma nella sentenza impugnata che di fronte alla documentazione prodotta dalla società S.P.E.A. - S. Posatori e Affini, comprovante l'avvenuto pagamento dei lavori subappaltati (fatture regolarmente pagate con ricevuta bancaria o con assegno) ed al fatto che i pagamenti documentati ineriscono all'arco temporale compreso tra l'inizio dei lavori e la data dell'apertura al traffico della strada in questione, il fallimento della S.ED.IS. avrebbe dovuto dimostrare l'esecuzione di ulteriori lavori producendo le relative fatture.


Non avendo ciò fatto, non ha fornito la prova della pretesa azionata, che, quindi, devesi ritenere infondata anche in considerazione del fatto che la società S.E. aveva tentato (con un decreto ottenuto su ricorso corredato da fatture di cui era stato, in opposizione, provato il pagamento) di ottenere somme che erano state per lo stesso titolo corrisposte.


Tale motivazione non appare censurabile in sede di legittimità, essendo del tutto congrua ed immune da vizi logici ed errori di diritto.


Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato ed il fallimento ricorrente, in virtù del principio della soccombenza, deve essere condannato al pagamento a favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, tenuto conto del valore della controversia, appare giusto liquidare in complessivi Euro 2.100,00 (duemilacento), di cui Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, spese generali ed accessori come per legge.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso a favore società controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 (duemilacento) di cui Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.


Così deciso in Roma, il 22 novembre 2005.


Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2006

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