art. 250 cc - Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio.
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Giurisprudenza sull'art. 250 c.c.
Cass., massima sentenza n. 21359 del 09.11.2004
Cass., massima sentenza n. 21359 del 09.11.2004
Nel procedimento di cui all'art. 250 c.c., volto al riconoscimento del figlio naturale, con particolare riguardo alla parte della disposizione relativa al riconoscimento del figlio che non abbia compiuto i sedici anni, la prescrizione riguardante l'audizione del minore che sia già stato riconosciuto da uno dei genitori, è rivolta a soddisfare l'esigenza di accertare se il rifiuto del consenso dell'altro genitore, che per primo abbia proceduto al riconoscimento, risponda (o meno) all'interesse del figlio (e possa pertanto essere supplito). E poiché tale audizione è considerata la prima fonte del convincimento del giudice essa deve essere disposta anche d'ufficio, onde la sua omissione determina un vizio del procedimento; né essa è delegabile al consulente tecnico di ufficio, essendo riservata espressamente al giudice, proprio per la sua stretta funzionalità alla tutela dell'interesse di colui che non è ancora capace di una valutazione personale pienamente attendibile rispetto ad un evento suscettibile di incidere sul suo equilibrio e sulla sua vita di relazione.
Cass., massima sentenza n. 4407 del 09.08.1985
Nel procedimento contemplato dall'art. 250 c.c., quarto comma, per conseguire, al fine del riconoscimento del figlio naturale infrasedicenne, una pronuncia che tenga luogo del mancato consenso del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento stesso, l'accoglimento dell'istanza deve essere giustificata da una completa valutazione nel caso concreto degli interessi materiali e morali del minore (e non quindi dalla mera considerazione dell'opportunità di un ampliamento dei rapporti del minore nei confronti di entrambe le figure genitoriali), e non implica la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, come prevista dall'art. 269 c.c., stante la diversità delle fattispecie contemplate dalle due citate norme, nonché la circostanza che il riconoscimento, anche nel caso dell'indicato intervento del giudice, non si sottrae all'eventuale impugnazione per difetto di veridicità, a norma dell'art. 263 c.c.
Cass., massima sentenza n. 2463 del 15.03.1994
Nell'indagine sulla legittimità o meno del rifiuto, da parte del genitore che per primo abbia riconosciuto il figlio naturale, del consenso al successivo riconoscimento ad opera dell'altro genitore (art. 250 c.c.), occorre fare esclusivo riferimento all'interesse del minore, e, quindi, valutare il complesso dei diritti che a lui derivano da detto ulteriore riconoscimento, considerandosi che esso non incide in sé sul rapporto con l'autore del precedente riconoscimento (art. 317-bis c.c.), né impone a quest'ultimo di riprendere la convivenza con l'altro genitore o di troncare eventuali legami con terzi. Al fine indicato, pertanto, non rilevano valutazioni comparative dei due genitori, né apprezzamenti negativi circa la personalità o la condotta di chi intende effettuare il secondo riconoscimento, se non nei limiti in cui possano evidenziare che l'acquisto di quei diritti sia foriero, per il minore stesso, più di nocumento che di vantaggio.
Cass., massima sentenza n. 4407 del 09.08.1985
Nel procedimento contemplato dall'art. 250 c.c., quarto comma, per conseguire, al fine del riconoscimento del figlio naturale infrasedicenne, una pronuncia che tenga luogo del mancato consenso del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento stesso, l'accoglimento dell'istanza deve essere giustificata da una completa valutazione nel caso concreto degli interessi materiali e morali del minore (e non quindi dalla mera considerazione dell'opportunità di un ampliamento dei rapporti del minore nei confronti di entrambe le figure genitoriali), e non implica la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, come prevista dall'art. 269 c.c., stante la diversità delle fattispecie contemplate dalle due citate norme, nonché la circostanza che il riconoscimento, anche nel caso dell'indicato intervento del giudice, non si sottrae all'eventuale impugnazione per difetto di veridicità, a norma dell'art. 263 c.c.
Cass., massima sentenza n. 2463 del 15.03.1994
Nell'indagine sulla legittimità o meno del rifiuto, da parte del genitore che per primo abbia riconosciuto il figlio naturale, del consenso al successivo riconoscimento ad opera dell'altro genitore (art. 250 c.c.), occorre fare esclusivo riferimento all'interesse del minore, e, quindi, valutare il complesso dei diritti che a lui derivano da detto ulteriore riconoscimento, considerandosi che esso non incide in sé sul rapporto con l'autore del precedente riconoscimento (art. 317-bis c.c.), né impone a quest'ultimo di riprendere la convivenza con l'altro genitore o di troncare eventuali legami con terzi. Al fine indicato, pertanto, non rilevano valutazioni comparative dei due genitori, né apprezzamenti negativi circa la personalità o la condotta di chi intende effettuare il secondo riconoscimento, se non nei limiti in cui possano evidenziare che l'acquisto di quei diritti sia foriero, per il minore stesso, più di nocumento che di vantaggio.
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