I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.
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Giurisprudenza sull'art. 157 c.c.
Cass., massima sent. n. sent. n. 3744 del 15.03.2001
Perché si abbia riconciliazione, con conseguente cessazione degli effetti della separazione, occorre il ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale dei coniugi cessata appunto con la separazione. Il relativo accertamento, implicando un'indagine di fatto, è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito e non è, quindi, censurabile in Cassazione in mancanza di vizi logici o giuridici.
Cass., massima sent. n. 6031 del 17.06.1998
La dichiarazione di divorzio non consegue automaticamente alla constatazione della presenza di una delle cause previste dall'art. 3 della legge n. 898 del 1970, ma presuppone, in ogni caso, attesi i riflessi pubblicistici riconosciuti dall'ordinamento all'istituto familiare, l'accertamento, da parte del giudice, della esistenza (della condizione essenziale) della concreta impossibilità di mantenere o ricostituire il consorzio familiare per effetto della definitività della rottura dell'unione spirituale e materiale tra i coniugi (accertamento di ampiezza ed approfondimento diversi, secondo le circostanze emergenti dagli atti e le deduzioni svolte in concerto dalle parti). L'asserito venir meno dello stato di separazione, opposto da uno dei coniugi in presenza di una richiesta di divorzio avanzata dall'altro coniuge, ha, pertanto, come suo indefettibile presupposto, l'avvenuta riconciliazione (ossia la ricostituzione del nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali), e va accertato attribuendo rilievo preminente alla concretezza degli atti, dei gesti e dei comportamenti posti in essere dai coniugi - valutati nella loro effettiva capacità dimostrativa della disponibilità alla ricostruzione del rapporto matrimoniale - piuttosto che con riferimento al mero elemento psicologico, tanto più difficile da provare in quanto appartenente alla sfera intima dei sentimenti e della spiritualità soggettiva.
Cass., massima sent. n. 2948 del 29.04.1983
Il principio, secondo il quale, a seguito dell'accoglimento del ricorso per Cassazione per violazione di legge, il giudice di rinvio, nell'applicare il criterio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, deve attenersi agli accertamenti già compiuti dal giudice che ha emesso la sentenza cassata, trova deroga per le nuove questioni di fatto il cui esame si renda necessario in dipendenza dell'impostazione giuridica della causa contenuta nella sentenza di Cassazione.