Cass. civ., Sez. V, Sentenza n. 3755 del 09.03.2012
[OMISSIS]
Svolgimento del processo
La controversia promossa da MT s.p.a. contro l'A. Servizi Ambientali s.p.a. è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il parziale accoglimento dell'appello proposto dalla società contro la sentenza della CTP di Lucca n. 50/2/2008 che aveva respinto il ricorso avverso gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) relativi a TIA, per gli anni 2001-2005. Il ricorso principale si articola in tre motivi.
Resiste con controricorso la MT s.p.a. che ha proposto ricorso incidentale fondato su quattro motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, art. 6 e art. 9 regolamento Comune di C. approvato con Delib. C.C. 13 aprile 2004, n. 26, regolamento TIA 2004 e del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, art. 49 commi 3 e 4, nonchè violazione dell'art. 24 del regolamento Comune di C. approvato con Delib. C.C. 13 aprile 2004, n. 26, regolamento TIA 2004 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la A. s.p.a. lamenta che la CTR avrebbe erroneamente, e con motivazione insufficiente, ritenuto corretta la richiesta della MT s.p.a. di attribuzione della categoria 103 (magazzini senza vendita diretta) in luogo di quella 113 (negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta ed altri beni), ravvisando la differenza tra le due categorie nell'essere o meno i locali adibiti alla vendita al dettaglio, mentre la differenza andrebbe individuata nella "esservi o meno vendita diretta". La CTR inoltre avrebbe erroneamente, e con insufficiente motivazione "dichiarato dovuta la riduzione proporzionale della quota variabile della tariffa in proporzione ai rifiuti di cui è stato documentato lo smaltimento in proprio". Con riferimento agli anni 2004- 2005 la CTR avrebbe omesso di rilevare la tardività della richiesta presentata dalla MT, come dedotto dalla A. nella memoria depositata alla CTR; con riferimento agli anni 2001-2003 la CTR non avrebbe considerato l'insussistenza di alcuna riduzione relativamente alla aree adibite a laboratorio, per le quali la tariffa applicata era stata pari a "0".
Infondata è la censura relativa alla categoria tariffaria attribuita all'attività della MT s.r.l.. La CTR ha affermato a riguardo "si ritiene corretta la richiesta dell'appellante di attribuzione della cat. 103 relativa ai magazzini senza vendita diretta, trattandosi di attività di commercio all'ingrosso e non al dettaglLo, piuttosto che la cat. 113 applicata da A. riguardante invece negozi di abbigliamento...da intendersi evidentemente come esercizi commerciali al dettaglio, aperti alla generalità dei consumatori.
L'art. 9 del Regolamento del Comune di C. - calcolo della tariffa per le utenze non domestiche - prevede l'attribuzione della parte fissa con le modalità di cui al D.P.R. n. 158 del 1999, art. 6, comma 1. Le tabelle allegate a tale D.P.R., nonchè quelle del Regolamento Comunale prevedono una classificazione delle utenze non domestiche in relazione alla destinazione d'uso. Nell'ambito di tali categorie al n. 3 risultano inquadrate "le autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta (commercio all'ingrosso)", al n. 13 "negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta ed altri beni durevoli". Il riconoscimento, da parte della CTR, della categ. 103 (alias 3), piuttosto che quella di quella 113 (alias 13 - attribuita dall'A.), in considerazione dell'attività di commercio e vendita all'ingrosso di materiali metallici e ferrosi svolta nel capannone in questione, non risulta violare le norme citate. Sotto tale profilo nel richiamo operato dalla CTR al "commercio all'ingrosso" - criterio appunto enunciato nella tabella, con riferimento ai "magazzini senza alcuna vendita diretta" - non è affatto riscontrabile l'assunto vizio motivazionale.
Inammissibile è la censura circa alla riconosciuta riduzione proporzionale della quota variabile. Quanto agli anni 2004 e 2005 in quanto eccezione proposta tardivamente in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57; quanto agli anni 2001-2003 - relativamente alla aree adibite a laboratorio - per carenza di interesse della ricorrente principale, non potendo la MT vantare alcuna riduzione proporzionale in ordine a locali, per le quali la tariffa applicata era stata pari a "0".
Con secondo motivo (con cui deduce:" Error in iudicando: per violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 6, comma 13 e D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, con riferimento al mancato assoggettamento ad Iva della TIA, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente principale assume che la CTR avrebbe erroneamente escluso che la TIA dovuta dal contribuente non fosse assoggettata ad Iva.
La censura è infondata.
La natura tributaria della T.I.A. è stata affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza della Corte Cost. 238/2009 - e confermata con l'ordinanza n. 64/2010 - secondo cui "fa .... inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entità del prelievo .... porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell'assoggettamento ad IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 4 e caratterizzato dal pagamento di un corrispettivo per la prestazione di servizi". Tale natura, alla stregua di argomenti che il collegio condivide, è stata affermata da questa Corte a SS.UU., con le sentenze 21/6/2010, n. 14903 e 5/12/2011 n. 25929, e dalla I sezione Civile con sentenza 2320 del 17/2/2012.
Nè a diversa conclusione può pervenirsi sulla base del D.L. 78 del 2010, art. 14, comma 33, conv,. in L. n. 122 del 2010 - secondo cui Le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria - in quanto tale ultimo art. 238 disciplina la c.d.
TIA2, destinata a sostituire nel tempo la c.d. TIA1 istituita dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, oggetto della presente causa.
Va, in conclusione, in questa sede riaffermata la natura tributaria della T.I.A. in quanto tassa di scopo, priva di un rapporto sinallagmatico tra la prestazione dalla quale scaturisce l'onere suddetto ed il beneficio che il singolo ne riceve. Sono infatti assoggettati alla T.I.A. tutti coloro che occupano o conducono immobili esistenti nelle zone del territorio comunale. D'altro canto l'imposta sul valore aggiunto si applica sulle prestazioni di servizi "verso corrispettivo" - del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 3 - e tale non possono ritenersi quelle finanziate attraverso la imposizione dei relativi costi sull'area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, beneficio.
Con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 del D.Lgs. 18 dicembre 197, n. 472 art. 6, art. 39 regolamento Comune di C. approvato con Delib. C.C. 13 aprile 2004, n. 26, regolamento TIA; nonchè insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la A. s.p.a. lamenta che la CTR, nel ritenere non dovute le penalità per omessa comunicazione di variazione, avrebbe insufficientemente motivato in ordine alla individuazione degli elementi sulla base dei quali rinvenire la condizione di obiettiva incertezza.
Inammissibile è la censura di violazione di legge in assenza di specifica indicazione della argomentazioni della CTR in contrasto con la normativa indicata. Inammissibile è altresì la censura in ordine alla motivazione facendo la ricorrente riferimento a circostanze "le penalità sono state irrogate per l'infedeltà della denuncia" contraddette dalla sentenza impugnata - laddove si fa riferimento "ad un nuovo accertamento derivato da una revisione d'ufficio, da parte di A., dei criteri applicativi della tariffa rispetto a quelli dalla medesima precedente applicati in analogia ai criteri TARSU"; nè la ricorrente A. ha trascritto il contenuto dell'avviso di accertamento.
Con primo motivo di ricorso incidentale (con cui deduce error in iudicando: insufficiente ed erronea motivazione per giustificare la decisione sulla controversa e decisiva questione della nullità degli avvisi di accertamento per carenza di potere del direttore dell'Ufficio a sottoscriverli in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la MT s.r.l. assume che la CTR, in maniera apodittica e superficiale avrebbe riconosciuto "come implicitamente ricompresi nella delega al direttore generale di A. anche l'emissione di atti di accertamento illegittimamente ritenuti come preliminari all'accertamento".
La censura è inammissibile stante la mancata specificazione del "fatto" controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo; tale non può considerarsi il riferimento all'"implicito potere di emettere avvisi di accertamento " riconosciuto in capo al Direttore della società.
Con secondo motivo di ricorso incidentale (con cui deduce: Error in iudicando - insufficiente motivazione con riferimento alla controversa e decisiva questione della carenza di valido presupposto normativo degli avvisi di accertamento impugnati in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la MT s.r.l. assume che la CTR, nell'affermare il principio delia efficacia ex nunc dei provvedimenti di revoca emanati nel 2005 dal Comune di C., non avrebbe applicato tale principio agli avvisi di accertamento oggetto di impugnazione.
Anche tale censura è inammissibile in quanto estranea all'assunto vizio di motivazione in ordine ad un fatto controverso. La ricorrente invero lamenta la mancata declaratoria di nullità degli avvisi di accertamento in quanto non fondati, a suo dire, sulle delibere consiliari successivamente revocate, censura questa da proporsi, se del caso, sotto il profilo di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 o n. 4.
Con terzo motivo di ricorso incidentale (con cui deduce error in procedendo - omessa valutazione dei motivi di annullamento del regolamento Tia 2005 del Comune di C. proposto al tar Toscana in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) la ricorrente assume che la CTR avrebbe omesso di esaminare compiutamente le prove documentali offerte in produzione dal ricorrente e depositate nel fascicolo di parte ed il testo del ricorso al Tar della Toscana proposto da alcune aziende del territorio tra cui la MT.
La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza. Perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, "in primis", la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 cod. proc. civ., riconducibile alla prospettazione di un'ipotesi di "error in procedendo" per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il potere- dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all'adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio "per relationem" agli atti della fase di merito, dell'onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (Sentenza n. 21226 del 14/10/2010 Sez. 2, Sentenza n. 6361 del 19/03/2007).
Con quarto motivo di ricorso incidentale (con cui deduce Error in iudicando - violazione D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, commi 3 e 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la MT s.r.l. assume che la CTR avrebbe violato tale norma nella parte in cui ha ritenuto imponibili ai fini TIA i laboratori, i magazzini, i depositi e le aree di carico e scarico esterni".
La censura è inammissibile in quanto la questione non risulta proposta in primo grado, ed essendo l'oggetto del processo tributario circoscritto alla pretesa effettivamente avanzata con l'atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed entro i limiti delle contestazioni sollevate dal contribuente.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.