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Art. 2233 c.c. - Compenso



Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice.

In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.

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Giurisprudenza
Cass. , massima sent. n. 20269 del 27.09.2010
Il principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall'art. 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794, sugli onorari di avvocato e procuratore, non trova applicazione nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle competenze professionali, allorché quest'ultima non risulti posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa sui minimi di tariffa. La prestazione d'opera del difensore può, infatti, essere gratuita - in tutto o in parte - per ragioni varie, oltre che di amicizia e parentela, anche di semplice convenienza. Sotto questo riflesso la retribuzione costituisce un diritto patrimoniale disponibile e la convenzione relativa può concretarsi, sul piano sostanziale, anche in un accordo transattivo, in quanto tale, pienamente lecito, rientrando esso nella libera autonomia dispositiva delle parti contraenti, alle quali è soltanto inibito di infrangere il divieto legale sancito dal citato art. 24, e cioè quello di predeterminare consensualmente l'ammontare dei compensi professionali in misura inferiore ai minimi tariffari.

Cass., massima sent. n. 21235 del 05.10.2009
Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all'importanza dell'opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 cod. civ. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all'art. 36, primo comma, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono l'inderogabilità dei minimi tariffari (quale, per gli ingegneri ed architetti, quello contenuto nella legge 5 maggio 1976, n. 340) non importa la nullità, ex art. 1418, primo comma, cod. civ., del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell'intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale.

Cass., massima sentenza n. 10704 del 10.05.2007
In tema di tariffe professionali dei dottori commercialisti, è valida la disposizione statale (art. 7 d.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645) che fissa il principio della inderogabilità dei minimi degli onorari. Infatti la Corte di giustizia delle comunità europee, con la sentenza 19 febbraio 2002, causa C-35/99 - pronuncia vincolante per ogni organo giurisdizionale degli Stati membri - ha dichiarato che gli artt. 5 e 85 del trattato CEE (divenuti artt. 10 Ce e 81 Ce) non ostano all'adozione, da parte di uno Stato membro, di norme che approvino, sulla base di un progetto stabilito da un ordine professionale, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell'ordine, a condizione che lo Stato stesso eserciti a mezzo dei suoi organi controlli nei momenti dell'approvazione della tariffa e della liquidazione degli onorari, ed ha altresì ritenuto che nel procedimento di approvazione della tariffa forense italiana, il Consiglio nazionale forense esercita solo un potere di proposta mentre la tariffa è emanata dal Ministro della Giustizia nell'esercizio di un proprio potere, onde deve escludersi che il d.m. n. 392 del 1990 integri un regolamento adottato da una autorità non statale in forza di un autonomo potere conferito da leggi speciali; e tali principi valgono, a maggior ragione, per la tariffa dei dottori commercialisti adottata con d.P.R. n. 645 del 1994, cit., considerato che il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti svolge, nella formazione della tariffa, un ruolo minore di quello svolto dal Consiglio nazionale forense. (Nell'affermare detto principio la S.C. ha tuttavia chiarito che non poteva procedere alla verifica in concreto - prevista dalla successiva sentenza della Corte di giustizia 5 dicembre 2006, Cipolla - della effettiva rispondenza della previsione di minimi tariffari inderogabili agli obiettivi di tutela dei consumatori e di altri interessi sovraordinati, implicando tale verifica nuovi accertamenti di fatto preclusi in sede di legittimità). (Cassa con rinvio, App. Napoli, 20 Maggio 2003)