Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi:
1) l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
2) l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile;
3) la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
4) la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile;
5) lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'articolo 233, se la gravidanza è stata portata a termine.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore.
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Giurisprudenza sull'art. 122 c.c.
Cass., massima sent. n. 4876 del 07.03.2006
Secondo la sentenza in commento, il coniuge che impugna il matrimonio per errore, ai sensi del predetto art. 122 c.c., è tenuto a dimostrare l'esistenza di una malattia fisica o psichica dell'altro coniuge e la mancata conoscenza della stessa prima della celebrazione del matrimonio, oltre alla influenza di detta mancata conoscenza sul proprio consenso. E' rimesso, invece, al giudice di merito l'apprezzamento della rilevanza della infermità ai fini dell'ordinario svolgimento della vita familiare, in relazione alle normali aspettative del coniuge in errore, da valutare avendo riguardo alle condizioni, alla personalità, alla posizione sociale del richiedente nonché ad ogni altra circostanza obiettiva emergente dagli atti, senza che possa, invece, attribuirsi rilievo ai semplici timori e reazioni dello stesso o ad altri aspetti personali (nel caso di specie è stata confermata la decisione della Corte di merito che aveva respinto la impugnazione della sentenza di primo grado di rigetto della domanda di annullamento del matrimonio, rilevando, sulla base di accertamenti medico-legali, che la moglie del richiedente l'annullamento del matrimonio, pur se affetta da thalasso-dreapanocitosi, era in grado di condurre una normale vita di relazione e di assolvere i doveri derivanti dal matrimonio, con particolare riguardo alla possibilità di intrattenere rapporti sessuali con il marito e di portare a termine una gravidanza, che tale condizione poteva essere facilmente preservata mediante periodici controlli ed opportuni accorgimenti tecnici, e che inoltre il timore prospettato dal marito che la donna potesse avere necessità continua di terapie particolari era smentita dalla effettiva consistenza della malattia, ed osservando, a conferma di tali conclusioni, che l'appellante non aveva evidenziato anomalie nella sua vita coniugale).
Cass., massima sent. n. 13428 del 13.09.2002
Il principio stabilito dall'art. 122 c.c. - secondo il quale l'azione di impugnazione del matrimonio non può essere proposta se vi sia stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate le violenze o le cause che abbiano determinato il timore - pur avendo carattere imperativo, non configura l'espressione di principi e regole fondamentali con cui la Costituzione e la legge ordinaria delineano l'istituto del matrimonio, con la conseguenza che non può ritenersi in contrasto con l'ordine pubblico italiano la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio stesso, emanata nonostante la relativa domanda sia stata introdotta in epoca successiva alla scadenza del termine suddetto.