Art. 101 c.p.c. - Principio del contraddittorio
Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione.
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Giurisprudenza sul principio del contraddittorio
Cass., massima sent. n. 6737 del 23.05.2000
È nulla per violazione del principio del contraddittorio la sentenza che sia stata deliberata lo stesso giorno dell'udienza di precisazione delle conclusioni e depositata prima della scadenza dei termini previsti dagli artt. 190 e 352 cod. proc. civ. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Cass., massima sent. n. 3632 del 08.04.1998
Il principio del contraddittorio di cui all'art. 101 cod. proc. civ. si correla sul piano costituzionale sia con la regola dell'uguaglianza affermato dall'art. 3 Cost., sia con il diritto di difesa, che, dichiarato dall'art. 24, secondo comma, Cost. "inviolabile in ogni stato e grado del giudizio", involge gli aspetti tecnici della difesa e garantisce a ciascuno dei destinatari del provvedimento del giudice di poter influire sul contenuto del medesimo; detto principio, quindi, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma deve realizzarsi nella sua piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo.
Cass., massima sent. n. 11149 del 11.11.1993
La mancata comunicazione ad una delle parti - che non sia poi comparsa all'udienza di discussione - del decreto col quale, su istanza dell'altra, sia stata anticipata l'udienza medesima, rispetto alla data originariamente fissata, comporta nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio.
Cass., massima sent. n. 2162 del 26.03.1983
La riassunzione del processo sospeso, che può anche essere compiuta dopo la scadenza del termine perentorio di sei mesi di cui all'art. 297 cod. proc. civ. al solo fine di far dichiarare l'estinzione del processo stesso, pur potendo effettuarsi in forme diverse (comparsa ex art. 125 disp. trans. c.p.c. o citazione) da quella del ricorso prescritta dall'art. 297 citato, richiede sempre, per il principio del contraddittorio sancito in via generale dall'art. 101 cod. proc. civ., che l'atto contenente la volontà della parte interessata di riattivare il procedimento (sia pure al fine suindicato) sia notificato, insieme al decreto di fissazione della nuova udienza e del termine per tale notificazione, all'altra parte (purché non contumace), in mancanza di che, come nel caso della mera comunicazione a quest'ultima, a cura della cancelleria, unicamente di detto decreto, l'atto di riassunzione deve ritenersi inesistente, essendo conseguentemente preclusa al giudice la trattazione della questione dell'estinzione del processo.
Cass., massima sent. n. 4277 del 21.07.1984
Mentre la legittimazione "ad causam", costituendo una condizione dell'azione, intesa come diritto potestativo di ottenere una qualsiasi decisione di merito, è riscontrabile d'ufficio, in ogni stato e grado, alla stregua della prospettazione della domanda, potendosene rilevare il difetto quando questa sia formalmente diretta a far valere un diritto altrui o ad ottenere una pronuncia contro un soggetto estraneo al rapporto dedotto in giudizio, le questioni sull'appartenenza all'attore del diritto controverso e sulla titolarità passiva del rapporto sostanziale dedotto in causa attengono al merito e sono affidate alla disponibilità delle parti, con la conseguenza che sono riesaminabili in grado d'appello solo quando la parte interessata abbia impugnato sul punto la decisione di primo grado.