La determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge in misura superiore a quella prevista in sede di separazione personale, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo, presupponendo, l'assegno di separazione la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; al contrario tale parametro non rileva in sede di fissazione dell'assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniuge.
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Cassazione civile sez. I, 28/03/2023, (ud. 20/02/2023, dep. 28/03/2023), n.8747
Massime
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Intestazione
Fatto
RILEVATO CHE
1. - Con sentenza del 30 giugno 2016, in causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio dei coniugi P.A. e R.M., il Tribunale di Roma ha, per quanto ancora rileva, posto a carico del R. il pagamento di un assegno divorzile di Euro 450,00 mensili.
2. - Con sentenza del 2 agosto 2018 la Corte d'appello di Roma, adita dal R., ha accolto il suo appello e, ritenendo non dovuto l'assegno divorzile, ha condannato la P. alle conseguenti restituzioni.
3. - Per la cassazione della sentenza quest'ultima ha proposto ricorso per un mezzo.
Il R. ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
La P. ha depositato memoria illustrativa nella quale ha dato atto dell'intervenuto decesso del R..
4. - Questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per consentire alle parti di prendere posizione sul principio affermato da Cass., Sez. Un., 24 giugno 2022, n. 20494.
5. - In prossimità dell'adunanza odierna la P. ha depositato ulteriore memoria illustrativa con la quale ha insistito nell'accoglimento del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO CHE
6. - Con l'unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione della l. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Richiamando i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 11 luglio 2018, n. 18287), parte ricorrente ha, in particolare, affermato che il giudice dell'appello aveva omesso di prendere in considerazione le effettive condizioni reddituali al momento del divorzio, rilevanti sia per l'an che per il quantum dell'assegno divorzile, traendo elementi dagli accordi intercorsi in sede di separazione, senza tenere conto: che l'ex marito conviveva stabilmente con una compagna (che gli aveva dato una figlia), la quale provvedeva fattivamente al suo mantenimento e al menage familiare, lavorando come impiegata ospedaliera e percependo redditi di oltre Euro 30.000,00 annui; che la proprietà immobiliare della ricorrente si trovava in Calabria e non era esclusiva, ma in comunione con gli altri eredi per la quota di un decimo; che la stessa aveva sì acquistato la quota di proprietà del marito della casa coniugale, ma per far questo aveva contratto un mutuo e un finanziamento che aveva ridotto la sua capacità reddituale; che la stessa aveva visto peggiorare anche le proprie condizioni fisiche (p. 17 del ricorso per cassazione). La stessa parte ha poi dedotto che la Corte di appello non aveva fatto buon governo dei principi che regolano la disciplina dell'assegno divorzile, come illustrati nella citata sentenza a Sezioni Unite sopra richiamata, omettendo ogni e qualsiasi riferimento al contributo fornito dalla ex moglie alla formazione del patrimonio comune e a quello del coniuge, anche in relazione alle potenzialità future, tenuto conto che quest'ultima all'inizio della relazione già lavorava, mentre il marito era ancora studente universitario e aveva conseguito la laurea in medicina appena sposato, ricevendo il sostegno economico della moglie durante gli anni di specializzazione e di avviamento della professione, che inoltre si era occupata attivamente dei figli, ancora in tenera età al momento della separazione (p. 18 del ricorso per cassazione).
CONSIDERATO CHE
7. - Il ricorso va respinto.
7.1. - Quanto al rilievo dell'intervenuto decesso del R., va fatta applicazione del principio secondo cui: "In tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso" (Cass., Sez. Un., 24 giugno 2022, n. 20494).
7.2. - Il Collegio condivide le conclusioni originariamente prese dal Procuratore Generale.
La determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge in misura superiore a quella prevista in sede di separazione personale, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo, presupponendo, l'assegno di separazione la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; al contrario tale parametro non rileva in sede di fissazione dell'assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. 26 giugno 2019, n. 17098; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5605).
Nel caso di specie, occorre dunque considerare che, in sede di separazione consensuale, nessun assegno era stato previsto a carico del R. in favore della P., sicché, pur nella diversità dei presupposti, in assenza di apprezzabili peggioramenti della situazione di fatto della beneficiaria, tali da giustificare l'applicazione del criterio assistenziale o di specifiche allegazioni relative al ruolo endofamiliare svolto, tale profilo non poteva essere trascurato in sede di divorzio.
Appare difatti condivisibile il ragionamento svolto dalla Corte territoriale, secondo cui, in mancanza di qualsivoglia richiesta di mantenimento in sede di separazione consensuale, risalente al 2001, e negli 11 anni che separarono questa dalla domanda di divorzio, nel 2012, potesse presumersi l'inesistenza di sopravvenute necessità assistenziali della richiedente, la quale, titolare di pensione, non risulta in situazione tale da non poter godere di un tenore di vita dignitoso, mentre, quanto al profilo compensativo-perequativo, va detto che le affermazioni della ricorrente sul punto non sono confermate da dati probatori dai quali emerga un concreto sacrificio delle aspettative di lavoro, a cagione dei doveri matrimoniali, o un particolare contributo alle affermazioni professionali del defunto R..
8. - Il ricorso è rigettato e le spese del giudizio di legittimità si compensano, tenuto conto della peculiarità della vicenda processuale. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso e compensa le spese, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2023
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