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Art. 176 c.p. - Liberazione condizionale



Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.

Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.

Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.

La concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.

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Giurisprudenza sull'art. 176 c.p.
Cass. massima sent. n. 2904 del 12.11.1990
L'espressione "pena inflitta", adoperata nell'art. 176 c.p., va intesa nel senso di pena che il condannato deve scontare in concreto, cosicché per calcolare il minimo di essa che lo stesso deve espiare per essere ammesso alla liberazione condizionale, occorre partire non già dalla pena inflitta in sentenza o che risulta da un provvedimento di cumulo, bensì da quella effettivamente eseguibile, tenuto conto delle detrazioni dipendenti da un qualsiasi fatto giuridico che incida sulla durata della stessa. Pertanto, in caso di indulto, la metà della "pena inflitta" va calcolata sulla pena che risulta al netto della detrazione conseguente all'applicazione del beneficio, fermo restando che il condannato - per essere ammesso alla liberazione condizionale - deve avere scontato almeno trenta mesi. La ragione per cui, nel dichiarare l'estinzione della pena per liberazione condizionale, non può essere incluso nel tempo della pena inflitta anche quello già dichiarato estinto per indulto, è che - altrimenti - il periodo di pena condonata verrebbe dichiarato estinto due volte, la prima nel procedimento suo proprio e la seconda in quello per la liberazione condizionale.

Cass. massima sent. n. 1225 del 08.04.1986
La recidiva, sia in quanto costituisce uno "status" personale dell'imputato, sia in quanto rappresenta una circostanza aggravante del reato, può essere presa in considerazione, a tutti gli effetti penali, solo se sia stata dichiarata dal giudice di merito. 

Cass. massima sent. n. 429 del 18.06.1994
L'art. 2, comma primo, della legge 12 luglio 1991 n. 203 dichiarando applicabili anche alla liberazione condizionale le condizioni previste dall'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 opera una sorta di "rinvio recettizio permanente" per il quale ogni modifica apportata alla disposizione richiamata per i benefici in essa contemplati si applica automaticamente in materia di liberazione condizionale. Conseguentemente per effetto della modifica del citato art. 4-bis, operata dall'art. 15 del D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (convertito in legge 7 agosto 1992 n. 356) la liberazione condizionale, al pari dei benefici indicati nella norma modificata può essere concessa, a chi sia stato condannato per taluno dei delitti ivi contemplati, alla sola condizione che risulti prestata attività di collaborazione ai sensi dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975 n. 354. Siffatta limitazione d'altro canto opera anche per l'ipotesi di condanna inflitta prima della vigenza della suddetta normativa non potendosi invocare il principio dell'irretroattività della legge più sfavorevole che riguarda solo le norme incriminatrici, nelle quali non si inseriscono quelle che disciplinano l'esecuzione della pena e le misure a queste alternative. 

Cass. massima sent. n. 40341 del 09.10.2008
Non è consentita la concessione della liberazione anticipata in relazione a periodi trascorsi in liberazione condizionale. 

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