Svolgimento del processo
Con atto in data 5.4.2002 il C. B. s.p.a. evocava innanzi al Tribunale di Bergamo il notaio C.F.G. (oltre al notaio D.M.), esponendo: che il notaio C. F.G. il 21 gennaio 1994 aveva rogato un contratto di mutuo fra il C. B. e V.F. e S.L. con il quale a costoro era stata erogata la somma di L. 80.000.000 al tasso variabile del 10,650% a fronte dell'accensione di garanzia ipotecaria sino alla concorrenza di L. 136.000.000 su un immobile che i mutuatari avevano dichiarato essere di loro proprietà; che tuttavia nel 1995 i mutuatari avevano sospeso il versamento delle rate e che, a seguito di ciò, l'Istituto di credito era intervenuto in una procedura esecutiva a carico dei suddetti; che all'esito di detta procedura il patrimonio oggetto della stessa si era rivelato incapiente.
Ciò premesso la società attrice, dedotto che, ove avesse avuto conoscenza dell'esistenza di trascrizioni pregiudizievoli, non rilevate dal notaio, a carico dei mutuatari, non avrebbe stipulato detto contratto di mutuo, chiedeva la condanna al risarcimento dei danni. Costituitasi la C.F., l'adito Tribunale, con decisione in data 17.12.2004, accoglieva la domanda del C. B. nei confronti della C.F., condannando quest'ultima al pagamento di Euro 68.899,04, oltre interessi (ritenendo così responsabile il notaio del mancato accertamento della esistenza di situazioni pregiudizievoli per le ragioni dell'Istituto di Credito. A seguito dell'appello della C. F., costituitisi gli appellati, la Corte d'Appello di Brescia, con la decisione in esame depositata in data 19.5.2009, rigettava l'impugnazione, confermando quanto statuito in primo grado. Ricorrono per cassazione con otto motivi C.L.N., C.M. T., C.V., C.G., C.R., C.A., tutti quali figli e successori di F.G.;
resiste con controricorso l'Istituto. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 2652, 2658, 2659 e 2841 c.c. in relazione alle indagini ipocatastali eseguite dal notaio e ritenute inadeguate dal Tribunale.
Con il secondo e terzo motivo si deduce violazione dell'art. 2826 c.c. e relativo difetto di motivazione, laddove la sentenza ha ritenuto insussistente la nullità dell'atto per mancata indicazione di almeno tre confini dell'immobile compravenduto.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione alla dichiarata inammissibilità dei documenti prodotti dall'appellante all'udienza del 17.9.2008.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione alla liquidazione del danno in favore del C. B., nonchè violazione dell'art. 1227 c.c. laddove la Corte d'Appello ha definitivo il credito azionato di valore.
Con il sesto motivo si deduce difetto di motivazione sull'avvenuto accoglimento del motivo d'appello del notaio, in relazione all'errore commesso dal Tribunale nel non aver statuito l'obbligo delle assicurazioni a tenere indenne il notaio.
Con il settimo motivo si deduce ancora violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla corresponsabilità del C. B..
Con l'ottavo motivo si deduce violazione di legge in ordine alle spese di lite.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze. Esso tende innanzitutto, a prospettare un riesame di circostanze di fatto e dati documentali, in ordine alla ritenuto sussistenza della responsabilità del notaio, non ulteriormente esaminabili nella presente sede di legittimità.
Deve infatti rilevarsi che con i primi tre motivi si censura la decisione impugnata in ordine alla verifica sulla provenienza del bene compravenduto, sui dati formali del relativo atto, con richiamo degli allegati. Con il quarto motivo, censurandosi violazione dell'art. 345 c.p.c., si censura la dichiarata inammissibilità della produzione documentale dell'odierna ricorrente in sede di appello; corretta sul punto è la decisione della Corte di merito, sulla base di detta norma, che afferma detta inammissibilità "perchè in aperta violazione del divieto di cui all'art. 345 c.p.c. ed essendo pacifico che essa si riferisce ad atti già disponibili nel corso del primo grado del giudizio". Non può che ribadirsi quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 12731/2011) secondo cui la facoltà di produrre nuovi documenti in appello è ammessa dall'art. 345 c.p.c., comma 3, già nella formulazione di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 52 applicabile, ratione temporis, purchè essa avvenga non nel corso del giudizio di secondo grado, ma in sede di costituzione, come prescritto, a pena di decadenza, dal codice di rito e così trovando applicazione il disposto degli artt. 163 e 166 cod. proc. civ., richiamati dall'art. 342 c.p.c., comma 1 e art. 347 c.p.c., comma 1 tenuto conto dell'esigenza di concentrare le attività assertive e probatorie nella fase iniziale del procedimento (a meno che la formazione documentale da esibire non ne sia successiva) e avuto riguardo all'assenza di richiami, nella disciplina del grado di giudizio, alla disposizione dell'art. 184 cod. proc. civ. (sulla facoltà del giudice di primo grado di assegnare un ulteriore termine, dopo la costituzione delle parti, per la produzione di documenti). Del tutto privo di pregio è il quinto motivo in ordine alla definizione come credito di valore del risarcimento in questione essendo ampia e consolidata la giurisprudenza di questa Corte sul punto. Il sesto motivo è inammissibile perchè ha ad oggetto l'esame su un errore materiale per il quale non risulta richiesta la relativa procedura di correzione. Inammissibile è altresì il settimo e ultimo motivo riguardando la liquidazione delle spese il potere discrezionale del giudice di merito.
Le spese della presente fase si liquidano, in base al principio della soccombenza, come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese della presente fase che si liquidano in complessivi Euro 2.600,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.