Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
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Giurisprudenza sull'art. 246 c.p.c.
Cass., massima sentenza n. 23054 del 30.10.2009
La nullità di una testimonianza resa da persona incapace ai sensi dell'art. 246 c.p.c., essendo posta a tutela dell'interesse delle parti, è configurabile come una nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c.; qualora detta eccezione venga respinta, la parte interessata ha l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.
Cass., massima sentenza n. 387 del 17.01.1987
In una controversia di lavoro tra datore di lavoro ed un suo dipendente possono essere sentiti come testimoni altri dipendenti, i quali abbiano instaurato a loro volta altri separati analoghi giudizi nei confronti del comune datore di lavoro, atteso che costoro, in relazione alla controversia suddetta, hanno un interesse di mero fatto, del quale il giudice può tener conto nel valutare la loro attendibilità, ma non hanno un interesse giuridicamente rilevante che comporti la loro legittimazione principale a proporre l'azione ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in giudizio, interesse quest'ultimo che è l'unico che comporta l'incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c.
Cass., massima sentenza n. 9786 del 09.10.1997
Se oggetto di una controversia è la violazione della disciplina delle distanze di una costruzione dal confine, il coniuge del convenuto, in regime di comunione legale dei beni con questi, non è incapace di testimoniare (art. 246 c.p.c.), perché l'incremento eventuale del patrimonio comune non è strettamente connesso e dipendente dall'oggetto della lite, e perciò l'interesse del coniuge escusso è di mero fatto, influente sulla valutazione della sua attendibilità, ma inidoneo a legittimare la sua partecipazione al giudizio.
Cass., massima sentenza n. 988 del 21.01.2010
Nel caso di regime di comunione di beni fra i coniugi, qualora sia promossa una controversia da parte di uno di essi per l'attribuzione di un bene destinato ad incrementare il patrimonio comune, l'altro coniuge, pur non avendo la qualità di litisconsorte necessario, si trova in una condizione di incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., stante la sua facoltà di intervenire nel processo.
Cass., massima sentenza n. 7763 del 30.03.2010
La capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull'attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l'una, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., dipende dalla presenza in un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.
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