Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.
______________
Giurisprudenza sull'art. 155 c.c.
Cass., massima sent. n. 9719 del 23.04.2010
In tema di separazione fra i coniugi, la valutazione in ordine
alle capacità economiche del coniuge obbligato ai fini del
riconoscimento e della determinazione dell'assegno di mantenimento a
favore dell'altro coniuge non può che essere operata sul reddito netto e
non già su quello lordo, poiché in costanza di matrimonio, la famiglia
fa affidamento sul reddito netto ed ad esso rapporta ogni possibilità di
spesa.
Cass., massima sent. n. 4203 del 24.02.2006
Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il
precetto di cui all'art. 147 c.c., impone ai genitori, anche in caso di
separazione, di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli,
certamente non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente
estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, alla
assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando la
loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, adeguata a
rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, sempre che su tale
obbligo incida la eventuale prestazione di assistenza di tipo coniugale da
parte del convivente "more uxorio" del coniuge affidatario, la quale può
assumere rilievo solo per escluderne oppure ridurne lo stato di bisogno, e,
quindi, al fine di valutare la esistenza e la consistenza del diritto
all'assegno di mantenimento. Ne consegue che la circostanza che il coniuge
affidatario utilizzi quale abitazione un appartamento condotto in locazione dal
proprio convivente non assume rilievo al fine di ridurre la portata
dell'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore posto a carico
del coniuge non affidatario, il quale non può giovarsi di eventuali condizioni
di favore esistenti fra il coniuge affidatario ed il convivente (o terzi),
tenuto anche conto della precarietà di tale eventuale rapporto favorevole,
privo, com'è, di tutela giuridica.
Cass., massima sent. n. 566 del 17.01.2001
In tema di separazione personale dei coniugi, deve ritenersi che, in
mancanza di diverse disposizioni, il contributo al mantenimento dei
figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del
genitore affidatario, non costituisca il mero rimborso delle spese
sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la
rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni
altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze
della prole rapportate all'anno; ne consegue che il genitore non
affidatario non può ritenersi sollevato dall'obbligo di corresponsione
dell'assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di
visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda
pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento.