I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.
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Giurisprudenza sull'art. 178 c.c.
Cass., massima sent. n. 5424 del 05.03.2010
La disciplina della comunione legale tra coniugi è animata dall'intento di tutelare la famiglia attraverso una specifica protezione della posizione dei coniugi che si manifesta, a norma dell'art. 177, primo comma, lettera a), c.c., nel regime dell'attribuzione comune degli acquisti compiuti durante il matrimonio. Tale finalità di protezione è del tutto assente nell'ipotesi in cui i beni acquistati - astrattamente riconducibili al regime della comunione legale - abbiano una provenienza illecita; pertanto, ove il giudice penale abbia sottoposto a confisca, ai sensi dell'art. 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, beni di persona sottoposta a procedimento di prevenzione per sospetta appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, il coniuge non può invocare la disciplina della comunione legale per sottrarre determinati beni alla predetta misura, salvo che dimostri di aver contribuito all'acquisto con proprie disponibilità frutto di attività lecite.
Cass., massima sent. n. 9513 del 11.09.1991
La comunione legale fra coniugi, di cui all'art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà della "res" o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali rispetto all'acquisizione di una "res", non sono suscettibili di cadere in comunione. Ne consegue che, nel caso di un contratto preliminare di vendita, stipulato da uno solo dei coniugi, l'altro coniuge non è legittimato - sostituendosi al primo - a proporre la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c.
Cass., massima sent. n. 351 del 23.01.1990
La presunzione muciana, posta dall'art. 70 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 con riguardo ai beni acquistati a titolo oneroso dal coniuge del fallito, non trova applicazione ove si tratti di beni da includere nel regime della comunione legale fra i coniugi, secondo le previsioni degli artt. 177-179 c.c. (nuovo testo), in considerazione dell'incompatibilità di quella presunzione con tale regime, e, in particolare, con la sottrazione dei beni in comunione all'espressione dei creditori del singolo coniuge oltre i limiti della sua quota (salva restando la possibilità del curatore di contestare l'efficacia degli atti di attribuzione dei beni medesimi alla comunione, anche in relazione alle previsioni degli artt. 64 e 66 della citata legge fallimentare).
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