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Art. 238 c.p.c. - Prestazione



Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull'importanza religiosa e morale dell'atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare.

Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: «consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro...», e continua ripetendo le parole della formula su cui giura.

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Giurisprudenza sull'art. 238 c.p.c.
Cass., massima sentenza n. 4227 del 07.05.1987
In tema di giuramento, decisorio o suppletorio, non comportano nullità dello stesso l'omissione o la mancata menzione nel verbale di udienza dell'ammonizione rivolta dal giudice alla parte, mentre comportano nullità la mancata verbalizzazione della formula e, in ispecie, l'omessa pronuncia della parola "giuro" che concretizza e riassume la "ratio" dell'efficacia di prova legale attribuita dalla legge al mezzo istruttorio in esame. In tal caso, però, non è a parlarsi di mancata prestazione - che, ai sensi dell'art. 239 c.p.c., si ha soltanto quando la parte sia ingiustificatamente assente all'udienza ovvero si rifiuti di prestare il giuramento o di riferirlo all'avversario, con sua conseguente soccombenza rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento medesimo è stato ammesso -, ma si tratta di un vizio di forma che inficia il mezzo di prova e impone, in base alla regola generale di cui all'art. 162 c.p.c., di rinnovarlo d'ufficio.

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