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Immissioni di rumore moleste

 Sentenza Tribunale Napoli sez. IV, 29/06/2022, (ud. 14/06/2022, dep. 29/06/2022), n.6518

 Fatto 


MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Va premesso che la presente sentenza è redatta senza lo svolgimento del processo in ossequio alla nuova formulazione degli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 45 e 52 dalla legge n. 69 del 18/6/09, in vigore dal 4.07.2009.


Tanto premesso va rilevato che le attrici in epigrafe generalizzate, per i motivi indicati nell'atto di citazione, hanno convenuto in giudizio R. R. e La N SF s.r.l. per sentire accogliere le seguenti domande:


1. Accertare ai sensi degli artt. 833 e ss e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c. ed 8 della CEDU il diritto delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. a non subire alcuna immissione proveniente dall'immobile di proprietà della sig.ra R. R. sottoposto a quello di proprietà C./G. M.R. ed in ogni caso la mancanza di qualsivoglia servitù a carico dell'immobile in proprietà delle istanti;


2. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, a non adibire l'immobile, sottoposto a quello in proprietà C./G. M.R., ad uso diverso da quello legittimo ed autorizzato ( deposito);


3. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento in favore delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. al pagamento della somma di euro 24.793,45 a titolo di danno emergente e costi sostenuti oltre alle spese ed ai costi che si documenteranno in corso di causa;


4. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al risarcimento di tutti i danni in conseguenza delle immissioni subite dall'aprile 2015 a tutt'oggi dalle sig,re G. M.R./C. ed espressamente del danno esistenziale, biologico, morale, patrimoniale da invalidità permanente, da invalidità temporanea oltre spese mediche per l'evento lesivo di cui sopra da quantificarsi in ragione dell'espletanda CTU oltre rivalutazione monetaria dal momento dell'insorgenza del danno al soddisfo;


5. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento di tutte le competenze e spese professionali del giudizio oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge con attribuzione al procuratore antistatario.


Con comparsa depositata il 12.10.2019 si è costituita R. R. che ha chiesto il rigetto delle domande per inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza delle stesse; il tutto con vittoria delle spese di lite e con attribuzione al procuratore antistatario.


Non si è costituita in giudizio l'altra convenuta, sebbene regolarmente citata. Pertanto ne è stata dichiarata la contumacia.


Concessi i termini ex art. 183 comma VI c.p.c., raccolte le prove orali ed espletata una CTU medico-legale, all'udienza del 15.02.2022, sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, la causa è stata riservata per la decisione con i termini ex art. 190 c.p.c.


QUESTIONI PROCESSUALI


La legittimazione attiva e quella passiva delle parti del giudizio


Sono provate per tabulas ( cfr. doc.affol. nn. 1 e 10 prod. parti attrici), oltre che incontestate, sia la titolarità attiva delle attrici, nella qualità di proprietarie dell'appartamento sito in Napoli alla via M., sovrastante l'attività di ristorazione ed interessata dalle immissioni, che quella passiva sia della R. R., nella qualità di proprietaria- custode di due unità immobiliari site in Napoli alla via M. che di La N SF s.r.l., nella qualità di conduttrice di detti immobili.


MERITO DELLA CONTROVERSIA


Esigenze di ordine logico impongono la disamina delle domande nello stesso ordine numerico in cui sono state proposte in quanto corrispondente all'ordine logico delle stesse.


Le domande sub 1) riportate nelle conclusioni dell'atto di citazione e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni ( accertare ai sensi degli artt. 833 e ss e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c. ed 8 della CEDU il diritto delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. a non subire alcuna immissione proveniente dall'immobile di proprietà della sig.ra R. R. sottoposto a quello di proprietà C./G. M.R. ed in ogni caso, la mancanza di qualsivoglia servitù, a carico dell'immobile in proprietà delle istanti).


Prima di esaminare il merito della domanda è opportuno sinteticamente richiamare le circostanze più significative tra quelle dedotte dalle attrici (in buona parte documentati) ed utili a ricostruire i fatti di causa.


Il 31.07.2015 (doc. 10) R. R. concludeva con la società " La N SF s.r.l." un contratto di locazione, per la durata di anni sei, ad uso diverso da quello abitativo e, precisamente, per uso commerciale, per attività di bar, ristorante e pizzeria in relazione agli immobili di proprietà della prima.


La società iniziava lavori di ristrutturazione negli immobili, particolarmente invasivi e lunghi, per i quali i condomini, tra i quali le attrici, presentavano un esposto il 22.09.215( doc. 4).


Il 9.10.2015 (doc. 6) l'amministratore del condominio faceva recapitare alla R. R. una segnalazione di esecuzione di lavori strutturarli negli immobili consistiti nell'abbassamento di 40 cm del piano di calpestio del locale senza ricevere risposta.


Si tenevano diverse assemblee condominiali per discutere della natura e della regolarità amministrativa dei lavori eseguiti presso detti immobili.


Dallo svolgimento dell'attività commerciale presso i citati beni le attrici avevano subìto, oltre ad atti emulativi per ritorsione dopo la chiusura dell'attività, anche immissioni intollerabili per l'intera giornata e per gran parte della notte.


Il 29.03.2016, nell'ambito di procedimenti penali scaturiti dalle denunce delle istanti e di altri condomini, su segnalazione di rumori molesti provenienti dal ristorante " Lo sfizio della N" da parte di C. A. interveniva, alle ore 23.30, personale di P.G. che contattava S. A., amministratore della società, il quale riferiva che avrebbe risolto il problema ( cfr. annotazione del 30.03.2016 doc. 11).


Il 30.03.2016 ( doc. 11) l'amministratore comunicava alla R. R. delle lamentele per il disagio creato dai rumori causati dallo svolgimento dell'attività commerciale presso i suoi locali senza ricevere risposta.


Il 5.04.2016 ( doc.12) C. A., a mezzo raccomandata, comunicava ai convenuti ed all'amministratore del condominio l'esistenza di vibrazioni strutturali a danno sia del suo appartamento che degli occupanti tali da rendere impraticabili ed invivibile l'immobile, non consentendo, tra l'altro, di attendere alle normali occupazioni e di riposare. L'istante indicava, per le vibrazioni, la fascia oraria tra le 17.30 e le 2.00 e, talvolta, anche la mattina ed attribuiva la fonte delle stesse in un esaustore a carboni attivi ancorato al soffitto. Pertanto chiedeva l'immediata rimozione di tale manufatto.


Il 14.09.2016 ( doc. 13) anche l'amministratore del condominio chiedeva alla R. R. di assumere tutte le iniziative per risolvere le problematiche segnalate.


Il 29.11.2016 ( doc. 14) l'argomento relativo ai rumori ed ai lavori di scavo provenienti dai locali in questione era portato all'odg dell'assemblea che non deliberava per mancanza di numero legale.


Il 22.02.2017 ( doc. 15) l'agenzia di investigazione Cobra, su incarico delle attrici diretto ad ottenere la percezione e la registrazione di rumori prodotti dall'attività commerciale per cui è causa, redigevano una relazione relativa all'attività commissionata.


Il 20.03.2017 (doc. 16) nell'ambito di un procedimento per ATP tra le attrici e la N SF s.r.l. il ctu nominato (ing. R. P.) depositava la propria relazione.


Il 13.02.2017 P. A. e R. V. (doc. 17 e 18) erano sentite a sommarie informazioni nell'ambito del procedimento penale 526364/16 RGNR.


Il 3.03.2017 personale dei CC, alle 21.50 effettuava un sopralluogo presso l'abitazione delle attrici, alla presenza di C. A., dove si tratteneva per 40 minuti ed attestava di aver constatato un lieve sibilo proveniente sicuramente dall'aspirazione del condotto riconducibile al locale monitorato. Detto rumore era definito "apprezzabile nell'androne del palazzo". I carabinieri attestavano anche che "di tanto in tanto si udiva un rumore metallico, di origine sconosciuta, simile alla caduta di una posata in ferro (3 volte)" e che "nell'abitazione della denunziante non si rilevavano altri rumori o vibrazioni".


Il 25.09.2017 l'ing. Paolo di Costanzo su incarico delle attrici redigeva un rapporto di misura fonometrico (doc. 20) relativamente agli immobili per cui è causa.


Il 20.01.2018 personale dell'ASL Napoli 1 redigeva una relazione (doc. 21) all'esito di rilevazioni fonometriche.


In data 8.2.2018 l'Ufficio Ambiente del Comune di Napoli diffidava (doc. 22) la NSF s.r.l. ad eseguire immediati ed adeguati interventi di insonorizzazione sugli impianti con isolamento delle superfici per lo sbattimento della pasta per la pizza e dell'area lavaggio stoviglie documentando al Servizio Controlli Ambientali entro 30 giorni dalla ricezione della diffida il collaudo degli idonei interventi effettuati mediante relazione tecnica.


Il 17.02.2018 alle ore 4.15, su richiesta della centrale operativa per segnalazione di rumori sospetti all'interno di un'attività commerciale, personale dei CC si recava sui luoghi di causa dove C. A. affermava di sentire rumori provenienti da un macchinario acceso posto all'interno dei locali di una pizzeria al momento chiusa. I carabinieri attestavano "che, attraverso la saracinesca un rumore presumibilmente proveniente da un macchinario industriale" (doc. 23).


A seguito di un esposto a firma di C. A. per presunti abusi edilizi negli immobili della R. R. e di sopralluoghi della P.G., iniziava un'indagine per abusi edilizi e falso nei confronti, tra gli altri, delle odierne convenute e nell'ambito di tali indagini il 20.4.2018 era effettuato un sequestro preventivo ( doc. 27) non convalidato per carenza di periculum in mora ( doc. 31).


Parallelamente all'indagine penale, con provvedimento del 21.5.2018 l'Ufficio Edilizia del Comune di Napoli ( doc. 32) avviava la procedura per la revoca delle autorizzazioni rilasciate sulla base di dichiarazioni non veritiere ed il 13.07.2018 (doc. 34) il SUEP del Comune di Napoli dichiarava l'inefficacia della CILA.


Il 10.09.2018 (doc. 39) il SUAP del Comune di Napoli dichiarava l'inefficacia della CIA inoltrata dalla società convenuta ed il 3.08.2018 ( doc. 40) il SUEP del Comune di Napoli ordinava alla R. R. il ripristino dello stato dei luoghi con l'eliminazione di tutti gli abusi commessi.


I provvedimenti amministrativi erano impugnati al Tar Campania che il 24.11.2018 ( doc. 42 e 43) rigettava le richieste di sospensiva presentate dalle convenute.


Il procedimento penale a carico, tra gli altri, delle convenute si concludeva, in primo grado, con sentenza del 7.10.2021-22.11.2021 dichiarativa della prescrizione nei confronti di entrambe ( cfr. doc.affol. n. 3 allegato alla nota di udienza del 7.2.2022).


Il 21.10.2021 (doc.affol. n. 2 allegato alle citate note di udienza) personale di polizia municipale accertata il ripristino parziale dello stato degli immobili della R. R..


Passando, dunque, ad esaminare il merito delle domande sub 1) va premesso che


la prima va necessariamente delimitata nel suo oggetto.


Ed invero le attrici hanno chiesto affermarsi il loro diritto a non subire né atti emulativi né immissioni in base al disposto degli artt.833 e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c.


Ebbene che la prima delle disposizioni richiamate contempla una fattispecie diversa da quella oggetto di causa in quanto prevede il divieto di atti emulativi, cioè di condotte aventi lo scopo esclusivo di nuocere o di recare pregiudizio ad altri, in assenza di una qualsiasi utilità per il proprietario, la seconda norma sancisce un principio diverso da quello invocato dalle parti attrici. Infatti la norma stabilisce che il proprietario di un fondo non possa impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. E', dunque, evidente che non ogni o qualsiasi immissione è vietata ma solo quella che superi la normale tollerabilità.


Da tale considerazione discende l'infondatezza della successiva domanda diretta ad ottenere l'accertamento dell'inesistenza di una servitù di immissioni a carico dell'immobile delle attrici dal momento che in base, al chiaro dettato normativo il proprietario, è tenuto per legge a subire le immissioni purchè le stesse non superino la normale tollerabilità.


Pertanto chi scrive è tenuto a valutare se le attrici abbiano assolto al loro onere probatorio, in relazione all'art. 844 c.c., del compimento di atti emulativi da parte delle convenute ed, in relazione all'art. 833 c.c., della provenienza di immissioni intollerabili dagli immobili della R. R. ed oggetto dell'attività di ristorazione.


Infatti solo la dimostrata violazione dell'una o dell'altra disposizione e, quindi, di una condotta illecita ex art.2043 c.c. può far sorgere il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non ( cfr. Cass.Sez. U - , Sentenza n. 2611 del 01/02/2017 ; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21649 del 28/07/2021;Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11930 del 13/04/2022).


In relazione alla prima delle disposizioni citate va evidenziato che nessuna prova è stata data di una condotta emulativa, riferibile alla N SF s.r.l.e/o alla R. R. successiva al fermo dell'attività perché, nell'accesso del 17.2.2018 alle ore 4.15 il personale dei Carabinieri ha solo constatato " attraverso la saracinesca, un rumore presumibilmente proveniente da un macchinario industriale" (doc. 23). Inoltre in un successivo accesso del 9.11.2018 ( doc. allegato alla comparsa di costituzione della convenuta) personale della Polizia Locale ha accertato che l'esercizio commerciale non era in attività e che i frigoriferi e le apparecchiature erano spente.


Ben più articolata risulta la disamina della prova delle immissioni intollerabili.


Ai fini che occupano va ricordato che, secondo l'orientamento del tutto prevalente tra i Supremi Giudici ( cfr. tra le altre Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1069 del 18/01/2017) "In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz'altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino, - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi - devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico".


Ebbene le uniche prove, fornite dalle attrici ed utilizzabili a questi fini, sono:1) le testimonianze di R. V. e di D.M. G. ( cfr. verbale di udienza del 2.02.2021); 2) le relazioni e/o le annotazioni della P.G (del 29.3.2016 e del 3.3.2017); 3) la relazione dell'ASL del 20.1.2018 e la diffida dell'Asl dell'8.02.2018; 4) la CTU espletata nell'ambito dell'ATP proposta, dalle istanti, davanti al GDP di Napoli nei confronti solo della N SF s.r.l..


Infatti, per le ragioni di seguito esposte, non può conferirsi autonomo valore probatorio nè alla relazione investigativa dell'Agenzia Cobra né alla CTP fonometrica dell'ing. Paolo Di Costanzo.


Quanto alla prima va sottolineato che secondo l'orientamento giurisprudenziale dominante il rapporto investigativo non ha di per sé valore probatorio dei fatti che vengono narrati. I documenti formati dall'investigatore possono essere qualificati come scritti provenienti da un terzo e costituiscono prove atipiche. Queste ultime, che sono quelle non incluse nel catalogo codicistico, non possono essere utilizzate per aggirare divieti o preclusioni sostanziali o processuali cioè per introdurre elementi di prova che non sarebbero ammessi o per la cui ammissione sono necessarie adeguate garanzie formali. Da tali principi, condivisi dalla scrivente, consegue che non essendo state le dichiarazioni dell'investigatore, contenute nel documento prodotto, ritualmente acquisite agli atti mediante la raccolta della prova orale dello stesso, nessun valore probatorio può conferirsi alla relazione in atti perché ammettere l'ingresso nel processo di dichiarazioni di terzi, aventi funzioni testimoniali e formate fuori dal processo vorrebbe dire violare il principio costituzionale del giusto processo, essendosi formata la prova senza il controllo del giudice e senza il contraddittorio tra le parti.


Quanto alla consulenza tecnica di parte va ricordato che, per giurisprudenza del tutto pacifica tra i Giudici di legittimità (cfr. tra le altre Cass. Sez. 2 n. 1614 del 19.01.2022), la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio.


Fatte queste doverose premesse va, altresì, sottolineato che unitamente all'atto di citazione risulta depositata una copia dell'elaborato peritale depositato il 21.03.2017 dal CTU ing. R. P. nominato nell'ambito del procedimento per ATP R.G. 41224/2016 proposto dalle attrici nei confronti della società " La N SF s.r.l.". In relazione a tale documento non sfugge alla scrivente che, oltre ad essere del tutto incompleto in quanto contenente solo le pagine dalla n. 23 alla n. 33 e non anche le precedenti, risulta depositato unitamente all'atto di citazione e di esso non è stata chiesta l'ammissione ex art. 698 c.p.c. nei termini ex art. 183 comma VI c.p.c.


Orbene, non ignorandosi che secondo l'orientamento prevalente della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. Sez. 2, Sentenza n. 6591 del 05/04/2016) "l'acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l'accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l'abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell'acquisizione e l'impossibilità di esame delle risultanze dell'indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse", l'assenza di tempestiva contestazione da parte della convenuta costituita in ordine alla ritualità della produzione dell'elaborato consente a questo giudice di valutare il contenuto del documento. Tuttavia, considerato che l'elaborato è del tutto incompleto nella parte relativa ai quesiti ed agli accertamenti svolti, di esso non è possibile tenere conto a fini di prova.


Passando, dunque, ad esaminare le risultanze degli accertamenti effettuati dal personale dell'ASL Napoli I Centro in data 20.01.2018 ( doc. 21) è agevole rilevare che dalle misurazioni effettuate con fonometro conforme alla normativa vigente è risultato il superamento del limite differenziale di 3,0 dB ( A) previsto dalla normativa vigente per il periodo notturno nell'abitazione di C. A. per i rumori provenienti dall'attività di ristorazione nonché la presenza di rumori in bassa frequenza e di toni puri, determinati dalle emissioni sonore anche di tipo impattivo prodotte dagli impianti dell'attività denominata " O sfizio d'a N" sita in Napoli alla via M.. A seguito di tale verifica l'Asl, contestando l'esercizio di attività con emissioni sonore superiori ai limiti di cui ai decreti attuativi della legge 447/95 e della Normativa di attuazione del Piano di Zonizzazione Acustica del Comune di Napoli, ha inviato al titolare dell'attività una diffida ad eseguire immediati ed adeguati interventi di insonorizzazione sugli impianti con isolamento anche delle superfici per lo sbattimento della pasta per la pizza e dell'area lavaggio stoviglie, documentando al Servizio Controlli entro 30 giorni il collaudo degli idonei interventi di mitigazione effettuati mediante relazione tecnica. In caso di inottemperanza è prevista la proposta di adozione di ordinanza sindacale di inibizione totale o parziale dell'attività oltre all'irrogazione di ulteriori sanzioni.


Ebbene l'esito di tali accertamenti valutati unitamente alle dichiarazioni rese da R. V. e da D.M. G. in ordine alla presenza di rumori presso l'abitazione delle attrici e provenienti dal locale oggetto di causa ed alle annotazioni di P.G., inducono a ritenere provata la riferibilità di immissioni intollerabili nel periodo compreso tra l'inizio dell'attività a marzo dell'anno 2016 ed il mese di settembre 2018 (attività definitivamente cessata a settembre 2019) provenienti dall'attività commerciale svolta dalla società convenuta nei locali di proprietà della R. R..


L'accoglimento della domanda solo in relazione al periodo successivo al mese di marzo 2016 e non anche in relazione a quello precedente, compreso tra la data di inizio dei lavori di ristrutturazione degli immobili nel 2014 e l'esercizio dell'attività di ristorazione, si fonda sulla carenza di fornita prova certa della provenienza di immissioni sonore intollerabili nel periodo in questione, avendo i testi reso dichiarazioni più circostanziate solo in ordine ai rumori conseguenti all'esercizio dell'attività commerciale.


Quindi va accolta, per quanto di ragione, solo una delle due domande sub 1).


La domanda sub 2): "Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, a non adibire l'immobile, sottoposto a quello in proprietà C./G. M.R., ad uso diverso da quello legittimo ed autorizzato (deposito).


In ordine a tale domanda va premesso che, come risulta dagli atti, gli immobili della R. R. dal 13 settembre 2019 non sono più destinati all'esercizio dell'attività di ristorazione e quindi nessuna eventuale inibitoria potrebbe essere adottata. Va, poi aggiunto che dalla documentazione prodotta (cfr. all. memoria di parte convenuta) i beni oggetto di causa risultano appartenenti alla categoria Catastale C1 comprendente, in genere, quei singoli o gruppi di locali – costituenti unità immobiliari – dove si effettua la vendita, con prevalenza al dettaglio, di merci, di manufatti, prodotti, derrate, ecc. e quei locali dove la vendita si accompagna con prestazioni di servizio come, ad esempio, trattorie e ristoranti, pizzerie, panetterie (intese come locali di vendita al minuto del pane), bar, caffè, ecc.


Quindi non è stata dimostrata la destinazione degli stessi ad un uso diverso da quello consentito.


Ne consegue il rigetto della domanda in esame.


La domanda sub 3): Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento in favore delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. al pagamento della somma di euro 24.793,45 a titolo di danno emergente e costi sostenuti oltre alle spese ed ai costi che si documenteranno in corso di causa;


La domanda sub 4): Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al risarcimento di tutti i danni in conseguenza delle immissioni subite dall'aprile 2015 a tutt'oggi dalle sig,re G. M.R./C. ed espressamente del danno esistenziale, biologico, morale, patrimoniale da invalidità permanente, da invalidità temporanea oltre spese mediche per l'evento lesivo di cui sopra da quantificarsi in ragione dell'espletanda CTU oltre rivalutazione monetaria dal momento dell'insorgenza del danno al soddisfo.


Una volta affermata la non tollerabilità delle immissioni presenti nell'immobile delle attrici va, altresì, accertato se, nel caso come quello in esame, in cui le immissioni provengano da immobili condotti in locazione, la responsabilità per eventuali danni arrecati alle attrici oltre che sul titolare dell'attività commerciale possa ricadere anche sulla proprietaria dei beni.


Giova ricordare che le Sezioni Unite della Suprema Corte, già da molti anni, hanno stabilito che nell'ipotesi in cui le immissioni moleste siano prodotte dal detentore d'un immobile, l'eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comporta l'automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all'uopo, necessaria la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell'immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo (Sez. U, Sentenza n. 2711 del 21/07/1969). In applicazione di questo principio i giudici di legittimità hanno, già, affermato che "in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi"(Sez. 3, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015). Orbene, la colpa civile rilevante ai fini dell'art. 2043 c.c. può consistere tanto nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti), quanto nella violazione di regole di comune prudenza; nel primo caso, l'accertamento della colpa esige la previa individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non rispettò; nel secondo caso, l'accertamento della colpa aquiliana esige che si stabilisca previamente quale sarebbe dovuta essere la condotta prudente da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell'agente: ciò vuol dire che dall'uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus pater familias, - e dall'imprenditore commerciale quella dell'homo eiusdem generis et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall'art. 1176 c.c. (sulla necessità che anche la colpa aquiliana sia valutata in base ai criteri di diligenza dettati dall'art. 1176, primo e secondo comma, c.c., si veda ex multis Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 10/03/1998).


Applicando i principi esposti alla fattispecie in esame, ritiene questo giudice che, nella vicenda sub iudice, debba escludersi in capo alla R. R. un obbligo di vigilanza, di intervento o di veto nei confronti del conduttore che scaturisse da norme positive o contrattuali; in tanto, perciò, si sarebbe potuta affermare la sussistenza della colpa della predetta in quanto si fosse accertato che in astratto il proprietario di immobili "diligente", al posto della R. R., avrebbe tenuto una condotta diversa; la "condotta diversa" teoricamente esigibile dal proprietario d'un immobile che intenda locarlo ad uso di pubblico esercizio non potrebbe che consistere in due atti: o rifiutare la locazione o recedere dal contratto, posto che sarebbe inesigibile dal locatore, obbligato a garantire il pacifico godimento della cosa locata, una manus iniectio sul conduttore vòlta ad impedirgli di far chiasso. In definitiva, per potere affermare la sussistenza d'una colpa aquiliana della R. R., si sarebbe dovuto provare, in punto di fatto che, al momento in cui questa concesse in locazione il proprio immobile alla N SF s.r.l., potesse prevedere con l'ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.


In mancanza di tale prova s'impone il rigetto della domanda nei confronti della R. R..


A favore delle considerazioni espresse militano le seguenti considerazioni: 1) gli immobili della predetta- come si è già evidenziato- avevano ed hanno una destinazione compatibile con lo svolgimento dell'attività di ristorazione; 2) la proprietaria è venuta a conoscenza dall'amministratore del condominio e/o dalle attrici di lamentele circa la rumorosità dell'attività commerciale ma non ha, altresì, avuto mai piena contezza della fondatezza di tali lamentele dal momento che, in primo luogo, non è stata resa partecipe del procedimento per ATP dinanzi al GDP proposto solo nei confronti della società di ristorazione ed, in secondo luogo, non è stata destinataria della diffida dell'ASL dell'8.02.2018 rivolta pur'essa solo al titolare dell'attività; di conseguenza non può addebitarsi alla proprietaria alcuna omissione colposa stante l'inesigibilità di un'eventuale diffida nei confronti del conduttore a desistere dai suoi comportamenti pregiudizievoli verso terzi e/o di un obbligo di risoluzione anticipata del contratto di locazione.


Né alcun rilievo, ai fini che occupano, può conferirsi all'apertura di un procedimento penale- tra l'altro conclusosi in primo grado con una sentenza di estinzione dei reati per prescrizione- a carico anche della R. R. per reati edilizi in uno degli immobili oggetto dell'attività di ristorazione in quanto l'eventuale concorso della predetta in tali reati- tra l'altro ad oggi non dimostrato - non denota, de plano, anche la consapevolezza del carattere illecito delle immissioni rumorose conseguenti all'attività stessa.


In definitiva, per tutte le ragioni esposte, vanno rigettate le domande in esame nei confronti di R. R..


Passando, poi, all'esame del quantum delle domande nei confronti della convenuta contumace va sottolineato che le attrici, nella qualità documentata comproprietarie e non contestata di conviventi nell'immobile sovrastante quelli dai quali provenivano le immissioni, hanno proposto tali istanze sia con riferimento all'art. 844 c.c., senza che a ciò trovi ostacolo il rilievo che la detta norma è strutturata per la difesa del diritto di proprietà e non anche del diritto alla salute, che con riferimento agli artt. 2043 e 2051 c.c.


Di recente ( cfr. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11930 del 13/04/2022 ) i Supremi Giudici hanno affermato che: " L'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita".


In altre decisioni ( cfr. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21649 del 28/07/2021) hanno chiarito che:" Pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale".


Le attrici hanno chiesto la liquidazione sia dei danni patrimoniali, quantificati nella somma di euro 24.793,45 oltre ai costi ed alle spese successive documentate in corso di causa, che dei danni non patrimoniale in misura non quantificata.


Quanto alle prime voci di danno va sottolineato che, in base al combinato disposto di cui agli artt. 1223,2043 e 2056 c.c. il danno patrimoniale risarcibile è solo quello che costituisce conseguenza immediata e diretta del fatto illecito altrui e di esso fa parte tanto il danno emergente, consistente nella diminuzione patrimoniale cagionata al danneggiato, quanto il lucro cessante cioè il mancato guadagno.


Secondo la prospettazione difensiva delle attrici voci di danno emergente costituenti diretta conseguenza dell'invivibilità del loro appartamento per effetto delle immissioni intollerabili sarebbero rappresentate: 1) dagli esborsi per BeB pari ad euro 890,00 nel periodo dal 19.07.2017 al 22.09.2017 2) dalla somma di euro 10.545,00 corrispondente al totale dei canoni mensile di euro 600,00 per la locazione ad uso transitorio di un altro immobile per la durata di 18 mesi dal 4.10.2017 oltre ad euro 53,40 per commissioni bancarie per i pagamenti a mezzo bonifico, ad euro 1.030,40 per oneri condominiali, ad euro 824,00 per le utenze dell'immobile locato ad euro 3.141,65 per l'immobile di via C.; 3) dalla somma di euro 383,00 per l'utilizzo di taxi dal 9.2.2018 all'8.03.2019 per recarsi presso gli uffici pubblici per far valere le proprie ragioni; 4) dalle spese per l'assistenza legale nell'ATP ammontanti ad euro 2.300,00 versati all'avv. Lamberti nonché ad euro 1.830,00 per il CTP nel medesimo giudizio ed a euro 634,00 per il tecnico fonometrico oltre ad euro 500,00 per il CTU; 5) euro 1.330,00 per danni accertati con l'ATP.


Ebbene in relazione alle voci di spese sub 1), 2) e 3) non è stata fornita alcuna prova del trasferimento, prima saltuario e poi continuativo delle attrici, inizialmente presso dei BeB e successivamente presso altro immobile in ragione della prospettata invivibilità dell'immobile e quindi del carattere necessitato delle spese in questione; circostanza tra l'altro indirettamente smentita dal fatto che, per un verso, le fatture prodotte, relative ai BeB, riguardano giorni diversi, non successivi tra di loro e, di volta in volta, sono rilasciate all'una o all'altra attrice e, per un altro, dalla locazione di un altro immobile con contratto non registrato e, quindi privo di data certa, e, comunque solo da una delle tre attrici. Inoltre va rimarcato che, comunque, la durata del contratto di locazione investe un periodo (10.10. 2017- 9.4.2019) in cui risulta documentata, dalle annotazioni di servizio prodotte, la presenza di C. A. nell'appartamento di Viale M. in orario notturno e, quindi, incompatibile con la permanenza presso altro immobile della stessa insieme alle altre attrici (cfr. doc. 23 annotazione del 17.2.2018 e del 9.11.2018). Parimenti risulta del tutto carente di prova l'asserita necessità di utilizzo di taxi per spostamenti imposti dalle immissioni intollerabili. Quanto alle voci di spesa sub 4) di esse potrà eventualmente tenersi conto esclusivamente nella regolamentazione delle spese processuali attenendo al procedimento per ATP intercorso tra le parti. In ordine alla voce di spesa sub 5) va rilevato che, non potendosi utilizzare l'elaborato peritale prodotto, non risulta fornita alcuna prova della stessa.


Pertanto va rigettata la domanda sub 3).


Quanto alla domanda sub 4) ritiene la scrivente che la stessa sia stata provata, per quanto di ragione, solo da G. M.R. nei confronti della società convenuta e che, pertanto, dalle attrici nei confronti di R. R..


Ed invero, secondo le deduzioni di parte attrice, per effetto delle immissioni intollerabili, C. V. e C. A. avrebbero perso il sonno e la tranquillità mentre G. M.R., di età avanzata e già affetta da svariate patologie, sarebbe stata sottoposta ad uno stress rilevante con peggioramento di tutte le sue patologie, anche per la mancanza di sonno.


In ordine all'entità delle lesioni e alle voci di danno risarcibili, deve osservarsi quanto segue. Questo giudice condivide l'orientamento giurisprudenziale, richiamato e fatto proprio anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 233/2003 e modificato solo in parte dalla Suprema Corte nella sentenza n. 26972 dell'11/11/2008, in base al quale quest'ultima ha rilevato che il danno non patrimoniale, di cui all'art. 2059 c.c., non si identifica più con il danno morale soggettivo, bensì si colloca nel quadro di un sistema ormai bipolare del danno patrimoniale e non patrimoniale, che porta a ricomprendere nella previsione della citata norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona, e dunque: 1) il danno morale, inteso quale turbamento dello stato d'animo e dolore intimo della vittima; 2) il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psicofisica della persona, conseguente anche ad un accertamento medico comprensivo del danno estetico, alla sessualità, alla vita di relazione; 3) il danno esistenziale, derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti la persona, e cioè il danno derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita che costringono il danneggiato alla forzosa rinuncia allo svolgimento di attività fonte di gratificazione.


Ciò chiarito ne deriva che il danno non patrimoniale deve essere riconosciuto solo se sussistono tutti gli elementi suindicati poiché trattasi, non più, di un danno-evento bensì di un cd. danno-conseguenza (cfr. in tema sent. Cass. civ. n. 7281/2003; sent. Cass. civ. n. 7282/2003; sent. Cass. civ. n. 7283/2003; sent. Cass. civ. n. 8827/2003).


Tanto premesso va evidenziato che dalla CTU, espletata all'esito di una visita clinica delle attrici e dell'attenta disamina della documentazione medica prodotta ( relativa ad un periodo compreso tra il 28.04.2016 e l'11.03.2019) , è emerso che G. M.R. è affetta da : 1) ipertensione arteriosa con cardiopatia secondaria ed aritmia; 2) una sindrome ansioso-depressiva reattiva con disturbo post-traumatico da stress; 3) una lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale più accentuata nelle frequenze gravi a destra con acufeni ed un quadro di menieriforme da idrope labirintica; 4) broncopatia cronica ostruttiva; 5) tiroidite di Hashimoto; 6) artrite psoriasica anamnestica.


Il CTU, dopo aver premesso che il trauma nocicettivo cronico nella G. M.R., affetta da una condizione di ipertensione arteriosa, ha individuato una condizione di interazione concorrente ed aggravante tale patologia caratterizzata dall'insorgenza di una cardiopatia ipertensiva ed aritmia con necessità di frequenti controlli clinici cardiologici ambulatoriali, sicuramente non necessari in assenza di sollecitazione rappresentata dalla prolungata esposizione agli stimoli descritti. Sempre ad giudizio del CTU rispetto alla lieve ipoacusia bilaterale, solo gli acufeni posso considerarsi quale unica possibile conseguenza dell'esposizione prolungata alle immissioni acustiche, visto che il termine acufene ( che indica il disordine per il quale i rumori vengono percepiti in assenza di un corrispondente stimolo acustico esterno) è solitamente registrato alle frequenze uguali o superiori a 3000 Hz con intensità compresa tra 3 e 5 dB.


In definitiva il dott. Me. ha affermato che la G. M.R. è affetta da " ipertensione arteriosa con cardiopatia secondaria ed aritmia, sindrome ansioso-depressiva endoreattiva con disturbo post- traumatico da stressa, allegata somatizzazione ed insonnia, acufeni prevalenti all'orecchio dx" ed ha messo in relazione dette anomalie con il trauma subito a causa della prolungata esposizione alle immissioni acustiche e tale condizione ha provocato una menomazione all'integrità psico-fisica del soggetto di tipo permanente. Inoltre il CTU ha ritenuto che, per la prolungata esposizione alle immissioni nell'arco di 5 anni, il danno subìto non ha potuto dare luogo ad una valutazione di periodi di invalidità temporanea. Ha, dunque, quantificato nell'8% l'incidenza di tali postumi permanenti sull'integrità psico-fisica della donna.


Per quanto riguarda le valutazioni medico-legali di C. A. e di C. V., il CTU, dopo aver dato atto dell'assenza di documentazione di problematiche di tipo neurologico, cardiovascolare, disturbi dell'udito, vertigini o patologie di tipo ORL, pneumologico o di altro tipo che possano essere messe in correlazione con le prospettate immissioni acustiche, ha riscontrato nelle due pazienti solo uno stato d'ansia e di irritabilità riflessa in rapporto alle problematiche vissute dalla madre, ben comprensibili sul piano umano, ma non supportate né da documentazione strumentale, né clinica, né dall'anamnesi di una patologia sistemica o d'organo, né dall'assunzione di farmaci, che possano giustificare dal punto di vista medico-legale il loro riconoscimento sotto forma di un danno autonomo primitivo.


Pertanto il dott. Me. non ha riconosciuto alle stesse né un periodo di invalidità temporanea né tanto meno l'esistenza dei danni permanenti.


Orbene ritiene la scrivente di poter condividere e, dunque, fare proprie, nei termini di seguito esposti, le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU.


Ed invero non sfugge alla scrivente che le considerazioni medico-legali espresse dal dott. Me. sono state oggetto di rilievi dei CTP della controparte costituita dal momento che gli stessi, dopo aver sottolineato il possibile nesso di causalità tra le patologie ipertensive riscontrate al pari della sindrome ansiosa-depressiva e la tiroidite da Hashimoto da cui è affetta la G. M.R., hanno anche stigmatizzato l'assenza di cause acclarate in letteratura degli acufeni.


Pertanto i CTP, considerando nella valutazione di un presunto danno biologico conseguente ad una esposizione notturna certificata quale lieve, e solo su 3 di 24 campioni, la presenza di complicanza aritmica dell'ipertensione arteriosa quale espressione di tale elemento nocicettivo, hanno sottolineato che il CTU non ha valutato che nell'evoluzione di tale patologia, peraltro definita essenziale proprio per la mancanza di un evidente fattore etiologico, il ruolo più importante è assunto dall'invecchiamento. Quindi, a giudizio dei CTP, il maggior danno, subito dalla signora G. M.R. in conseguenza dell'esposizione all'immissioni acustiche per come certificate, laddove lo si volesse considerare, al più potrebbe essere un modesto disagio psicologico che dalle tabelle SIMLA Orientamento alla Valutazione, rispetto alla normale evoluzione di una patologia ipertensiva in soggetto con tiroidite di Hashimoto, che nulla ha da essere relazionata con il disturbo acustico, nella più benevola delle ipotesi, possa essere valutato al massimo entro 1-2 punti di DB, dovendosi ritenere, pertanto, la valutazione effettuata dal CTU del tutto ridondante.


Il consulente di ufficio ha confutato le osservazioni dei CTP dal momento che, secondo l'ausiliario del giudice, le sue considerazioni medico-legali, rapportate ad una possibile condizione di menomazione prolungata (quale quella in esame) che venga a cadere su uno stato anteriore già compromesso e che quindi possa essere coesistente o concorrente rispetto alla stessa preesistenza, la valutazione di maggior danno, o cosiddetto danno differenziale, fra le patologie croniche degenerative e la loro evoluzione correlata all'età della periziata e considerando naturalmente l'esposizione prolungata alle immissioni acustiche descritte, deve necessariamente portare al riconoscimento "solo" di una differenza di danno risarcibile." La quantificazione del suddetto danno differenziale, per quanto riguarda la patologia ipertensiva, è stata dapprima rapportata sia alla patologia tiroiditica di Hashimoto (ed alla condizione di artrite psoriasica), preesistenti dal punto di vista anamnestico, e già quindi menzionate nell'ambito delle considerazioni medico-legali, sia al progressivo invecchiamento della Sig.ra G. M.R., su cui si è innestata poi nel corso degli anni la complicanza aritmica sulla quale ha agito anche l'esposizione prolungata alle emissioni acustiche, che quindi non sono state considerate le uniche possibili cause di complicanza della patologia ipertensiva, bensì hanno concorso quale danno aggiuntivo su una condizione preesistente (Tiroidite di Hashimoto ed invecchiamento), benché, per quanto attiene alla malattia ipertensiva con cardiopatia secondaria e alla condizione aritmica, siano ben descritte in letteratura come le suddette patologie e condizioni possono essere sicuramente ascritte in maniera "autonoma" all'esposizione prolungata a stimoli rumorosi molesti.


Nel caso in esame, sempre secondo il dott. Me., gli acufeni sono da considerarsi come unica possibile conseguenza dell'esposizione prolungata alle immissioni acustiche, visto che il termine acufene (che indica il disordine per il quale i rumori vengono percepiti in assenza di un corrispondente stimolo acustico esterno) è solitamente registrato alle frequenze uguali o superiori a 3000 Hz con un'intensità compresa tra 3-5 dB. Le vertigini sono invece attendibilmente da considerarsi conseguenza dell'idrope labirintica e della sindrome menieriforme diagnosticata all'ultimo controllo ORL.


Ebbene, considerato che nella sua relazione il CTU, sul punto non contrastato dai CTP, ha argomentato sull'incidenza dell'esposizione prolungata ( e precisamente per cinque anni ) ad immissioni acustiche sulle patologie pregresse della perizianda, senza tuttavia quantificare l'esatta incidenza di tale esposizione sull'aggravamento delle stesse, ritiene la scrivente di poter condividere e fare proprie tali valutazioni in un range compreso tra il 2 % (come quantificato dai CTP) ed il 7-8% ( come determinato dal CTU) in considerazione dell'accertata minore esposizione temporale a dette immissione ( per un periodo di circa due anni e sei mesi ).


In definitiva deve ritenersi accertato, in capo solo alla G. M.R., un danno biologico nella misura del 4 % quale conseguenza delle immissioni intollerabili.


Circa la quantificazione del danno non patrimoniale, secondo il più recente orientamento della Suprema Corte ( cfr. tra le altre: Cass.Sez. III n. 11754 del 15.05.2018), in difetto di diverse previsioni normative e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all'esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente, tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di "danno morale" la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all'anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione. Tuttavia il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in un differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari.


Nel caso di specie deve essere liquidato il solo danno biologico tenuto conto della esiguità delle lesioni subite, della mancata prova di ogni altro tipo di danno anche morale, neppure presumibile, e tenuto anche conto del fatto che il CTU, nella relazione medico – legale depositata in atti, con riferimento ai postumi invalidanti ha chiarito che: "le lesioni subite dalla periziata incidono sulla sua attività lavorativa specifica in misura media n ma non rendono usurante tale attività".


Pertanto, si ritiene equo liquidare, all'attualità, ivi compreso il danno emergente, tenuto conto delle lesioni subite, dell'età dell'attrice (di anni 69 all'epoca dell'inizio delle immissioni) e sulla base delle Tabelle di Milano, parametro nazionale per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona (cfr. Cass n. 4447/2014), la somma di 2.985,11. In ordine alla richiesta di rivalutazione della somma riconosciuta all'attrice e di corresponsione degli interessi si osserva, quanto alla prima, che il danno è stato liquidato all'attualità.


Quanto, invece, agli interessi si rileva che "il danno subito per la mancata corresponsione dell'equivalente pecuniario del bene danneggiato può essere liquidato in via equitativa, attraverso il ricorso agli interessi, non necessariamente determinati in misura corrispondente al saggio legale, da calcolarsi sulla somma corrispondente al valore del bene al momento dell'illecito via via rivalutata". In pratica, "qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata "per equivalente", con riferimento, cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso; in siffatta ultima ipotesi, gli interessi non possono essere calcolati (dalla data dell'illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio (così, per prima, Cass. Sez. Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712)".


Questo giudice ritiene equo, ai sensi del secondo comma dell'art. 2056 c.c., adottare, come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento delle somme dovute (cd. lucro cessante), quello degli interessi al tasso annuo, valutato in via equitativa, nella misura dell'1% tenuto conto del minimo mutamento del potere di acquisto della moneta nell'intervallo di tempo fra gli illeciti, verificatisi dal mese di mese di marzo 2016 sino a febbraio 2018 ed il risarcimento (6 anni dai primi), e dell'andamento medio dei tassi di impiego del denaro correnti nel periodo considerato.


Pertanto, gli interessi nella misura sopra indicata devono calcolarsi dal momento del verificarsi del danno sull'importo, come sopra liquidato, svalutato ad € 2.689,29 all'epoca delle prime immissioni intollerabili e, quindi, su quest'ultima somma come progressivamente rivalutata, di anno in anno, ogni successivo mese di aprile, secondo la variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati accertata dall'I.S.T.A.T., fino alla data della presente decisione.


Sull'importo finale, come sopra riconosciuto, di € 2.985,11 (che si converte in debito di valuta), maggiorata degli interessi compensativi maturati sino a tale data, saranno dovuti i normali interessi legali ex art. 1282 c.c.


Nei rapporti tra G. M.R. e la società convenuta contumace, tenuto conto dal parziale accoglimento di una delle due domande sub 1) e sub 4) e della soccombenza della prima in relazione alle restanti domande, va dichiarata la non ripetibilità delle spese di lite fino alla concorrenza di 1/3. Per il residuo le spese seguono la soccombenza e, in assenza di nota di parte, si liquidano d'ufficio- in favore delle attrici - come da dispositivo, sulla base dei valori massimi di cui al D.M. 55/2014 in ragione della complessità della lite ( scaglione di riferimento compreso tra € 1.101,00 ed euro 5.200,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale.


Nei rapporti tra le restanti due attrici e la società convenuta, per l'esito della lite, stante la contumacia della convenuta, va dichiarata la non ripetibilità delle spese di giudizio.


Nei rapporti tra le attrici e R. R. le spese seguono la soccombenza e, in assenza di nota di parte, si liquidano d'ufficio- in favore della convenuta - come da dispositivo, sulla base dei valori massimi di cui al D.M. 55/2014, scaglione di riferimento compreso tra € 1.101,00 ed euro 5.200,00 ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale.


In ragione del complessivo esito della lite le spese sostenute dalle attrici per l'espletamento della CTU vanno definitivamente poste a carico delle predette.


PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli- in funzione di Giudice Unico- dott.ssa Roberta Di Clemente - definitivamente pronunciando sulla controversia come innanzi proposta così provvede:


Accoglie, per quanto di ragione, una delle domande sub 1) e quella sub 4) proposte da G. M.R. solo nei confronti della società La N SF s.r.l. e per l'effetto, condanna detta società, in persona del legale rappresentante p.t. a pagare, in favore di G. M.R. la complessiva somma di € 2.985,11 oltre interessi compensativi, al tasso annuo dell'1% dal mese di marzo 2016 sull'importo svalutato a detta epoca e cioè su € 2.689,29 e, inoltre, su tale somma progressivamente rivalutata, di anno in anno, ogni successivo mese di aprile, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dal sinistro fino alla pubblicazione della presente sentenza ed oltre interessi legali sulla somma finale così liquidata di € 2.985,11 maggiorata degli interessi compensativi maturati sino a tale data, dalla data di pubblicazione sino al soddisfo;


A. e da C. V. nei confronti solo della società La N SF s.r.l.


rigetta l'ulteriore domanda sub 1) e le domande sub 2) e sub 3);


rigetta la domanda sub 4) proposte da G. M.R. nei confronti di R. R.;


rigetta la domanda sub 4) proposta da C. A.M. e da C. V. nei confronti delle convenute:


dichiara la non ripetibilità delle spese di lite sostenute da G. M.R. fino alla concorrenza di 1/3;


condanna, per il residuo, la società La N SF s.r.l alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore di G. M.R. e con attribuzione all'avv. G. E. qualificatosi antistatario; spese liquidate in complessivi € 3.024,00 oltre ad euro 122,00 per la quota di spese vive ed oltre al 15% per rimborso forfettario per spese generali ed IVA e CPA come per legge;


condanna le attrici alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore di R. R.; spese liquidate in complessivi € 4.536,00 oltre al 15% per rimborso forfettario per spese generali ed IVA e CPA come per legge;


dichiara non ripetibili le spese di lite nei rapporti tra C. A.M. e C. V. e la convenuta contumace;


pone definitivamente a carico delle attrici le spese per l'espletamento della CTU già liquidate nel corso del giudizio.


Così deciso in Napoli il 14.06.2022.


IL GIUDICE

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