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Per l’addebito della separazione al coniuge infedele occorre provare il nesso di causalità fra l'infedeltà e la crisi del rapporto di coppia

 Tribunale Milano sez. IX, 19/06/2017, (ud. 07/06/2017, dep. 19/06/2017), n.6831

Massime

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Intestazione


Fatto

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso depositato il 20.11.2014 e regolarmente notificato alla convenuta, F.A. chiedeva al Tribunale di Milano: di dichiarare la separazione personale dalla moglie C.G. - sposata a I. il (omissis...).; di assegnare ad entrambi i coniugi l'unità immobiliare di M., via (omissis...) - di proprietà degli stessi e rilasciata dal marito, ma ancora occupata dalla moglie - affinchè la stessa fosse venduta o locata a terzi, in mancanza di figli minori delle parti; di obbligare la convenuta a versare al marito il 50% delle rate del mutuo sulla predetta casa, sostenute per intero dal marito; di obbligare la convenuta a corrispondere al marito il 50% dell'importo che le parti avrebbero ottenuto dando in locazione un'unità immobiliare della stessa tipologia della casa di via (omissis...)., dalla data del 1.7.2014 sino alla data in cui l'immobile tornerà nella disponibilità di entrambi.


Il ricorrente allegava di aver rilasciato la casa coniugale il 1.7.2014, stante l'assoluta incompatibilità di carattere con la C. e che la stessa aveva da sempre tenuto comportamenti litigiosi con il marito; precisava di essere assistente tecnico a tempo parziale, mentre la moglie lavorava come bidella.

SCOPRI SE LEI O LUI TI TRADISCE E CON CHI

Con memoria difensiva depositata il 25.2.2015, C.G. si costituiva in giudizio e chiedeva innanzitutto la riunione al presente procedimento di altro procedimento avente il medesimo oggetto, instaurato dalla moglie contro il marito in data successiva. Chiedeva inoltre: l'addebito della separazione al marito, il quale aveva tenuto condotte infedeli e aveva instaurato una stabile relazione con tale O.L., relazione che non aveva mai interrotto, nonostante le promesse fatte alla moglie; la condanna del F. al risarcimento del danno, per un importo non inferiore ad € 500,00 mensili; l'assegnazione a sé della casa coniugale di Milano e dell'autovettura B.; di porre a carico del F. un assegno mensile di € 800,00 quale contributo al mantenimento del figlio S. (nato nel (omissis...), convivente con la madre e non ancora autosufficiente); di porre a carico del marito un contributo di € 700,00 per il mantenimento della moglie, posto che la moglie lavorava part time e percepiva uno stipendio del tutto esiguo. La ricorrente precisava che la figlia primogenita, A., nata nel (omissis...), era sposata ed economicamente autonoma.


All'udienza presidenziale fissata a norma dell'art. 708 c.p.c. in data 3.3.2015-14.4.2015, il Presidente, esperito senza esito il tentativo di conciliazione, autorizzava i coniugi a vivere separati con l'obbligo del mutuo rispetto; dava atto che nelle more dell'udienza i coniugi avevano posto in vendita la casa coniugale ed erano in procinto di stipulare il rogito; rilevava che era emerso dalle dichiarazioni delle parti che il figlio S. era titolare di una ditta individuale per la quale in passato aveva prestato attività anche il padre; rilevava che gli elementi acquisiti portavano a ritenere il ragazzo (ormai quasi trentenne) autosufficiente economicamente e che comunque la madre non aveva fornito prova del contrario; rilevava la sperequazione tra i redditi delle parti, posto che lo stipendio della moglie era fortemente inciso dalla voce "arretrati a debito", con un netto di soli € 150-170,00 mensili circa, mentre il marito aveva dichiarato di percepire, in quanto passato al part time, uno stipendio i € 750,00 mensili; poneva quindi a carico del F. un contributo mensile di € 250,00 per il mantenimento della moglie; rilevava l'inammissibilità delle domande di rimborso avanzate dal ricorrente.


Il ricorrente depositava in data 10.7.2015 istanza di modifica dei provvedimenti economici istanza che veniva respinta.


In data 2.2.2016, innanzi al nuovo giudice assegnatario del fascicolo (a seguito del trasferimento ad altro ufficio del precedente magistrato assegnatario), le parti precisavano le conclusioni di merito e istruttorie.


Con sentenza parziale n. 6864/2016 del 4.5.2016 veniva pronunziata la separazione tra le parti. Il procedimento veniva rimesso sul ruolo per l'espletamento dell'istruttoria.


Sentiti i testi sui capitoli ammessi e acquisiti gli estratti conto relativi ai conti correnti postali della convenuta, veniva quindi fissata nuova udienza di precisazione delle conclusioni al 15.3.2017.


Va premesso che la C., nelle conclusioni precisate in data 15.3.2017, non ha riportato la domanda di determinazione di un contributo paterno per il mantenimento del figlio S., domanda che deve intendersi quindi rinunziata. La convenuta ha invece insistito per l'addebito della separazione al marito, per la condanna dello stesso al risarcimento del danno e per la determinazione di un contributo economico per sé.


1. Sulla domanda di addebito.


La domanda di addebito della separazione al marito, formulata dalla convenuta, è fondata e deve pertanto essere accolta.


L'espletata istruttoria orale ha infatti fornito adeguata prova delle condotte infedeli di F.A., il quale ha instaurato una relazione extraconiugale con O.L. e ha peraltro iniziato a convivere con quest'ultima subito dopo essersi definitivamente allontanato dalla casa coniugale.


Va premesso che lo stesso F., all'udienza presidenziale, ha ammesso di vivere ospite di O.L. presso alloggio Aler di via (omissis...) sede di interrogatorio formale, smentendo le precedenti dichiarazioni, egli ha negato di aver mai allacciato una relazione con la L., sostenendo che si tratterebbe solo di un'amica, e ha affermato di non essere mai andato a vivere a casa della sig.ra L..


In realtà, sostanzialmente tutti i testi escussi hanno confermato la relazione tra il F. e la L. e la convivenza tra i due. Il teste D.D. sul cap. 23 ha dichiarato: "E' vero che ora il sig. F. frequenta la sig.ra L., ha una relazione. Non so se sia stata la signora L. la causa della separazione tra il signor F. e la signora C."; ha poi confermato la convivenza del F. con la L.. Il teste F.C., fratello del ricorrente, ha dichiarato: "lo so che mio fratello ora frequenta O.L., inizialmente era solo un'amica; ribadisco lui me l'ha presentata come un'amica, adesso penso che stiano insieme. Nulla so sulle circostanza che la L. sia stata la causa della separazione della coppia". I due figli delle parti, A. e S. hanno poi confermato anche per conoscenza diretta la relazione tra la L. e il padre, relazione confessata ai figli dallo stesso ricorrente e dalla L. e scoperta dal figlio S. leggendo messaggi d'amore sul telefono portatile del padre. Hanno chiarito che, scoperta la relazione dalla C. insieme al figlio S., il ricorrente, messo alle strette dalla moglie, prometteva di lasciare l'amante e dichiarava di voler restare in famiglia. Hanno confermato che la L. usava telefonare alla C., insultandola e invitandola a lasciare il marito. Hanno confermato che il F. non mantenne la promessa di lasciare l'amante e che - dopo il tentativo di suicidio della L. a seguito di una telefonata del ricorrente nella quale egli dichiarava di voler interrompere la relazione - le telefonate di insulti della L. alla C. non terminarono e il F. non si decise mai ad interrompere la relazione extraconiugale, continuando a mentire ai familiari. Entrambi i figli, sul cap. 28, hanno precisato che il padre aveva rassicurato tutti i familiari delle sue intenzioni di salvare il matrimonio (sul cap. 8, il figlio S. ha riferito inoltre che il padre gli disse più volte di aver intenzione di chiudere la relazione extraconiugale), ma, anche dopo il viaggio effettuato con la moglie nell'aprile 2014 per recuperare un'armonia di coppia, continuava la relazione extraconiugale; infine, su richiesta anche della figlia A., se ne andava di casa. A.F., sul cap. 34, ha chiarito che dopo l'uscita dalla casa coniugale il padre rifiutò di incontrare moglie e figli e disse che, nel caso, sarebbe venuto con la L.; disse inoltre che si era trasferito a vivere da quest'ultima.


Provata la relazione extraconiugale del F., iniziata diverso tempo prima dell'uscita del F. dalla casa coniugale nel luglio 2014, deve ritenersi che tale condotta infedele abbia causalmente determinato la definitiva e irreversibile crisi del rapporto coniugale.


Va premesso che secondo costante giurisprudenza della Cassazione, alla quale aderisce questo Tribunale, la violazione dell'obbligo di fedeltà rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale determina, di regola, l'intollerabilità della convivenza e rappresenta pertanto circostanza sufficiente a determinare la pronuncia di addebito della separazione a carico del coniuge responsabile, sempreché non si constati l'insussistenza del nesso di causalità fra l'infedeltà e la crisi del rapporto di coppia, stante la preesistenza di una crisi coniugale già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 08/13431; 07/25618; 06/13592); l'onere di provare la sussistenza di una pregressa crisi irreversibile gravava peraltro sul ricorrente (ved. Corte Appello Roma, 13.2.2008; Cass. 12/2059).


Orbene, nel caso di specie non solo non è stata fornita dal ricorrente prova di una preesistente irreversibile crisi del rapporto di coppia, tale da renderlo un mero simulacro formale, ma i figli delle parti hanno, al contrario, negato che il rapporto tra i genitori fosse deteriorato, precisando che i litigi tra le parti erano discussioni del tutto normali nell'ambito della vita di coppia. Quanto ai periodi trascorsi dalla C. in Sicilia, i figli hanno chiarito che le motivazioni di tali soggiorni erano legate alle condizioni di salute del padre della convenuta e alla necessità di organizzare il matrimonio della figlia A..


Nessuno degli altri testi escussi ha saputo poi fornire elementi di prova di una preesistente crisi irreversibile del rapporto coniugale, avendo i testi D.D. e F.C. rilasciato sul punto dichiarazioni de relato actoris (avendo riferito solo fatti appresi dal ricorrente).


Deve poi rilevarsi che la reazione della C. (e dei figli) alla scoperta del tradimento e il suo tentativo di capire le ragioni che avevano spinto il marito a tradirla e di voltare pagina forniscono ulteriore prova del fatto che il rapporto di coniugio non fosse già definitivamente compromesso e che la moglie credesse ancora di poter salvare l'unione (alle aperture della C. seguirono tuttavia, come chiarito dai figli, plurime bugie del F. e promesse non mantenute).


Per tutti i motivi esposti, la separazione deve essere addebitata al ricorrente.


2. Sulla domanda di risarcimento dei danni.


Come già chiarito in sede di sentenza parziale e richiamata sul punto integralmente la sentenza 6846/16, la domanda risarcitoria avanzata e ribadita dalla convenuta nel foglio di precisazione delle conclusioni è inammissibile nel presente giudizio.


Come già chiarito, l'art. 40 c.p.c., nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990, consente il cumulo nello stesso processo di domande soggette a riti diversi esclusivamente in presenza di ipotesi qualificate di connessione c.d. "per subordinazione" o "forte" e quindi esclude la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell'art. 33 o dell'art. 103 c.p.c. e soggette a riti diversi (cfr. Cass. 20638/2004, 6660/2001, 266/2000, 11297/1998).


Nel caso di specie non è dubbio che la domanda risarcitoria non abbia un rapporto di connessione forte con la domanda di separazione non trattandosi di cause collegate ai sensi degli artt. 31,32,34,35,36 c.p.c., ma soltanto di connessione soggettiva e del pari è certo che il giudizio di separazione personale sia soggetto ad un rito speciale e non al rito ordinario proprio delle domande di condanna al risarcimento del danno (Cass. 9915/2007, 20638/2004). Può inoltre aggiungersi che la domanda risarcitoria non è peraltro supportata né da una chiara allegazione, né da alcun elemento di prova in merito al danno patito (che non può ritenersi danno riscontrabile in re ipsa) e in merito al quantum debeatur.


3. Sulla domanda della convenuta di un contributo economico per sè.


La domanda della C. di un contributo di mantenimento per sé deve essere respinta, non ravvisandosi ad oggi una disparità della situazione economico-reddituale delle parti che giustifica la determinazione di un contributo economico in favore della moglie.


Quanto alla posizione reddituale delle parti, il F. ha consolidato un rapporto di lavoro a tempo parziale e ha documentato redditi attuali pari ad € 11.099,00 lordi annui circa (per un netto mensile di € 845,00 circa). Non è stata fornita prova di ulteriori redditi del ricorrente.


Quanto alla moglie, se è vero che il reddito mensile della C. (da lavoro part time) è fortemente inciso dalla trattenuta per "arretrati a debito" (avendo la stessa percepito per qualche tempo erroneamente lo stipendio relativo al tempo pieno, pur essendo passata al tempo parziale), dall'esame degli estratti conto acquisiti in atti emerge una buona disponibilità di risparmi e quindi una sicurezza reddituale che consente alla convenuta di provvedere da sola alle proprie esigenze. Al 30.9.2016, risulta che la C. aveva sul conto personale un saldo attivo di € 4.167,00 circa, avendo peraltro sottoscritto in data 27.7.2016 fondi per € 3.000,00 e avendo stipulato polizze vita (versamento in data 31.5.2016 di € 1.200,00 quale rata di polizza vita; rimborso di due polizze vita a gennaio e febbraio 2015). Risulta inoltre che la C. ha versato somme importanti alla figlia per aiutarla nell'acquisto della casa (€ 20.000,00 ad agosto 2015; € 15.000,00 a settembre 2015) e ha pagato l'assicurazione dell'auto del figlio S. a dicembre 2015 (esborsi che dimostrano le disponibilità finanziarie della C. e che la stessa non avrebbe effettuato, ove si trovasse nell'impossibilità di provvedere al proprio mantenimento). Quanto al conto cointestato ai coniugi, risultano importanti prelievi di denaro nell'agosto 2013 e nel luglio 2014 (la somma prelevata nel luglio 2014 è pari peraltro al saldo iniziale del conto corrente (omissis...) intestato alla sola C. e può presumersi pertanto che il prelievo di denaro sia stato effettuato proprio dalla convenuta).


Alla luce degli elementi di cui sopra, considerati i risparmi della convenuta, la sua capacità lavorativa e reddituale, considerato altresì che la stessa vive oggi in Sicilia, in un contesto dove il costo della vita è minore che a Milano, deve ritenersi che la C. sia in grado di conservare con la propria capacità reddituale e con i propri risparmi il tenore di vita goduto nel corso della convivenza coniugale (sul punto va rilevato che la convenuta non ha fornito, né offerto, adeguata prova di un tenore di vita familiare elevato o comunque agiato).


Per motivi esposti, con decorrenza dalla mensilità successiva alla data di pubblicazione della sentenza, deve dichiararsi cessato l'obbligo del ricorrente di versare alla moglie un contributo di mantenimento, dovendosi invece confermare tale obbligo per il periodo pregresso, considerato che il Collegio ha valutato l'evoluzione della situazione personale e reddituale delle parti, nel periodo successivo all'emissione dei provvedimenti provvisori (stabilizzazione dell'orario lavorativo part time del F., peggioramento delle sue condizioni di salute dello stesso, cessazione del suo lavoro per l'hotel Ritter a maggio 2015 - come dallo stesso dichiarato - e delle collaborazioni con la ditta del figlio, definitivo trasferimento della C. in Sicilia).


Per i motivi esposti, non può trovare accoglimento la domanda del ricorrente di vedersi restituire le somme versate alla moglie in forza dei provvedimenti provvisori. Deve in ogni caso escludersi la ripetibilità delle somme versate dal F. alla moglie in forza dell'ordinanza presidenziale, dovendosi aderire a quella giurisprudenza che esclude la ripetibilità di somme che, per la loro non elevata entità, si deve presumere siano state consumate per fini di sostentamento personale (ved. Cass. ord. 23409/2015).


4.Sulle spese di lite.


La reciproca soccombenza, con prevalente soccombenza del F. (considerato l'accoglimento della domanda di addebito proposta dalla moglie) giustifica una compensazione per quota di 1/2 delle spese processuali, con condanna del ricorrente a rifondere alla convenuta la restante quota di spese, quota liquidata come da dispositivo.


PQM

P.Q.M.

Il Tribunale, premesso che con sentenza parziale n. 6864/16 veniva pronunciata la separazione personale delle parti, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni diversa ed ulteriore domanda eccezione, deduzione, così statuisce:


1) Addebita la separazione a F.A.;


2) Rigetta la domanda economica della convenuta e dichiara cessato, con decorrenza dalla mensilità successiva alla data di pubblicazione della presente sentenza, l'obbligo posto in via provvisoria a carico del F. di versare un contributo di mantenimento in favore della moglie;


3) Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria formulata dalla C.;

SCOPRI SE LEI O LUI TI TRADISCE E CON CHI

4) Rigetta la domanda del F. di restituzione di quanto versato alla moglie in forza dei provvedimenti provvisori;


5) compensa per quota di 1/2 le spese processuali;


6) Pone a carico del ricorrente F.A. la restante quota di spese processuali sostenute dalla convenuta, spese che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre al 15% per rimborso forfettario spese generali ed oltre ad IVA e c.p.a.


Così deciso in Milano, il 7 giugno 2017.


Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2017.

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