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Art. 158 c.p.c. - Nullità derivante dalla costituzione del giudice



La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice o all'intervento del pubblico ministero  è insanabile e deve essere rilevata d'ufficio, salva la disposizione dell'articolo 161.
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Giurisprudenza sull'art. 158 c.p.c.

Cass., massima sent. n.18355 del 06.08.2010
In tema di esecuzione forzata, l'autorizzazione all'esecuzione immediata può essere data, ai sensi dell'art. 482 c.p.c., anche da un giudice delegato soltanto oralmente dal presidente del tribunale competente per l'esecuzione, non incidendo il mancato rilascio per iscritto di detta delega sulla capacità o sulla costituzione del giudice, trattandosi di provvedimento che attiene all'organizzazione interna dell'ufficio giudiziario.

Cass., massima sent. n.10477 del 23.04.2008
L'avviso di accertamento tributario costituisce atto amministrativo, esplicativo della potestà impositiva degli uffici finanziari, e non atto processuale, nè funzionale al processo, poichè non ad esso, ma alla presentazione del ricorso alla Commissione Tributaria, si correla l'instaurazione del procedimento giurisdizionale. Ne discende che alla notificazione dell'avviso di accertamento non sono applicabili i principi processuali attinenti al rilievo d'ufficio delle nullità.

Cass., massima sent. n.21287 del 10.10.2007
La pretesa incompatibilità di uno dei giudici che hanno composto il collegio può esser fatta valere soltanto con la ricusazione nelle forme e nei termini di cui all'art. 52 cod. proc. civ. e non dà luogo al vizio di costituzione ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio. 

Cass., massima sent. n.236 del 11.01.2010
La nullità derivante da vizio di costituzione del giudice, ancorché assoluta e rilevabile d'ufficio, non si sottrae, ai sensi dell'art. 158 c.p.c. (che fa espressamente salva la disposizione del successivo art. 161 c.p.c.), al principio di conversione delle cause di nullità in motivi d'impugnazione, con la conseguenza che la mancata, tempestiva denuncia del vizio "de quo" comporta la necessità di farlo valere attraverso lo strumento (e secondo le regole, i limiti e le preclusioni) dell'impugnazione, così che la mancata denuncia di detta multa in sede di gravame comporta l'impossibilità di rilevarla e, in definitiva, la sua sanatoria. Ne consegue che la corte d'appello, ove rilevi un simile vizio in relazione alla sentenza di primo grado, è tenuta a decidere la causa come giudice di secondo grado, ossia partendo dalla sentenza già emessa e dando risposta alle argomentazioni sviluppate nei motivi di appello.